di Carmen Di Lauro (M5S) – Pochi giorni fa il neo ministro alla transizione ecologica Roberto Cingolani si è espresso sugli allevamenti intensivi. Un argomento ancora poco trattato in Italia, che incontra spesso forti resistenze.
Ma cosa ha detto il Ministro? Queste le sue parole: “Sappiamo che chi mangia troppa carne subisce degli impatti sulla salute, allora si dovrebbe diminuire la quantità di proteine animali sostituendole con quelle vegetali. D’altro canto la proteina animale richiede 6 volte l’acqua della proteina vegetale, a parità di quantità, mentre gli allevamenti intensivi producono il 20% della CO2 prodotta a livello globale. Modificando la nostra dieta, avremo un co-beneficio: miglioreremmo la salute pubblica, riducendo al tempo stesso l’uso di acqua e la produzione di CO2″.
Si tratta di argomentazioni assolutamente veritiere scientificamente supportate.
L’INQUINAMENTO PRODOTTO DAGLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
Una ricerca condotta da ISPRA in collaborazione con l’unità investigativa di Greenpeace ha evidenziato come, solo in Italia, gli allevamenti intensivi siano responsabili del 75% dell’ammoniaca immessa nell’ambiente, andando ad aggravare pesantemente la presenza di particolato nell’aria. A tal proposito ricordiamo che solo qualche mese fa il nostro Paese è stato condannato dall’unione Europea per aver superato sistematicamente, dal 2008 al 2017, i valori limite di particelle inquinanti nell’aria.
Per quanto riguarda quindi il particolato secondario (il pm 2.5 derivante dall’ ammoniaca prodotta dalle deiezioni degli animali) forse non tutti sanno che, dati alla mano, il comparto zootecnico inquina più di auto, moto e industria. Secondo lo studio di “speciazione” del particolato condotto da Ispra nel bacino padano, la zootecnia produce il 19% del particolato. Questo pone la pianura padana, purtroppo, tra le zone più inquinate a livello europeo.
L’ENORME CONSUMO D’ACQUA
Oltre al fattore inquinante, abbiamo numerosi altri profili critici, proprio come argomentato dal ministro Cingolani. Uno di questi riguarda l’impronta idrica, ovvero l’acqua impiegata nella produzione di carne. Volendo fare un esempio, potremmo affermare che per produrre un hamburger occorrono circa 3.000 litri di acqua: come due mesi di docce (fonte waterfootprint).
UN RISCHIO PER LA SALUTE
Altro tema toccato dal ministro riguarda il profilo sanitario: l’OMS ha più volte ribadito i pericoli derivanti da un elevato consumo di carni e insaccati. Attualmente si stima un consumo di circa 80 kg di carne all’anno per persona: un numero assolutamente spropositato se pensiamo che il corpo umano potrebbe consumarne un quarto e stare ugualmente bene, anzi, meglio.
L’invito quindi a consumare meno proteine animali è giusto, doveroso, da divulgare e diffondere il più possibile.
Il Movimento 5 Stelle è sempre stato contrario agli allevamenti intensivi sia per quanto riguarda i danni prodotti, di cui abbiamo appena parlato, sia per il tutt’altro che rispettato (come dimostrano numerose inchieste) benessere animale; a proposito di quest’ultimo, ricordiamo che il trattato di Lisbona, all’articolo 13, definisce gli animali quali “esseri senzienti” il cui benessere, all’interno dell’UE, deve essere tutelato attraverso una legislazione adeguata ma soprattutto efficace.
Il programma del Movimento 5 stelle prevede una revisione della gestione del sistema degli allevamenti in Italia, al fine di risolverne le numerose criticità. Esattamente come tante altre attività umane impattanti che devono essere, come è ormai evidente, ripensate. Anche a tutela dei numerosi imprenditori e lavoratori del settore.
Le domande che ora dobbiamo porci riguardano soprattutto noi stessi: quanto siamo disposti ad abbandonare alcune abitudini del nostro stile di vita pur di preservare l’ambiente in cui viviamo e la nostra salute? Quanto siamo disposti a metterci in gioco e ad essere protagonisti del nostro destino?
Pensiamo ancora di avere scelta?