Viviamo ormai per pagare gli interessi sul debito pubblico. E’ una fornace in cui via via inceneriamo servizi sociali, nuove tasse, risparmi, case, diritti. Mentre alimentiamo questo roveto ardente ci impoveriamo. Più ci impoveriamo, più il debito aumenta e più aumentano gli interessi sul debito. Dopo sei mesi della cura Monti il debito pubblico è cresciuto e si avvicina ai 2.000 miliardi mentre l’occupazione è scesa e per questo, inevitabilmente, nel 2012 diminuirà bruscamente il gettito fiscale. Nel 2013 dovremo pagare oltre 100 miliardi di euro di interesse sul debito, circa un quarto dei 420 miliardi di tasse annuali. Ci stiamo avvitando come un aereo in picchiata per sostenere l’euro e pagare gli interessi accumulati dal Pdl e dal Pdmenoelle durante uno sciagurato ventennio.
A chi paghiamo gli interessi? Il debito pubblico è detenuto soltanto per il 14,3% da famiglie italiane. L’85,7% da banche, fondi e assicurazioni e altri investitori. Il 46,2% all’estero, in prevalenza banche francesi, tedesche, inglesi (*). Le banche sono i nuovi padroni, per nulla disponibili a rinunciare alla loro libbra di carne. A diminuire gli interessi, ad esempio, o a diluire nel tempo la restituzione del capitale. L’Italia non dispone di sovranità monetaria, non è possibile una svalutazione della lira e un riallineamento conseguente dei titoli alla nostra economia che vale molto meno rispetto al momento della loro emissione. Svalutare la lira equivaleva svalutare i titoli. Oggi non è più così. Abbiamo un cappio al collo che non possiamo toglierci e che stringerà sempre di più se non ristrutturiamo il valore dei titoli che valgono il 20/30% in meno del loro valore iniziale. Senza il prestito di mille miliardi della BCE alle banche al tasso dell’1% ,usati per comprare nuovi titoli al 5/6%, l’Italia sarebbe in pre default.
Rimandare il problema non serve. Diminuire gli interessi sul debito nel medio termine e la contemporanea emissione di nuovi titoli di Stato a basso/medio rendimento sono una “mission impossible“. Il ricatto è sempre il solito, se non si prosegue su questa strada si esce dall’euro. Ma dall’euro siamo già usciti, l’euro non rispecchia più il valore della nostra economia, al massimo il 60%. Uscire dall’euro non deve essere un tabù. Gran Bretagna e Danimarca sono parte della UE e hanno mantenuto le loro monete. Si può fare, bisogna iniziare a discuterne. Non è mai troppo tardi per tornare indietro da una strada lastricata per l’inferno.
(*) fonte Bankitalia
Comments are closed.