di Elena Tioli – Fertilizzanti chimici e pesticidi per decenni hanno contribuito a contaminare terra, acqua, aria, avvelenando gli abitanti delle aree rurali e tutti coloro che si nutrono di questi prodotti. Il fallimento, non solo agricolo, di un simile modello è ormai sotto gli occhi di tutti.
“È chiaro dalle evidenze che la questione dei prodotti chimici nel nostro cibo è una questione di democrazia. La libertà dei cittadini da ciò che è nocivo dovrebbe essere garantita. È ciò per cui le comunità lottano nel mondo. Un altro aspetto della democrazia è la tutela del bene comune. Ogni volta che i diritti democratici vengono messi al primo posto delle decisioni allora c’è una distorsione per silenziare le persone. La democrazia come ogni cosa vivente cresce dal basso verso l’alto, come sancisce il principio di sussidiarietà dell’Unione europea. Quando ciò non avviene tale principio viene violato”. Ad affermarlo è Vandana Shiva, presidente di Navdanya International, alla Conferenza della Camera dei Deputati per il lancio della Campagna globale Poison-free Food and Farming 2030 – Cibo e Agricoltura liberi da pesticidi 2030.
La Campagna, come ha spiegato Vandana Shiva vuole essere un invito a creare un movimento unificato per il cambiamento, rivolto a tutti coloro che sono interessati ad impegnarsi ed agire per difendere il nostro pianeta e garantire un futuro vivibile alle future generazioni. Proprio loro pagano infatti il prezzo più alto per questo modello scellerato di agricoltura.
Secondo Patrizia Gentilini, oncologa ed ematologa, membro del comitato scientifico di Isde, Medici per l’ambiente “la ricerca scientifica dimostra in modo inequivocabile che qualsiasi esposizione a pesticidi è un fattor causale dell’aumento nell’incidenza di cancro, malattie respiratorie, Parkinson, Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (Sla), autismo, deficit di attenzione e iperattività, diabete, infertilità, disordini riproduttivi, malformazioni fetali, disfunzioni metaboliche e tiroidee. In particolare sono suscettibili all’esposizione i bambini, fin dalla fase della gravidanza, che può causare danni neurologici importanti, quali la diminuzione quoziente intellettivo e l’autismo”. A pagare questi costi siamo tutti noi.
Oggi più che mai siamo a un bivio. È il momento di scegliere se continuare a incentivare un processo di distruzione e estinzione o scegliere di incanalare le nostre energie per costruire un futuro sostenibile, in sintonia con il Pianeta e con gli altri esseri viventi.
Sempre più studi, compresi gli ultimi report della FAO, dimostrano come un’agricoltura ecologica sia l’unica strada percorribile per produrre cibo sano su scala mondiale, ridurre gli sprechi e le diseguaglianze nell’accesso delle risorse, contrastare i gravi cambiamenti climatici in atto e difendere la sempre più compromessa sovranità alimentare dei popoli.
Numerose esperienze nazionali e internazionali dimostrano ormai che si può fare. E diverse ricerche documentano quanto questi progetti siano fattore di sviluppo e ricchezza collettiva e condivisa.
Lo testimoniamo lo stato himalayano del Sikkim, che ha convertito la propria produzione ad un modello 100% biologico o la Biodiversity Conservation Farm di Nadvanya in India, vero e proprio santuario della biodiversità dove ogni contaminante tossico è bandito e dove si apprendono i principi dell’agroecologia presso l’Università della Terra. Ma anche le sempre più frequenti realtà virtuose presenti nel nostro Paese, tanti luoghi in cui fare agricoltura significa essere custodi della Terra e della Vita, perché, come ci ricorda Vandana Shiva quando si parla di agricoltura non si parla mai solo di cibo, ma di futuro, di democrazia e di libertà.