La notizia del mattino da Tzetze
“Abbiamo ancora poco tempo per cancellare l’ennesimo regalo del governo Renzi alla mafia. Come? Approvando il disegno di legge che il Movimento 5 Stelle ha depositato pochi giorni fa“, questo l’appello lanciato dal Movimento 5 Stelle in un comunicato su Facebook.
Il comunicato prosegue raccontando cosa sta succedendo nel nostro Parlamento. Riportiamo di seguito il resto:
“Il 1° ottobre arriva al Senato un decreto legislativo del Governo Renzi che modifica il Codice delle leggi Antimafia (Atto del Governo n. 103). Sul testo è richiesto un parere alla 1^ Commissione Affari Costituzionali e alla 2^ Commissione Giustizia.
Il decreto nasce dalla Legge 13 agosto 2010, n. 136, una delega al Governo in materia di normativa antimafia. Dopo 4 anni l’esecutivo decide di emettere ulteriori correttivi, a dimostrazione di come l’ostacolo non risieda nel Parlamento, ma nel Governo.
Si tratta di una Legge delega ampissima, che all’articolo 2 conferiva al Governo il mandato per promuovere «una completa ricognizione della normativa penale, processuale e amministrativa vigente in materia di contrasto alla criminalità organizzata», senza alcun ulteriore vincolo. Praticamente una delega in bianco.
Il provvedimento del Governo doveva essere un classico processo di routine: l’aggiornamento al tempo attuale di alcune norme, con le dovute correzioni e modifiche. Tuttavia, consultando il testo, fin dal primo articolo ci rendiamo conto che qualcosa non quadra.
La legge istitutiva del Codice delle leggi Antimafia (Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159) obbliga le aziende che hanno instaurato rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione a produrre una documentazione ed un’informazione antimafia, così come definite dall’articolo 84 del Codice. Il comma 3 dell’articolo 85, in particolare, prevede che «L’informazione antimafia, oltre che ai soggetti di cui ai commi 1 e 2, deve riferirsi anche ai familiari conviventi». Dunque non soltanto al titolare, al direttore tecnico e ad altri soggetti aventi ruoli di responsabilità nell’azienda, ma anche ai parenti con i quali convivono.
Fra i familiari conviventi, il legislatore non aveva distinto i maggiorenni dai minorenni. Pertanto si è reso necessario modificare il Codice in tal senso, e limitare il controllo ai soli familiari maggiorenni. Una cosa semplice semplice. Ma, come sempre, nottetempo arriva qualcuno che inserisce la fregatura. E così, il Governo Renzi aggiunge 6 parole chiave: «che risiedono nel territorio dello Stato».
In sostanza, se prima la documentazione antimafia doveva essere prodotta per il titolare (ed altri soggetti con responsabilità nell’azienda) e i familiari conviventi, il nuovo decreto del Governo mantiene l’obbligo per il titolare dell’azienda, ma lo limita ai familiari conviventi e maggiorenni dei soli titolari che RISIEDONO NELLO STATO ITALIANO.
Le devastanti conseguenze di questa porcata sono di facile intuizione: per un mafioso sarà sufficiente intestare l’azienda al familiare prestanome e farlo risultare come residente all’estero. Il gioco è fatto: la documentazione antimafia dovrà essere prodotta dal solo titolare e non si estenderà ai familiari di cui il titolare è magari solo un familiare prestanome.
Consapevoli di questo ennesimo regalo alla mafia, abbiamo rivolto pubblicamente le nostre osservazioni alle commissioni 1^ e 2^, riunite in seduta comune. Queste le hanno recepite votando favorevolmente, all’unanimità, un parere che evidenziava la criticità da noi rilevata e proponeva l’eliminazione, dall’articolo, della parte relativa al vincolo di residenza in Italia (Parere all’Atto del Governo n. 103). Ribadiamo: parere votato favorevolmente all’UNANIMITÀ da due commissioni riunite, in una plenaria di oltre 50 senatori appartenenti a tutte le forze politiche.
Ebbene, il 13 ottobre il decreto legislativo viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (Decreto Legislativo 13 ottobre 2014 n. 153) con l’articolo IMMUTATO. Non è cambiato niente. Il parere delle commissioni riunite del Senato è stato totalmente ignorato dal Governo. Non è stato solo uno sfregio alle Istituzioni. È una porcata colossale, una strizzatina d’occhio ai mafiosi, che si sa all’estero vivono di prestanomi. Potevamo noi rimanere in silenzio? No che non potevamo. La mattina del 19 novembre abbiamo quindi depositato un disegno di legge ad hoc – un solo articolo, 6 paroline da eliminare -, rivolgendo un appello direttamente al Presidente del Senato, Pietro Grasso, affinché intervenisse in prima persona.
Il decreto del Governo sortirà i suoi effetti soltanto a partire dal 26 novembre. Ci sono ancora i tempi tecnici per riparare il danno. Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia in seduta congiunta condividono la proposta. Si sono GIÀ espresse, approvando il parere al decreto, poi rimasto inascoltato.
Abbiamo chiesto a Grasso di affidare al più presto il nostro testo alle commissioni in sede deliberante. La Camera avrà poi tempo a sufficienza per muoversi allo stesso modo del Senato, prima dell’entrata in vigore di questo ennesimo, sporco e infame regalo alla mafia.
Il Presidente Grasso ha risposto al nostro appello, assicurandoci che farà tutto quanto è in suo potere per portare il nostro disegno di legge all’approvazione in tempi strettissimi, riservandogli la massima urgenza. Di questo gliene diamo atto. Il popolo italiano, la sua storia, la sua dignità, ringraziano. Siamo ancora in tempo, possiamo farcela.
Non si tratta soltanto di preservare la dignità istituzionale di un Parlamento succube di un Governo e di un premier mai eletti da nessuno. Certo, è pur sempre un Parlamento eletto con legge incostituzionale. Ma è l’unico organo rappresentativo del Paese, e non manca giorno in cui venga delegittimato e schiacciato da un esecutivo che non rappresenta nessuno, se non i poteri forti che lo tengono in vita. Ma ancor più è una questione di rispetto nei confronti di coloro che per combattere la mafia hanno sacrificato la propria vita, mentre lo Stato che si onoravano di rappresentare scendeva a patti con i loro boia. Adesso è solo tempo di agire. Agire al più presto. PARTITI, QUESTA È UNA BATTAGLIA DI CIVILTÀ. APPROVIAMO SUBITO IL DDL DEL MOVIMENTO!”