di Kate Raworth – Avete mai visto un bambino imparare a camminare? In primo luogo, si muovono sul pavimento, di solito all’indietro, ma poi si trascinano in avanti, e poi si tirano su per stare in piedi, e tutti noi applaudiamo. E quel semplice movimento in avanti e verso l’alto, è la direzione più elementare del progresso che noi umani riconosciamo.
Lo raccontiamo anche nella nostra storia di evoluzione, dai nostri antenati più remoti all’Homo erectus, finalmente eretto, all’Homo sapiens, raffigurato sempre a metà corsa.
Non c’è quindi da stupirsi se siamo così pronti a credere che il progresso economico assumerà la stessa forma, questa linea sempre in continua crescita.
Ma sto per dirvi qualcosa di diverso.
E’ tempo di ripensare, di ripensare la forma del progresso. Si, perché oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano o meno prosperare, ma quello di cui abbiamo bisogno, soprattutto nei paesi più ricchi, sono economie che ci facciano prosperare, che crescano o meno non ci dovrebbe interessare.
Prosperare. É una parola un pò “strana” che nasconde un profondo cambiamento di mentalità, ma credo che sia il cambiamento che dobbiamo fare se vogliamo continuare ad esistere.
Da dove è nata questa ossessione per la crescita? Beh, sarebbe veramente lungo da spiegare, ma facciamo un riassunto. Il PIL, il prodotto interno lordo, è solo il costo totale dei beni e dei servizi venduti in un’economia in un anno. E’ stato inventato negli anni ’30, ma è diventato ben presto l’obiettivo principale del processo decisionale, tanto che ancora oggi, quasi 100 anni dopo, i governi pensano che la soluzione ai loro problemi economici consista in una maggiore crescita. Cioè aumentare il PIL.
Eccoci qui, al tramonto del consumismo di massa da oltre mezzo secolo, con economie che si aspettano una crescita senza fine. Siamo finanziariamente dipendenti dalla crescita, perché il sistema finanziario di oggi è progettato per perseguire il più alto tasso di rendimento monetario, mettendo le società quotate in borsa sotto costante pressione per fornire vendite in crescita, quote di mercato in crescita e profitti crescenti, e perché le banche creano denaro come interessi debitori, che devono essere rimborsati con un importo maggiore.
Siamo politicamente dipendenti dalla crescita perché i politici vogliono aumentare il gettito fiscale senza aumentare le tasse e un PIL in crescita sembra un modo sicuro per farlo.
Nessuna di queste dipendenze è insormontabile, ma tutte meritano molta più attenzione di quanta ne ricevano attualmente, perché guardate dove ci sta portando questo viaggio. Il PIL globale è dieci volte più grande di quello del 1950 e questo aumento ha portato vera prosperità a pochissime persone. L’economia globale è diventata incredibilmente divisiva, degenerativa, destabilizzando rapidamente questo pianeta delicatamente equilibrato, da cui dipendono tutte le nostre vite.
I nostri politici però non sanno altro e quindi cercano la crescita ovunque. Si può avere una crescita verde, una crescita inclusiva, una crescita intelligente, resiliente ed equilibrata. Scegliete il futuro che desiderate, purché scegliate la crescita.
Ma davvero non c’è altro oltre alla crescita?
Penso sia giunto il momento di scegliere un’ambizione più alta, molto più grande, perché la sfida del XXI secolo dell’umanità è chiara: soddisfare i bisogni di tutti gli uomini, affinché noi e il resto della natura possiamo prosperare. Insieme.
I progressi verso questo obiettivo non possono essere misurati con la metrica dei soldi. Abbiamo bisogno di altri indicatori. Oggi le persone non riescono a soddisfare le cose essenziali della vita. Non hanno il cibo, salute, educazione, opportunità, un alloggio di cui ognuno ha bisogno per una vita dignitosa. Allo stesso tempo stiamo distruggendo il pianeta. Quindi questa sfida per soddisfare i bisogni di tutti, all’interno dei mezzi che il pianeta dispone, invita a una nuova forma di progresso, non più questa linea di crescita in continua crescita, ma qualcosa di nuovo. Un quadro nuovo.
Possiamo quindi trovare questo equilibrio? Nessun economista del secolo scorso ha visto questo quadro, e noi siamo la prima generazione a vederlo e probabilmente l’ultima con una reale possibilità di ribaltarlo e cambiare storia.
É davvero la nostra più grande opportunità.
In questo secolo, disponiamo di energia rinnovabile, piattaforme digitali e stampa 3D, open-source, peer-to-peer, commons creative e altro ancora. Le aziende che ancora perseguono il massimo tasso di rendimento per i loro azionisti, beh, improvvisamente sembrano piuttosto obsolete accanto alle imprese sociali che sono stati progettati per generare molteplici forme di valore e condividerlo con quelli in tutta la loro rete.
Se possiamo sfruttare le tecnologie odierne, dall’intelligenza artificiale alla blockchain, all’internet degli oggetti e alla scienza dei materiali, se possiamo sfruttarle al servizio del design distributivo, possiamo garantire che l’assistenza sanitaria, l’istruzione, la finanza, l’energia e la voce politica raggiungano e rafforzino tutti. E non parlo di tutti gli uomini, ma di tutti gli esseri viventi, pianeta compreso.
Vedete, l’economia del XX secolo ci ha confermato che la crescita crea disuguaglianza, quindi non cerchiamo di ridistribuirla. Perché distribuiremo discordia.