Le turbine eoliche sono l’esempio più vistoso della ricerca di un sistema di produzione dell’energia basato sulle fonti rinnovabili. Tuttavia, sebbene sfruttino il vento, una fonte di energia priva di costi e totalmente pulita, le turbine stesse sono mere incarnazioni dei combustibili fossili. Grandi camion portano l’acciaio e altre materie prime sul sito di costruzione, macchine movimento terra tracciano sentieri verso terreni sopraelevati altrimenti inaccessibili, grosse gru erigono le strutture portanti – e tutti questi macchinari bruciano gasolio come carburante. Lo stesso tipo di carburante è bruciato dai treni merci e dalle navi cargo che trasportano i materiali necessari per la produzione del cemento, dell’acciaio e della plastica. Per una turbina da 5 megawatt, servono in media 150 tonnellate di acciaio soltanto per le fondamenta in calcestruzzo armato, altre per il mozzo del rotore e la gondola (dove sono racchiusi il moltiplicatore di giri e il generatore), e 500 per le torri. Se l’energia elettrica generata dal vento dovesse arrivare a soddisfare il 25 per cento della domanda mondiale nel 2030, allora, anche con un fattore di capacità del 35 per cento, una capacità installata complessiva di 2,5 terawatt richiederebbe intorno alle 450 milioni di tonnellate di acciaio. E questo senza contare il metallo per le torri, i cavi e i trasformatori necessari a collegare le turbine alla rete elettrica. La produzione di acciaio necessita un grosso quantitativo di energia. Minerali ferrosi che hanno subito un processo di sinteraggio o di pellettizzazione sono fusi all’interno di un altoforno, caricato con coke ricavato dal carbone, dove vengono insufflati carbone polverizzato e gas naturale. La ghisa madre (il materiale ferroso prodotto nel ventre dell’altoforno) viene decarbonizzata in una fornace a ossigeno basico. Poi l’acciaio attraversa un processo di colate continue (che conferiscono all’acciaio fuso la sagoma grezza del prodotto finale). L’acciaio usato nella costruzione delle turbine incorpora 35 gigajoule per tonnellata. Per produrre l’acciaio necessario a costruire il numero di turbine eoliche che potrebbero essere operative da qui al 2030, servirebbe una quantità di combustibile fossile equivalente a oltre 600 milioni di tonnellate di carbone.
Pala in plastica di una moderna turbina eolica: difficile da realizzare, piú difficile da trasportare, ancora piú difficile da riciclare.
Una turbina da 5 megawatt dispone di tre pale lunghe circa sessanta metri, ciascuna del peso di 15 tonnellate. Hanno un nucleo di materiale leggero, quale il legno di balsa o schiuma, mentre all’esterno sono rivestite da laminati formati nella maggior parte dei casi da resine poliestere o epossidiche rinforzate con fibre di vetro. Il vetro è ottenuto tramite la fusione del diossido di silicio e altri ossidi all’interno di forni a gas naturale. Le resine hanno origine dall’etilene, a sua volta derivato da idrocarburi leggeri – comunemente prodotti mediante il cracking termico di nafta, da gas di petrolio liquefatti o dall’etano contenuto nel gas naturale. Il materiale composito finale, rinforzato con fibra di vetro, incorpora intorno ai 170 gigajoule per tonnellata. Pertanto, per installare 2,5 terawatt di potenza eolica entro il 2030, la massa combinata dei diversi rotori di cui avremmo bisogno sarebbe di circa 23 milioni di tonnellate, che incorporerebbe un costo energetico equivalente a qualcosa come 90 milioni di tonnellate di greggio. E una volta che sarà tutto pronto, l’intera struttura dovrà essere impermeabilizzata con resine il cui processo di sintesi ha inizio dall’etilene. Oltretutto, il lubrificante per il moltiplicatore di giri è anch’esso un prodotto ottenuto dal petrolio e il moltiplicatore deve essere, tra l’altro, sostituito regolarmente nel corso dei venti anni di vita della turbina. Senza dubbio, in meno di un anno una turbina eolica ben assemblata e collocata nel luogo giusto genererà l’equivalente dell’energia che è servita per la sua costruzione. Ciò nonostante, lo farà sotto forma di elettricità intermittente; mentre la sua edificazione, l’installazione e i lavori di manutenzione restano essenzialmente dipendenti da specifiche fonti energetiche di origine fossile. Inoltre, per la maggior parte di queste – il coke per la fusione dei metalli ferrosi; quello per alimentare le fornaci per la preparazione del cemento; la nafta e il gas naturale come materie prime e combustibili per il processo di sintesi della plastica e la produzione della fibra di vetro; il gasolio per navi, camion e macchinari per l’edilizia; il lubrificante per il moltiplicatore di giri – non disponiamo di alternative non-fossili facilmente disponibili su scala commerciale. Ancora per un lungo periodo – fino quando tutta l’energia utilizzata nel processo di produzione delle turbine eoliche e delle celle fotovoltaiche non sarà a sua volta derivata da fonti rinnovabili – la civiltà moderna rimarrà fondamentalmente dipendente dai combustibili fossili.
Tratto dal libro di Vaclav Smil “I numeri non mentono”