di Saverio Pipitone – «Il Reddito di Base – recita il poeta George Elliott Clarke – è il prezzo dell’uguaglianza sociale di fondo: affinché tutti possano ascendere–sfuggendo alla gravità della povertà».
Al reddito di base universale (UBI, Universal Basic Income) sono favorevoli il 55% di tedeschi, 53% di spagnoli, 52% di italiani, 48% di inglesi, 39% di francesi e svedesi, 29% di danesi. Pensano che, in aggiunta o in assenza di altre retribuzioni, migliorerebbe la qualità della vita e ridurrebbe la povertà, per un’esistenza libera e dignitosa (sondaggio maggio 2022 YouGov).
L’UBI è anche la risposta alle transizioni tecnologica e ambientale, verso un’economia automatizzata ed energivora, con lo spostamento dal lavoro umano a quello robotico: oggi a livello globale i robot nelle fabbriche sono 3,5 milioni, prevedendosi almeno un raddoppio nel 2025, specialmente nei settori automobilistico, elettronico, petrolchimico, edilizio, retail, servizi, metalmeccanico e alimentare, in Asia, Europa e Americhe. Negli USA è stato stimato che, con l’immissione di un automa ogni 1.000 dipendenti, cala il salario dello 0,42% e l’occupazione dello 0,2% che equivale alla perdita di 400.000 impieghi in un ventennio (fonti IPR – IFR – MIT).
Il lavoro salariato diventerà sempre più scarso, malpagato e privo di diritti o potere contrattuale.
L’economista Hein Marais, nel suo libro sull’UBI dal titolo “In the Balance” (free download qui), scrive: «Siamo giunti a credere che lavorare per uno stipendio o un salario sia il nostro passaporto per una vita libera dai bisogni e piena di buone prospettive. E ci viene regolarmente detto che una formula semplice è alla base di questo stato di cose: le giuste politiche portano alla crescita economica che poi genera posti di lavoro, mentre sullo sfondo, la regolamentazione garantisce che i posti di lavoro siano relativamente sicuri e ben retribuiti. Ma cosa succede quando la formula non funziona? Quando i posti di lavoro non si concretizzano, o sono disponibili solo sporadicamente, o pagano salari da povertà? Questa è la realtà vissuta da centinaia di milioni di persone in tutto il mondo e le loro schiere stanno crescendo. La crescita economica non sta creando posti di lavoro del tipo o della scala necessari per proteggere le persone dalla povertà e dal disagio. Il lavoro retribuito che fornisce un reddito vivibile a condizioni ragionevolmente sicure è raro nelle economie “in via di sviluppo” e sta diventando sempre più scarso nelle economie “sviluppate”».
Organizzazioni economiche britanniche teorizzano che per attivare un UBI minimo nazionale di circa 50 sterline settimanali per tutti, tranne i ricchi, occorrono un centinaio di miliardi di sterline (quanto l’evasione fiscale annua in Italia), reperendoli dall’abolizione degli sgravi tributari personali degli abbienti, per una misura di sicurezza sociale. Con i soldi redistribuiti, i benefici sono pure macroeconomici con l’aumento del PIL senza inflazione indebita nel breve periodo e della capacità produttiva a lungo andare (studi New Economics – Cambridge Econometrics).
Tra i tanti progetti nel mondo, sperimentano un reddito di base mensile: il Galles con 1.600 sterline a 500 diciottenni quale investimento per un futuro di formazione, lavoro e indipendenza; la Polonia con 1.300 złoty per migliaia di cittadini del nord, fino a 31.000, contro le disuguaglianze e stimolo all’economia; la Catalogna che ha istituito un piano pilota, con 800 euro agli adulti e 300 ai minori, stanziando un budget di 90 milioni, per 5.000 partecipanti selezionati casualmente, al fine di osservare e promuovere la libera cittadinanza.
Negli Stati Uniti 100 sindaci, riuniti in coalizione con dei centri accademici e di ricerca, hanno implementato progetti di reddito incondizionato nelle città, da New York a Los Angeles e da Columbia a Houston, per provarne le potenzialità, con la raccolta nel portale Guaranteed Income delle testimonianze dei partecipanti, che percepiscono dai 300 ai 1.000 dollari al mese: «aiuta alle necessità di base come pagare l’affitto e le bollette»; «mi ha aiutato ad acquistare pannolini, salviette e altri bisogni domestici per mia figlia»; «ho usato una parte del denaro per comprare a mio figlio il cappellino, la toga e le scarpe del diploma di scuola superiore»; «ho messo da parte dei soldi per il fondo del college di mio nipote»; «ora posso permettermi l’asilo nido per mio figlio e iniziare un lavoro»; «potrò tornare a scuola e prendere la laurea»; «per la prima volta da anni, ho potuto comprare dei vestiti nuovi»; «ho saldato tutti i debiti pregressi»; «ricevere questi soldi mi ha motivato a comprare casa»; «quando ho ricevuto i fondi, ero così felice che ho pianto»; «è la cosa più bella e utile che mi sia successa»; «ho sentito sicurezza e un senso di sollievo».
