Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Science Advances rivela che sfruttando appena l’1% delle acque costiere mondiali si potrebbe generare circa un terzo dell’elettricità necessaria al pianeta. Lo studio, condotto da un gruppo internazionale di scienziati di Cina e Singapore, guidato da Yi Wen, ha analizzato il potenziale energetico delle aree marine entro le zone economiche esclusive, combinando vento e fotovoltaico offshore in una mappa globale di risorse rinnovabili.
I ricercatori hanno identificato tutte le superfici marine con caratteristiche tecniche adatte alla produzione: profondità inferiori ai 300 metri, distanza dalla costa entro 200 chilometri, assenza di aree protette, vento medio superiore a 5 m/s e radiazione solare di almeno 1000 kWh per metro quadrato all’anno. Escludendo le regioni ghiacciate o con onde troppo alte, hanno stimato il potenziale energetico globale che risulterebbe da un’implementazione minima, appena l’1% delle aree idonee.
Il risultato è impressionante, le installazioni eoliche offshore genererebbero oltre 6000 TWh all’anno, mentre i pannelli fotovoltaici galleggianti supererebbero i 14 000 TWh. Sommando le due tecnologie, si arriverebbe a circa 20 000 TWh l’anno, cioè un terzo della domanda elettrica mondiale prevista per il 2050.
Il lavoro mostra anche una distribuzione complementare tra sole e vento, alle latitudini più alte domina l’eolico, nelle fasce tropicali prevale il solare. Integrando entrambe le fonti, la produzione risulterebbe più stabile e continua nel tempo, riducendo i problemi di intermittenza che spesso limitano le rinnovabili. Secondo gli autori, i benefici ambientali sarebbero enormi. Lo sfruttamento di una quota così ridotta delle acque costiere permetterebbe di abbattere drasticamente le emissioni di CO₂ e di accelerare la transizione verso sistemi a basse emissioni, specialmente nei Paesi che oggi dipendono dai combustibili fossili importati.
Restano tuttavia barriere significative. La produzione su larga scala di impianti galleggianti richiede infrastrutture costose, nuove tecnologie di ancoraggio e sistemi di trasmissione efficienti per portare a terra l’energia prodotta. Servono inoltre regole chiare per la coesistenza con la pesca, la navigazione e gli ecosistemi marini.
Lo studio non tiene conto di tutti i vincoli economici o ambientali locali, mostra però quanto margine di crescita esista per le rinnovabili offshore. In un mondo che cerca soluzioni rapide per ridurre le emissioni guardando erroneamente altrove, i mari si confermano ancora una delle frontiere più promettenti della transizione energetica.





