La burocrazia in sé non è un male, anzi è necessaria. Se non prolifica. LItalia è in overdose da burocrazia. Un posto pubblico non è solo uno stipendio. E un ruolo in più, un passaggio di scartoffie in più. Una telefonata, un documento in più. Quanti enti, a partire dalle Province, non servono a nulla?
Una struttura pubblica per legittimarsi deve produrre qualcosa. Se la sua funzione è inutile, produce burocrazia inutile. Utile però a far impazzire i cittadini. Emigriamo in Europa finché siamo in tempo. Pubblico due lettere, due modi di concepire la cosa pubblica.
Ciao Beppe,
sono Barbara ho 36 anni da 2 sono anche la mamma di Nichy affetto da sclerosi Tuberosa malattia genetica, brutta quanto il nome, che provoca ritardo mentale, crisi epilettiche ect. Ma non ti scrivo per dirti quanto sono disperata. Ti scrivo per invitarti a passare due giorni con me, ti faccio conoscere le vere barriere architettoniche di un disabile! Non quelle strutturali ma quelle burocratiche. L’informazione è alla base della libertà, ma in questa materia (handicap) mi sono scontrata con troppa disinformazione.
Passa una giornata con me e la passeremo al telefono, ascolteremo musichette di attesa e frasi come “Le passo il mio collega”, aspetteremo, aspetteremo… ore che non abbiamo per ottenere quello che la legge 104/92 ci promette, ma che nessuno sa come darci. Le nostre orecchie si sposeranno con la cornetta, ma dovremo essere bravi a spiegare a Nichy (e a tutti quelli come lui) che la mamma deve passare più tempo con la burocrazia che con lui così si integra meglio!!!
Dai un angolino anche a noi nelle tue passioni … sono sicura che qualche cosa si smuoverà!
Barbara. R.
Ho appena lasciato Roma e mi trovo nel centro di Copenhagen. Qui esco e trovo piste ciclabili ovunque; i miei bambini giocano da soli sotto casa in un giardino con altalene e campo di calcio. Guardo le statistiche sul crimine e non si parla di criminalità organizzata: non esiste.
E anche la corruzione praticamente non c’è. Ascolto le proposte di riforma del welfare del Partito socialdemocratico danese, tra l’altro guidato da una donna quarantenne, e scopro che tra le sue 72 idee concretissime c’è quella di garantire una doccia al giorno agli anziani negli ospizi. In Italia non siamo neanche arrivati ad assicurare l’ospizio pubblico agli anziani, che intanto continuano ad aumentare.
Ci sono più di duemila chilometri tra Roma e Copenhagen, e la distanza si sente. Innanzitutto in termini di pubblica amministrazione. Vado all’anagrafe per iscrivere la famiglia: facciamo la fila con i numeretti, ci sono penne per tutti, il personale parla inglese e così anche mio marito, che è italiano, può capire. Dopo mezz’ora è fatta. Il giorno stesso scopro che la mia banca ha già cambiato il mio indirizzo nel suo archivio, che evidentemente è collegato con quello dell’anagrafe.
In mezz’ora ottengo il permesso per parcheggiare per sei mesi sotto casa. Risultato: poca burocrazia, poche seccature. Non sorprende che i miei colleghi danesi mi abbiano fatto sempre la stessa domanda in tutti questi anni, quando cercavo di raccontargli l’Italia: Perché? Perché la mafia? Perché la corruzione? Perché le crisi di governo? Perché Berlusconi?
L. D.
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