di Roberto Mancin – “Immaginate se una persona disabile, o completamente paralizzata a letto, potesse visitare un museo, interagire da casa con i compagni di scuola o dall’ospedale con i familiari.”
Questo è quello che proponeva di immaginare Monica Panetto in un articolo del 2015.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la possibilità non è così remota e si muove sul terreno della neurorobotica. Sistemi di “brain computer interface” (interfaccia cervello-computer) associati a strumenti robotici stanno infatti dimostrando potenzialità interessanti, come sembrano indicare studi condotti negli ultimi anni cui anche Padova contribuisce.
Da anni è tecnicamente possibile guidare robot di telepresenza per poter esplorare ambienti remoti e ostili da una cabina di controllo. Sappiamo portare e guidare rover su Marte, dentro una centrale nucleare, all’interno di un edificio che sta per crollare dopo un terremoto. Da anni utilizziamo robot teleguidati per disinnescare bombe, per permettere a chi ha perso il controllo del corpo in seguito ad un incidente o una patologia neurodegenerativa di pilotare un drone una sedia a rotelle, un’automobile, un computer usando un solo muscolo.
Nel Febbraio 2016 a Milano e 3 mesi dopo a Padova Beppe Grillo, durante due tappe del suo spettacolo (Grillo vs Grillo) tocca con estrema delicatezza l’argomento mostrando le immagini di spalle di Thomas, un bambino di 9 anni con una gravissima cerebropatia, mentre, per la prima volta in vita sua, sembra percepire le emozioni da lui provocate regolando con l’attività elettrica cerebrale uno “sparabolle”.
Ancora oggi, dopo due anni, non è possibile “entrare [1]” nella testa di un bambino come Thomas; in una fragile coscienza prigioniera di un corpo che non risponde. Potervi “entrare” permetterebbe ai medici anestesisti di capire se il piccolo paziente percepisce luce, stimoli tattili, voci e odori che lo circondano. Se è necessario, dal punto di vista medico/legale restare in ascolto o se opportuno “gettare la spugna”. Oggi è possibile “entrare” in quella di un adulto ma non in quella di un bimbo piccolo e vulnerabile.
Sabato 29 settembre 2018, giorno in cui Thomas avrebbe potuto compiere 12 anni, verrà donato ad un asilo nido un “cucciolo di robot” del valore di 9.000 euro + IVA per permettere a bambini ricoverati in ospedale o in convalescenza a casa, di rimanere in contatto con maestre e coetanei, continuando ad andare a scuola tramite un corpo di cortesia robotico. La raccolta fondi per il premio “Thomas” inizierà il 23 a Mestre durante il seminario “Bambini, robot e tecnologie digitali”.
Questo il link per effettuare la donazione: https://centrohumanity.it/donazioni/
Thomas gioca con le bolle di sapone
[1] “Il sistema (Coscienziometro Pediatrico, sonda ipotetica usabile per misurare la coscienza anche di un neonato ndr.) – spiega Agnese Suppiej che ha sviluppato il metodo a Padova ed è responsabile del servizio di Neurologia pediatrica dell’Azienda ospedaliera di Padova e docente nella Scuola di Specializzazione in Neuropsichiatria Infantile e in Pediatria – si basa sul principio dei potenziali evocati evento-correlati, cioè esami che studiano le risposte del sistema nervoso centrale a uno stimolo sensoriale. Più semplicemente, vengono inviate stimolazioni multimediali, prevalentemente sonore e visive, non significative interrotte da suoni significativi, come ad esempio la voce della mamma, per evocare possibili risposte cognitive nel paziente e individuarle attraverso modificazioni nell’elettroencefalogramma, ottenendone una estrazione computerizzata”. L’esperimento viene ripetuto e, a seconda della maggiore o minore costanza nella risposta allo stimolo, viene classificato il grado di coscienza. (2013 – Monica Panetto)
L’AUTORE
Roberto Mancin, Informatico Pediatrico. Responsabile dello sviluppo di sistemi e tecnologie informatiche innovative presso il Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Università degli Studi di Padova. Si è sempre occupato di Robotica e Inclusione Scolastica; da qualche anno gestisce, in collaborazione con pediatri, studenti ed infermieri i robot sociali in uso presso la Pediatria di Padova.