A 17 anni, in Francia, una ragazza su due abbandona lo studio della matematica, contro solo uno studente maschio su quattro. In “Matheuses – Les filles, avenir des mathématiques” (éd. CNRS, 2024), Clémence Perronnet, Claire Marc e Olga Paris-Romaskevitch analizzano le radici profonde di questa disparità e propongono piste di trasformazione. Un ragionamento che si presta anche al contesto italiano, dove i dati mostrano un quadro altrettanto critico.
Le ricercatrici spiegano che i percorsi matematici iniziano fin dalla primissima infanzia, sotto la forte influenza della socializzazione familiare. Se una famiglia ha genitori con formazione scientifica, in particolare se la madre è inserita nel mondo scientifico, è più probabile che la bambina riceva stimoli, incoraggiamenti e strumenti per coltivare l’interesse verso la matematica. Questa trasmissione non è genetica: interesse, curiosità e abilità sono plasmati dall’ambiente e dall’allenamento costante. La competenza in matematica nasce dalla pratica quotidiana e dall’investimento costante, che poi vengono percepiti come intelligenza o talento. Tuttavia, questo riconoscimento è molto meno spontaneo nei confronti delle donne.
I discorsi pseudoscientifici che sostengono differenze innate nell’intelligenza tra maschi e femmine, insieme a pratiche valutative scolastiche spesso discriminatorie, tendono a favorire i ragazzi. Le ragazze, anche con risultati equivalenti, incontrano maggiore diffidenza e un credito ridotto. Questo filtro invisibile penalizza chi decide di investire nella matematica e contribuisce alla sottorappresentazione femminile in discipline come matematica, fisica e informatica. Al contrario, le donne sono sovrarappresentate in ambiti come biologia o medicina, dove persiste la narrazione che associa il prendersi cura a una presunta qualità femminile.
Il caso dell’informatica mostra chiaramente come un campo possa cambiare genere nel tempo. Negli esordi era un ambito con una forte presenza femminile. Quando ha assunto rilevanza economica e politica, è diventato progressivamente maschile. Oggi, sia nella scuola che nel mondo del lavoro, le ragazze si scontrano con atteggiamenti sessisti e con l’idea che non siano “tagliate” per il digitale, mentre la loro esclusione viene giustificata come una mancanza di predisposizione naturale.
La mancanza di fiducia è il risultato dell’esperienza scolastica e sociale. I segnali ricevuti, che gli sforzi non bastano e che la matematica “non è per loro”, alimentano il disinvestimento. La scelta della matematica diventa un atto di trasgressione delle norme di genere, sostenibile solo dalle ragazze più privilegiate. Le adolescenti provenienti da famiglie operaie o appartenenti a minoranze razziali subiscono discriminazioni multiple, sessiste, razziali e classiste, che rafforzano l’idea di esclusione. La matematica, pur proclamando un’universalità neutra, resta tra le scienze più elitarie, perché richiede condizioni materiali privilegiate che non tutti possono permettersi.
Le autrici riconoscono l’importanza di iniziative come tirocini o laboratori riservati alle ragazze, che possono offrire uno spazio protetto e consentire di dedicarsi alla matematica senza pressioni sessiste. Tuttavia, se non tengono conto delle altre disuguaglianze, sociali, economiche e razziali, rischiano di avvantaggiare soprattutto le ragazze delle classi più privilegiate. Il passo decisivo resta ripensare la matematica nella sua storia e nel suo funzionamento, superando il mito del talento eccezionale e ogni teoria che naturalizzi le differenze di genere.
In Italia i dati confermano la gravità del divario. Nell’indagine OCSE-PISA il nostro Paese registra il divario più ampio d’Europa: circa 21 punti tra studenti e studentesse in matematica, più del doppio della media OCSE. Nelle prove INVALSI le ragazze ottengono punteggi più bassi già dalla scuola primaria, con un divario che cresce negli anni. In alcune province meridionali oltre il 60% delle studentesse non raggiunge i livelli minimi di competenza numerica. All’università le immatricolazioni femminili in generale sono in aumento (+12% negli ultimi 5 anni), ma nelle discipline STEM e soprattutto nelle carriere accademiche i numeri restano bassi: tra i professori ordinari, per ogni 100 uomini ci sono appena 37 donne.
Il quadro italiano mostra con chiarezza come stereotipi, discriminazioni e condizioni materiali incidano in maniera decisiva sul percorso delle ragazze nella matematica. Secondo le ricercatrici francesi, la matematica non è un talento innato né una dote naturale, è un campo di conoscenza che si acquisisce con allenamento, dedizione e possibilità concrete di accesso. Ripensare il suo funzionamento è indispensabile per realizzare davvero l’ambizione di una scienza universale, capace di includere tutti e tutte.





