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Passaparola: Rischio amianto in 100mila km di tubazioni dell’acqua potabile, di Vito Titore

beppegrillo.it - Febbraio 16, 2015

I danni d’amianto sono danni di natura sistemica primo perché gli apparati degli organi di bersaglio sono numerosissimi anche la frequenza varia in relazione alla via di ingestione, ma soprattutto da numerosi decenni la Comunità scientifica mette in luce anche un impatto sistemico, un impatto negativo dell’amianto sul sistema immunitario. Vito Totire, Presidente Associazione Esposti Amianto e Rischi per la Salute

“C’è un rischio in Italia, in Europa e su tutto in pianeta che viene fortemente sottovalutato ed è il rischio di inquinamento da amianto proveniente dalle tubazioni per la distribuzione dell’acqua potabile. In Italia, l’entità del problema dovrebbe corrispondere a circa 100 mila chilometri di tubazioni, secondo una stima del 2013 dell’Arpa Lazio, uno dei problemi fondamentali è che si è spesso discusso del nesso tra rischio di dispersione e rischio di tumori per l’apparato gastroenterico.

La situazione in Emilia Romagna
Inquadriamo meglio il problema: per esempio nell’area di Bologna e hinterland vi è la presenza di 1650 chilometri di tubazioni in cemento-amianto. Questa presenza comporta un rischio di ingestione e di inalazione. Un rischio duplice legato a fenomeni di usura di queste tubazioni dovute dalle escursioni termiche dai fenomeni sismici, non a caso è molto facile ipotizzare e affermare che la situazione peggiore in Emilia Romagna negli ultimi tempi è stata quella monitorata a Carpi: 160 mila fibre di amianto per litro d’acqua, ma queste 160 mila fibre sono state monitorate con un metodo di analisi che sottostima fortemente la presenza dell’amianto. L’unica volta che in Emilia Romagna è stato utilizzato il metodo conosciuto negli Stati Uniti, quindi con un microscopio elettronico a trasmissione. Il monitoraggio fatto nelle acque potabili di Ravenna nel 1995 ha misurato fino a 2,5 milioni di fibre per litro d’acqua. Tutti gli altri campionamenti, da Piacenza a Rimini, come il 99% dei campionamenti fatti in Italia sono stati fatti in microscopia elettronica a scansione, alcuni addirittura in microscopia ottica. La scala sostanziale di trasformazione del dato dall’ottico alla scansione è di 30/100/100 mila alla trasmissione. Quindi i dati di Carpi, riletti sulla base del metodo statunitense che prevede l’utilizzo della microscopia elettronica a trasmissione e anche un’azione di scuotimento forte del campione prima dell’analisi. Lascio quindi immaginare cosa arriveremmo a misurare a Carpi con la microscopia elettronica a trasmissione metodo di riferimento di molti gestori e ahimè anche pubblici. Questo è assolutamente falso perché si confrontano metodi analitici assolutamente diversi l’uno dall’altro. C’è un’evidenza in tutta Italia che riguarda i lavoratori del cemento-amianto. Qui abbiamo numerosi casi, alcuni censiti, altri sfuggiti al censimento di mesoteliomi in lavoratori che hanno segato le tubazioni e quindi con un’esposizione abbastanza alta. Per quanto riguarda l’impatto sulla popolazione dobbiamo focalizzare il problema su quel 50% circa di donne ammalate di mesotelioma in Emilia Romagna e in Toscana. Dato emerso da quasi tutti i registri regionali per il quale gli osservatori concludono dicendo che l’esposizione è sconosciuta. Non è sconosciuta, è difficile ricostruirla, ma non è un caso.

L’impatto sulla popolazione: le neoplasie
Altri ricercatori hanno già focalizzato questo problema che il numero di mesoteliomi nei quali non si riesce a ricostruire le esposizioni riguardano le donne, perché trascorrono più tempo in casa e sono più esposte all’inquinamento sia per ingestione, sia per l’inquinamento indoor. La Comunità scientifica è assolutamente convinta che ci sia un impatto cancerogeno negativo anche sull’apparato gastro-enterico, c’è qualcuno che ancora, secondo me, poco autonomo continua a sollevare dubbi, ma ripetiamo: l’inquinamento non è soltanto per via ingestiva, ma anche per via inalatoria. Qui devo sottolineare che a Bologna, ma anche in quasi tutta Italia, l’amianto prevalentemente utilizzato è l’amianto bianco crisotilo, cancerogeno come pure cancerogeni sono gli Anfiboli, però è stata dimostrata purtroppo la presenza anche di anfiboli, vale a dire amosite e crocidolite che sono cancerogeni come il crisotilo, però più aggressivi. La conclusione è molto chiara, noi abbiamo sempre rintuzzato l’ipotesi che si abbia a che fare con il principio di precauzione, no, noi diciamo che qui siamo andati mille miglia oltre il principio di precauzione, siamo all’evidenza assoluta dell’impatto cancerogeno dell’amianto nelle tubazioni sulla popolazione, perché i soggetti esposti assorbono questo amianto sia per via inalatoria che per via gastro-enterica. Si pone il problema dell’assoluta urgenza di unabonifica radicale, detto anche dalle commissioni tecniche incaricate dal Congresso degli Stati Uniti, erroneamente si attribuisce agli Stati Uniti un atteggiamento di tolleranza che non esiste, perché il Congresso degli Stati Uniti ha deciso che le tubazioni vanno bonificate e città statunitensi come Cleveland hanno già avviato del 1984 un progetto locale di bonifica integrale.

Bonifica radicale
L’esigenza che noi abbiamo è di un intervento di bonifica radicale urgente, ma diremo la stessa cosa per qualunque altro cancerogeno al fine dell’esclusione totale delle sostanze cancerogene dal ciclo produttivo al ciclo alimentare, sostanze che danneggiano il Dna. Queste sono sostanze per le quali non si può assolutamente ipotizzare l’esistenza di una soglia di sicurezza, poi qualcuno può ipotizzare che le vittime saranno poche, ma questa osservazione non merita nessun commento perché il diritto alla salute non è un diritto della maggioranza, il diritto alla salute è un diritto di tutti! Anzi in particolare dei più vulnerabili, il Ministro della Salute in Italia di cosa si sta occupando? Passate parola!” Vito Totire, Presidente Associazione Esposti Amianto e Rischi per la Salute

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