Un team di ricercatori europei e canadesi ha sviluppato uno strumento per valutare l’evoluzione del mercato del lavoro nel settore energetico in 50 paesi del mondo, la cui economia dipende ancora principalmente dai combustibili fossili. Questi paesi includono India, Cina, Messico, Brasile, Nigeria e Arabia Saudita.
I molteplici dati utilizzati in questo studio si concentrano su 11 tecnologie energetiche e 5 categorie di lavoro: costruzione e installazione, funzionamento e manutenzione, produzione di carburante e raffinazione.
Secondo le stime dei ricercatori pubblicate sulla rivista One Earth, entro il 2050 potrebbero essere creati circa 8 milioni di posti di lavoro, di cui l’84% nel settore delle energie rinnovabili (contro l’11% nei combustibili fossili e il 5% nel nucleare), con l’attuazione degli obiettivi delll’accordo di Parigi.
In questo scenario, i posti di lavoro nell’estrazione di combustibili fossili – che costituiscono l’80% degli attuali posti di lavoro nel settore energetico – diminuirebbero rapidamente. Queste perdite sarebbero, tuttavia, compensate dall’aumento di posti di lavoro nella produzione di prodotti solari ed eolici.
“Attualmente, circa 18 milioni di persone lavorano nelle industrie energetiche – un numero che dovrebbe aumentare, non diminuire – raggiungendo i 26 milioni o più del 50% se raggiungiamo i nostri obiettivi climatici globali”, afferma Johannes Emmerling, economista ambientale presso l’Istituto Europeo di Economia e Ambiente RFF-CMCC e coautore dello studio.
Risultati incoraggianti che possono essere raggiunti solo se i paesi interessati si adoperano per applicare le misure volte al rispetto dell’accordo di Parigi, che mira a mantenere il riscaldamento globale a un livello ben al di sotto dei 2°C. , per poi continuare questi sforzi per limitarlo a 1,5°C.
A questo link è possibile scaricare lo studio completo, in pdf.