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“Fin che la barca va, lasciala andare… quando la crisi viene il campanello suonerà“. Ogni momento storico ha il suo simbolo. Quello della Primavera d’Italia, anno 2010, è la barca. Berlusconi ha affermato che “siamo tutti sulla stessa barca” agli imprenditori di Confindustria che invece di applaudire si toccavano. In serata, all’OCSE, a Parigi, è tornato sul tema nautico: “Abbiamo rimesso la barca sulla giusta rotta” ha detto con riferimento alla manovra di 24 miliardi, “una risposta immediata a una crisi improvvisa“.
Lo psiconano non era preparato a questa congiuntura internazionale che dura solo da quattro anni, era troppo distratto dalle riforme della Giustizia fatte “per il bene del Paese“. Per conoscere qualcosa bisogna provarlo, è una vecchia regola, e il nostro presidente del Consiglio appartiene una categoria immune dalla crisi, insieme alle sue aziende e ai suoi rampolli. Mentre a Roma si annunciava il rinvio delle pensioni e il blocco degli stipendi degli statali per tre anni, ad Ancona Piersilvio Berlusconi saliva sul suo nuovo yacht da 37 metri e 18 milioni di euro. Piersilvio lo ha battezzato con la tradizionale bottiglia di spumante infranta sulla chiglia. E’, per il momento, la sua seconda barca, la prima, più minimalista, costo di 10 milioni di euro, nome “Suegno“, era lunga 30 metri.
A Genova, qualche ora prima che a Roma si abbattesse il taglio di 10 miliardi sui servizi sociali delle Regioni, la Guardia di Finanza sequestrava “Force Blue“, il megayacht oceanico di 62 metri di Briatore, accusato di evasione fiscale per 5 milioni di euro. La Gregoraci ha dovuto scendere a terra insieme a figlio, cuochi, marinai, personal trainer e massaggiatrice. Un trauma dal quale non si riprenderà. Un mese fa, sembra un secolo, Tremorti negava una manovra estiva di 5 miliardi che ora per questa “crisi improvvisa” è salita a 25 miliardi e, entro l’anno, raddoppierà, triplicherà. Il debito pubblico è fuori controllo, è arrivato a 1.800 miliardi, 100 accumulati nel solo 2009. Gli interessi sui titoli di Stato aumentano, il Pil scende, la miseria nazionale sale.
Nella Storia d’Italia, un’altra barca, una corvetta, portò in salvo Vittorio Emanuele III nel 1943. Si chiamava Baionetta. Il re, alto più o meno come lo psiconano, fuggì con la corte e lasciò l’Italia al suo tragico destino. Prima di lui erano già riparati all’estero i suoi beni. I servitori, lacchè, aedi e leccapiedi, escort e pennivendoli di Berlusconi, ora che il “Force Blue” di Briatore non è più disponibile, dove si imbarcheranno? Se li imbarcheremo noi, suggerisco una zattera, come quella della Medusa, una fregata francese naufragata nel secolo scorso in cui avvennero episodi di cannibalismo. Viveri quanto serve, acqua a bordo quanto basta, indumenti leggeri e via verso l’ignoto e l’avventura nelle onde del Mediterraneo. Gasparri comunque si salverà, chi lo mangerebbe senza vomitare?