di Dario Tamburrano – L’Italia non é salita sul treno che conduce al futuro. Non é fra i 21 Stati UE (più la Norvegia) che hanno firmato la Dichiarazione sull’Istituzione di un Partenariato Europeo per la blockchain, la tecnologia definita anche “la rete internet di domani”. Ha firmato perfino la Gran Bretagna, nonostante il Brexit: ma non il Governo italiano.
Per “blockchain” si intende un tipo di piattaforma digitale che immagazzina e verifica la storia di tutte le transazioni avvenute tra utenti all’interno di una rete. Si tratta di un tipo particolare di tecnologia “a registro distribuito” o “a registro condiviso”: in inglese “distributed ledger technology”, DLT. Questo registro, pubblico, verifica e cataloga un elevato volume di transazioni in modo sicuro, automaticamente e senza bisogno di un intermediario per certificare l’autenticità.
La blockchain é una rivoluzione paragonabile all’invenzione del registro “a partita doppia” tuttora in uso nelle aziende e nelle banche che, a fine Quattrocento, ha permesso ai mercanti ed ai banchieri italiani di far circolare rapidamente il denaro e ha posto così le basi dell’economia come oggi la conosciamo. Più o meno con queste parole, pochi giorni fa, la MIT Technology Review (la rivista del prestigioso Massachusetts Institute of Technology) ha descritto l’importanza di questa tecnologia.
Ora vediamo solo l’alba delle numerose applicazioni della blockchain e non possiamo immaginarne gli sviluppi, esattamente come all’alba di internet nessuno poteva immaginare Google o Facebook. Ogni giorno ci sono novità; fra i più recenti, l’uso della blockchain per certificare i passaggi relativi alla produzione del cibo.
La Dichiarazione sulla blockchain cui l’Italia non ha aderito prevede che i 22 Stati firmatari, insieme alla Commissione Europea, mettano a punto un quadro omogeneo per la governance dell’applicazione della blockchain ai servizi pubblici che guadagnerebbero valore aggiunto grazie a questa tecnologia.
Il Governo italiano latita, ma al Parlamento Europeo il M5S lavora sodo da tempo su questi temi. Già lo scorso anno abbiamo proposto un progetto pilota, che è stato approvato e finanziato nel bilancio UE 2018, per l’impiego della tecnologia blockchain negli scambi di energia fra prosumer, saltando l’intermediazione di operatori elettrici e finanziari e i costi che ne derivano per i cittadini. Abbiamo inoltre anche ottenuto l’approvazione dell’assemblea plenaria alla possibilità di ricorrere alle distributed ledger techologies per gli scambi di energia attraverso il virtual net metering.
Nella commissione parlamentare ITRE (energia, industria, ricerca) ora sono all’ordine del giorno le azioni necessarie per porre la UE in una posizione competitiva rispetto allo sviluppo delle tecnologie a DLT (a registro distribuito) come la blockchain.
A questo link potete trovare la bozza di risoluzione redatta dalla greca Eva Kaili e qui gli emendamenti che noi abbiamo presentato: attenzione al consumo di energia, un problema particolarmente grave quando la blockchain é appicata al bitcoin; massima attenzione ai sistemi di open innovation che grazie alla blockchain potrebbero guadagnare migliore trasparenza; fare il modo che si dispieghi il valore sociale delle tecnologie a registro distribuito.