Altre storie di percettori, dalla provincia canadese dell’Ontario, le riporta la fotografa Jessie Golem nella mostra “Humans of Basic Income”, esibita sia in presenza che online durante il 21° Congresso della rete mondiale del reddito di base (BIEN) del 26-28 settembre 2022 a Brisbane in Australia con numerosi attivisti, sociologi, economisti, politici, ricercatori e studiosi, che hanno dibattuto sull’UBI come positivo trasformatore per diversi contesti della società: dall’istruzione alla salute e giustizia, dalla parità di genere alle migrazioni, disabilità e arti. BIEN 2023 sarà ospitato a Seoul nella Corea del Sud, dove da anni si testa il reddito incondizionato in alcune popolose contee.
La politica municipale, in maniera agile, creativa e innovativa, è riuscita nel reddito di base, seguendo sapientemente delle fasi, applicate in 1-2 anni, che in sintesi sono: osservazione della fattibilità sociale e individuazione delle fonti di finanziamento, dalle casse pubbliche alle donazioni di imprese, associazioni, cittadini e partner vari; coinvolgimento generalizzato e continuo della comunità, con cicli di incontri o laboratori, sia fisici che virtuali, avvalendosi di esperti e narratori, per dialogare e capire, costruire credibilità, fiducia e consapevolezza; localizzazione dei partecipanti e loro selezione casuale oppure per conoscenza diretta e scelta equa dei vulnerabili; erogazione dei pagamenti in modo semplice e trasparente, raccolta e socializzazione dei feedback; analisi dei risultati, correzione degli errori e valutazioni di ampliamento, da compiere insieme alla comunità (fonte Guide Municipal Pilots).
Se poi taluni governi – guidati da lingue biforcute – evitano o impediscono l’UBI, è possibile farlo dal basso. Ad esempio l’europea no-profit UBI4ALL, tramite una raccolta fondi, lo sorteggia nel proprio sito internet tra gli iscritti che sono allo stesso tempo donatori e percettori, con un meccanismo orizzontale e solidale nella reciprocità del dare, ricevere e rendere. Una delle convinzioni dei donanti è che permette di contrastare le aziende che pagano stipendi miseri e i lavoratori possono sfuggire a tali modelli salariali, riprendendosi la dignità. Finora sono tre i fortunati estratti che hanno ricevuto 800 euro al mese per un anno: l’ungherese Balázs, studente di ingegneria ambientale; l’irlandese Thomas, che lavora e studia orticoltura; la francese Lucie, neolaureata in farmacia, che dell’UBI dice «mi aiuterà davvero a scaricare un po’ di pressione e concentrarmi maggiormente sulla ricerca di un lavoro che mi piace».
Il professore e veterano dell’UBI, Philippe Van Parijs, sostiene che un giorno ci domanderemo come abbiamo potuto vivere senza un reddito di base universale. Gli ho chiesto se davvero sarà così e lui spiega che «c’è oggi in tutto il mondo un notevole entusiasmo per l’idea di un reddito di base incondizionato. Questo è positivo, perché abbiamo bisogno di bagliori di speranza più che mai in tempi bui. Ma dobbiamo francamente affrontare il fatto che la minaccia del cambiamento climatico e lo shock della pandemia sono ben lungi dall’essere buone notizie per la prospettiva di un reddito di base. Entrambi richiedono maggiori risorse pubbliche, in particolare per rafforzare il sistema sanitario e sviluppare investimenti innovativi nella transizione verde. In tale scenario, per finanziare un iniziale reddito universale è indispensabile utilizzare i proventi di un’adeguata tassazione sulla produzione non verde e su quella robotizzata. L’aspettativa è che una società a reddito di base sia fonte di sicurezza e resilienza socio-economica contro eventuali sconvolgimenti futuri derivanti da perturbazioni climatiche, epidemie, disagi tecnologici e shock finanziari. Inoltre, nella società a reddito di base, un lavoro faticoso o sottopagato avrà difficoltà a sopravvivere. La produttività sarà sempre una preoccupazione legittima, ma intesa come benessere materiale da raggiungere con meno lavoro o con un lavoro piacevole. La prospettiva fourierista di una diminuzione della differenza tra lavoro e gioco è rilevante almeno quanto la prospettiva marxiana di una giornata lavorativa ridotta. La libertà offerta dal reddito di base permetterà di affrontare le sfide del futuro, ma per prosperare è importante che vi sia di pari passo una riduzione dei consumi e la crescita delle relazioni umane».
L’AUTORE
Saverio Pipitone – Giornalista pubblicista e redattore economico-finanziario. Autore di articoli di varie tematiche, dalla critica economico sociale alla storia, dall’ecologia al consumismo. Oltre a Pesticidi a tavola, ha scritto i libri Shock Shopping La malattia che ci consuma (Arianna Editrice) e Forno a Microonde? No Grazie (Macro Edizioni). Blog: saveriopipitone.blogspot.com