Di seguito la lettera firmata da associazioni, scienziati e attivisti e inviata ad “Altreconomia” in merito all’articolo “Corre il consumo di suolo in Italia. Il ruolo di fotovoltaico, logistica e data center”, che commenta il report annuale di Ispra sul consumo di suolo e riporta l’intervista al responsabile del documento, Michele Munafò. Con questa lettera si intende sottolineare che il tema non è ancora inquadrato e compreso in modo adeguato nel dibattito pubblico del nostro Paese.
I data center e la logistica sono distese di cemento che impermeabilizzano irreversibilmente il suolo: il fotovoltaico, invece, non comporta di fatto cementificazione. Il fotovoltaico non ha rilascio chimico, né depaupera il terreno di acqua, né di alcuna sostanza nutritiva, né impedisce la vita di insetti e piante di ogni tipo: è davvero un paradosso, incredibile a ben pensarci, che molti che ritengono di essere ambientalisti lamentino la sostituzione, tramite il fotovoltaico, dell’attività agricola, che è invece chimicamente super-inquinante (la grandissima parte dell’agricoltura è ancora intensiva), sottrae al suolo nutrienti e acqua, e depaupera per definizione la biodiversità, poichè volge un’ecosistema alla produzione di cibo per l’uomo, eliminando o comprimendo tutto ciò che non è funzionale al nutrimento umano.
Di più. È ormai acclarato che il fotovoltaico, per un banale effetto di ombreggiamento, limita l’eccessiva evotraspirazione, quindi semmai combatte la siccità, ed è del tutto compatibile, anzi sinergico, col pascolo, col prato, e con molte colture agricole, che ad oggi nelle stagioni estive sempre più torride necessitano di chilometri quadri di teloni di plastica per essere protette (un valore paesaggisitico ed ecologico superlativo, non c’è che dire).
Addirittura, la Cina ha messo in campo un programma di rinverdimento delle zone desertiche attraverso l’installazione di campi fotovoltaici, che favoriscono la crescita di arbusti ed erbe proprio grazie a questo effetto di limitazione della traspirazione del suolo. Il fotovoltaico a terra è un presidio indispensabile e insostituibile (non certo rimpiazzabile dal fotovoltaico sulle coperture, utilissimo e necessario ma non sufficiente, e assolutamente meno efficiente energeticamente, quindi meno ecologico) per la transizione fuori del fossile, oltre che, probabilmente, un ostacolo ai veri appetiti cementificatori, prova ne siano anche le recenti aggressioni della criminalità organizzata a impianti rinnovabili (in Sardegna e Toscana), che non sono certo ascrivibili ai comitati di cittadini che protestano contro gli impianti.
E mentre si demonizzano 1.702 ettari (un vero “boom”, lo definisce Munafò) di nuovo fotovoltaico a terra nel biennio 2023-25, che sono invece troppo pochi e andrebbero comunque benedetti, ci si scorda degli 89mila ettari (53 volte tanto) di foreste che solo quest’estate sono stati inceneriti dagli incendi estivi in Italia (un milione di ettari in tutta Europa): incendi che “ci sono sempre stati”, sì, ma sono settuplicati in gravità e potenza negli ultimi vent’anni, a causa delle sempre più violente ondate di calore e delle sempre più gravi siccità dovute alla combustione di carbone, petrolio, gas, che sono, non scordiamocelo mai, i veri nemici da combattere.
Gaia Pedrolli (Cittadiniperlitaliarinnovabile), Fabio Roggiolani (Ecofuturo), Mauro Romanelli (Associazione Ecolobby), Cesare Agnello, Vincenzo Balzani, Ugo Bardi, Marco Bella, Enrico Bonatti, Alessandra Bonoli, Marco Cervino, Matteo De Piccoli, Stefano Fracasso, Enrico Gagliano, Mario Grosso, Giulio Marchesini Reggiani, Vittorio Marletto, Marino Mazzon, Luigi Moccia, Mariangela Ravaioli, Michele Stortini, Andrea Tilche, Enrico Vanelli, Margherita Venturi (Associazione Energiaperlitalia), Francesco Ferrante (Associazione Kyoto Club), Piero Mazzinghi (Laboratorio Ambientale Mugello), Grazia Galli (Associazione progetto Firenze), Alessio Petronelli e Stephanie Brancaforte (Transistor e Rinascimento Green)





