“Chiamatela come meglio credete. Ma non con il nome sbagliato: abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Perché inseguire Beppe Grillo è un conto; raggiungerlo, un altro. […] Gli sgravi fiscali non sono forse una forma di finanziamento pubblico, sia pure indiretto? Si tratta di denari che lo Stato non incassa consentendo ai partiti di avere donazioni da imprese o privati cittadini. Dunque è come se quei soldi lo Stato li desse alla politica. Con un trattamento, per chi decide di aiutare economicamente un partito o un politico, dodici volte più favorevole rispetto a quello cui ha diritto il sostenitore di un’opera benefica. […] parliamo della possibilità di risparmiare il 52 per cento fino a 5 mila euro e il 26 per cento fino a ben 20 mila. […] Dare 20 mila euro in beneficenza consente di detrarre al massimo 542 euro, regalare la stessa cifra a un partito ne fa invece risparmiare 6.500. […] A quanto ammonterà questo finanziamento indiretto è difficile dire. Il 2 per mille è una incognita assoluta. […] ci sono gli altri rivoli. L’esenzione dell’Imu per le sedi politiche, per dirne una. I contributi pubblici alla stampa di partito, circa un miliardo di euro dal 1990 a oggi. Oppure le agevolazioni postali per il materiale elettorale […] Il finanziamento pubblico dunque non è morto, a dispetto dell’epitaffio scolpito venerdì dal governo di Enrico Letta. Chi credeva davvero che alla politica non sarebbe più arrivato un euro statale si metta l’anima in pace.” Sergio Rizzo sul Corriere.it – Leggi tutto
Comments are closed.