di Ferdinando Boero – Da “tecnico” che si occupa di scienze marine utilizzando risorse pubbliche (ottenute con bandi competitivi) sono al servizio del “pubblico” e, per me, il Governo è l’istituzione di riferimento.
In decenni di attività, non ho mai trovato sensibilità politica nei confronti del mare da parte di chi, di volta in volta, è stato chiamato a incarichi governativi. C’era il governo Conte 2 quando fu scritta la prima bozza del PNRR e mi stupii, leggendola, che il mare non fosse contemplato. Tanto che, grazie alla senatrice Virginia La Mura, ebbi occasione di esprimere le mie perplessità in Commissione Ambiente, suggerendo misure che furono almeno in parte inserite nella versione finale del PNRR. Chiesi anche l’istituzione di un Ministero del Mare, ma questo consiglio non fu recepito. Il Ministero è stato istituito con il governo Meloni, per armonizzare le attività dei numerosi ministeri che hanno competenze in campo marino e marittimo. A questo scopo il Forum Ambrosetti ha organizzato un convegno a Trieste dove sono stato invitato a tenere una relazione che si può trovare sul sito dedicato all’evento.
Quel che ho detto a un uditorio che comprendeva tanti ministri di destra lo avrei detto anche se nel pubblico ci fossero stati ministri di altra parte politica, visto che ho ricordato cose che tutti dimenticano. Il titolo del mio intervento era preso dal libro di un generale. No, non era Vannacci, era Sun Zu e il libro è L’arte della Guerra: E’ massima responsabilità del generale conoscere rigorosamente il terreno, che dovrà studiare quanto più a fondo possibile.
Con il PNRR dobbiamo far guerra ad un sistema di produzione e consumo che ignora le leggi della natura e che segue un obiettivo irrealizzabile: la crescita infinita. Le leggi della natura, ho ricordato, sono essenzialmente due. Una è la Legge della Crescita: tutte le specie tendono ad aumentare di numero, con la riproduzione. Fa da contrappeso la Legge del Limite: anche se tutte tendono a crescere, non tutte possono farlo, perché non ci sono risorse sufficienti per realizzare questa naturale tendenza.
L’economia segue i dettami della crescita e ignora quelli del limite. In effetti le specie attuano la strategia della crescita, mentre i limiti sono posti dal resto della natura. L’erosione del capitale naturale che deriva dalla crescita di una specie diventa il limite alla sua crescita. Se il capitale economico cresce, decresce il capitale naturale, senza il quale il capitale economico non può prosperare. La sostenibilità si ottiene applicando le due leggi e, invece, tutti si propongono la crescita e non vogliono saperne di limiti.
Il mare, durante il convegno di Trieste, è stato visto come una “risorsa” da gestire, per trarne beni e servizi. I beni sono il cibo che viene da pesca e acquacoltura, e il supporto al turismo marittimo che, in Italia, è fonte di grande ricchezza. La gestione della pesca rende chiaro il concetto di limite. Prima pescavamo artigianalmente, con tecnologie poco impattanti. Ad un certo punto le risorse (i pesci) hanno iniziato a scarseggiare e abbiamo sviluppato tecnologie di prelievo sempre più efficienti: dalla pesca artigianale siamo passati a quella industriale. Prima aspettavamo i pesci dove presumevamo potessero radunarsi, ad esempio con le tonnare. Poi siamo riusciti a scovarli con mezzi sempre più sofisticati, come i sonar, rincorrendoli. Quando le tecnologie sono diventate efficientissime, i pesci sono finiti. Oggi gli stock ittici del Mediterraneo sono sovrasfruttati e la pesca si vale di sussidi che la sostengono, esacerbando gli impatti. Per far aumentare il capitale economico riveniente dalla pesca, abbiamo esaurito il capitale naturale: i pesci. Siamo così passati all’acquacoltura, ma alleviamo pesci carnivori che nutriamo con farine di pesce che derivano da specie di basso valore commerciale: stiamo raschiando il fondo del barile.
Lo stesso facciamo con il turismo. Se tutte le coste sono cementificate, la bellezza che dovrebbe attirare i turisti viene meno, e l’attrattività scompare. Quando è tutto pronto per ospitare i turisti, questi cercano luoghi dove il paesaggio non è rovinato da frequentazione troppo intensa.
Ma torniamo a Sun Zu: il territorio che dobbiamo conoscere è costituito dalla biodiversità e dagli ecosistemi, erosi dalla nostra crescita. Il raggiungimento della sostenibilità si misura con lo stato di salute di biodiversità ed ecosistemi, lo dicono anche le linee guida europee: la biodiversità deve essere trasversale a tutte le iniziative.
Si stima che la biodiversità comprenda otto milioni di specie, ma ne conosciamo solo due milioni. Questa ignoranza non ci permette di comprendere pienamente neppure il funzionamento degli ecosistemi. Come possiamo gestire saggiamente una risorsa che non conosciamo? Se è giusto investire in nuove tecnologie sostenibili, è altrettanto giusto investire in conoscenza. La transizione ecologica non si può attuare senza l’ecologia. E invece è quello che stiamo facendo. Sarà lo stato di biodiversità ed ecosistemi a dirci se siamo sulla giusta strada. Tecnologie e ecologia devono lavorare assieme, con l’economia. Senza questa armonia tra i saperi non avremo successo nella transizione. Per il momento nessuna forza politica lo ha pienamente capito.
L’AUTORE
Ferdinando Boero – Si occupa di biodiversità marina e funzionamento degli ecosistemi, e di sostenibilità. Su questi argomenti ha scritto documenti di indirizzo per la Commissione Europea, la FAO, l’European Marine Board, l’European Academies Science Advisory Council, il G7 etc. E’ stato professore ordinario all’Università di Napoli Federico II, è Chair della Stazione Zoologica Anton Dohrn, presidente della Fondazione Dohrn, associato senior a CNR-IAS, vicepresidente di Marevivo, fa parte del collettivo Lavoro e Natura e del consiglio scientifico di Pro Natura. Ha scritto libri divulgativi su Bellezza, Religione, Economia, La pipì dei cani. Di mestiere studio le meduse e ha descritto molte specie prima sconosciute. Una l’ha dedicata a Frank Zappa, in cambio Frank gli ha dedicato una canzone: Lonesome Cowboy Nando