La Cina sta costruendo la più grande rete di sorveglianza del pianeta. Oggi sono attive oltre 170 milioni di telecamere a circuito chiuso e il piano ufficiale prevede di installarne altri 400 milioni nei prossimi anni. Molte sono integrate con sistemi di intelligenza artificiale e riconoscimento facciale capaci di identificare e tracciare le persone mentre camminano per strada, in tempo reale.
Il progetto è parte di un’infrastruttura chiamata Skynet, sviluppata per coprire città, stazioni ferroviarie, aeroporti e spazi pubblici. Queste telecamere sono collegate a database nazionali che contengono i dati biometrici e i documenti d’identità di centinaia di milioni di cittadini. L’intelligenza artificiale confronta i volti ripresi con quelli archiviati, analizza la postura e il modo di camminare, riconosce età, genere e movimenti anomali.
Quando una persona arriva in Cina dall’estero, la sua identità viene registrata in modo sistematico. Nei principali aeroporti viene scansionato il passaporto, vengono raccolti i dati biometrici e spesso viene eseguita una fotografia frontale ad alta risoluzione, utilizzata per popolare i database nazionali. I sistemi di frontiera possono includere la scansione delle impronte digitali e, in alcuni casi, la raccolta di un campione vocale per l’identificazione tramite riconoscimento della voce. Queste informazioni vengono collegate al numero di visto e ai dati relativi al soggiorno. Per i cittadini cinesi, la registrazione è ancora più capillare. Ogni persona possiede una carta d’identità digitale obbligatoria, che contiene dati biometrici, numero unico nazionale e altre informazioni personali. La fotografia presente nella carta d’identità viene utilizzata come riferimento per il riconoscimento facciale in tutto il Paese.
Una volta entrati in città, i movimenti delle persone vengono analizzati in modo continuo. Ogni telecamera cattura il volto e invia i dati in tempo reale ai centri di elaborazione, dove un software di riconoscimento facciale confronta l’immagine con quelle archiviate. Se c’è una corrispondenza, il sistema associa l’identità della persona a quella posizione e a quell’orario preciso. Se non c’è corrispondenza immediata, l’immagine può essere archiviata temporaneamente per un’analisi successiva, utile in caso di indagini o controlli mirati.
Il riconoscimento non si limita però solo al volto. Alcune città utilizzano sistemi in grado di identificare una persona anche se indossa mascherine, cappelli o occhiali. Questo avviene attraverso la cosiddetta “gait recognition”, il riconoscimento della camminata, una tecnologia che analizza postura, ritmo, lunghezza del passo e altre caratteristiche fisiche difficili da mascherare. In parallelo vengono analizzati i vestiti, le borse e altri elementi contestuali che aiutano l’algoritmo a migliorare l’accuratezza.
Le telecamere sono distribuite in modo strategico. Ai principali incroci urbani, agli ingressi dei centri commerciali, nei parchi, nelle stazioni e nei mezzi di trasporto pubblico. I sistemi di trasporto integrano spesso tornelli e scanner dotati di riconoscimento facciale. In alcune metropolitane, per entrare non è necessario un biglietto: il volto funge da lasciapassare e il costo viene addebitato automaticamente sul conto associato all’identità digitale.
Queste tecnologie operano 24 su 24 e i dati vengono raccolti, aggregati e archiviati in grandi centri di elaborazione urbana che possono essere gestiti da aziende private in collaborazione con le autorità. Attraverso dashboard centralizzate, la polizia può vedere in tempo reale la posizione di persone segnalate, ricostruire percorsi a ritroso e ricevere notifiche automatiche quando un individuo entra in una determinata zona o supera un checkpoint digitale.
Nel 2017 la BBC ha realizzato un esperimento diventato uno dei simboli più chiari della potenza della sorveglianza cinese. Il giornalista John Sudworth si è messo alla prova tentando di restare “in incognito” per le strade di una grande città. Le autorità locali hanno accettato la sfida e hanno attivato il sistema di telecamere a riconoscimento facciale per rintracciarlo. La caccia è durata pochissimo. In meno di sette minuti la polizia è riuscita a localizzarlo, identificarlo e intercettarlo in un punto preciso della città.
È un esempio pratico e impressionante di come funziona la rete di sorveglianza in condizioni ordinarie, senza inseguimenti o mezzi speciali.
Le autorità presentano questo sistema come uno strumento per aumentare la sicurezza pubblica. L’obiettivo è rendere più rapida l’individuazione di persone ricercate, identificare situazioni potenzialmente pericolose e intervenire in tempi molto più brevi rispetto ai metodi tradizionali. I sistemi basati sull’intelligenza artificiale sono in grado di riconoscere comportamenti sospetti, segnalare anomalie e supportare le forze dell’ordine in modo capillare.
In molte aree urbane questi strumenti vengono utilizzati per gestire grandi flussi di persone, prevenire furti, aggressioni e atti terroristici. L’ampia rete di sensori e telecamere permette di monitorare stazioni, aeroporti e snodi critici con una precisione che sistemi tradizionali non potrebbero raggiungere. In contesti di emergenza, come incidenti o disastri naturali, la possibilità di localizzare rapidamente persone disperse o di ricostruire movimenti e percorsi può fare la differenza.
Questa infrastruttura solleva però questioni importanti. La presenza costante di telecamere e sistemi di riconoscimento genera un livello di controllo senza precedenti, in cui ogni spostamento può essere tracciato e analizzato. Il confine tra sicurezza pubblica e sorveglianza permanente diventa sottile. Organizzazioni per i diritti civili e ricercatori segnalano il rischio di abusi, in particolare nei confronti di minoranze etniche e gruppi considerati politicamente sensibili. La concentrazione di dati biometrici in giganteschi archivi centralizzati apre anche interrogativi sulla sicurezza informatica. Una violazione di queste banche dati avrebbe conseguenze enormi per la privacy dei cittadini e per la protezione dei dati personali. L’espansione di queste tecnologie procede a ritmi rapidi e coinvolge aziende private che collaborano con le autorità, creando un ecosistema difficile da monitorare dall’esterno.
La rete di sorveglianza cinese rappresenta uno dei più grandi esperimenti tecnologici di controllo sociale mai realizzati. La sua portata offre vantaggi evidenti in termini di sicurezza e gestione urbana, ma apre anche interrogativi profondi sul rapporto tra tecnologia, libertà individuale e potere dello Stato.





