“Bisogna assomigliare alle parole che si dicono.” Stefano Benni
di Beppe Grillo – Parole gridate, sussurrate, non dette, parole rimangiate, false, non comprese; parole che incantano, ispirano, offendono; parole di pace, parole guerriere.
Vivo di parole, sono il mio mezzo, l’espressione essenziale dei miei pensieri.
Le parole suggeriscono nuovi scenari, mi rincorrono e le rincorro, nelle mie notti insonni. Con le parole ho costruito visioni, idee, sogni; hanno risuonato nei teatri, tra la gente, nelle piazze. Sono state molte volte fraintese, strumentalizzate, messe al bando perchè volgari. Vaffanculo!
Le parole hanno un effetto pazzesco, sono l’arma più potente che possediamo. Mark Twain scriveva: “Una parola efficace è un agente straordinario. Ogni volta che si trova una di quelle parole intensamente giuste…l’effetto è tanto fisico che spirituale, ed elettricamente immediato!”
Le parole che utilizziamo definiscono ciò che siamo.
Molti si servono della violenza perchè non hanno lessico. Quando ero ragazzo nel mio quartiere alcuni si prendevano a pugni perchè gli mancavano le parole, non le trovavano. Totò u curtu ripeteva sempre: la minghia, della minghia, della straminghia! E poi cercava di strozzarti perchè non trovava le parole!!
Ma quanto parliamo? Ognuno di noi pronuncia circa tra le 7000 e le 10.000 parole ogni giorno.
Davvero ogni parola che pronunciamo ha reale valore? Molte persone parlano più del dovuto, altre non parlano proprio.
Le donne parlano quasi tre volte più degli uomini: una donna raggiunge anche le 20.000 parole in un giorno, che è di circa 13.000 in più rispetto all’ uomo medio. Comunemente infatti gli uomini si lamentano del fatto che le donne parlino troppo. A quanto pare c’è una spiegazione biologica per cui le donne sono più loquaci. Gli scienziati hanno scoperto che le donne possiedono più alti livelli di una “proteina del linguaggio” nel loro cervello.
Nuovi studi condotti dai ricercatori della Scuola di Medicina dell’ Università del Maryland e pubblicati su The Journal of Neuroscience mostrano che un gene chiamato FOXP2 sembra essere essenziale per la produzione verbale. Al fine di testare questa proteina, il team, guidato da J. Michael Bowers e Margaret McCarthy, studiò i cuccioli di ratto giovani. Questi animali emettono grida nella gamma di ultrasuoni quando sono separati dalle loro madri. La squadra ha registrato per cinque minuti le grida di ratti maschi e femmine che erano stati separati dalle loro madri. Hanno scoperto che i cuccioli femmina avevano fino al doppio della proteina FOXP2 nelle regioni del cervello conosciute per essere coinvolti nella vocalizzazione.
Successivamente, i ricercatori hanno voluto testare i loro risultati sugli esseri umani. Hanno condotto un piccolo studio sui bambini di età compresa tra i quattro e i cinque anni morti in incidenti avvenuti da meno di 24 ore. Poi hanno analizzato la quantità di proteine FOXP2 nel cervello di questi bambini. Alla fine, i ricercatori hanno trovato il 30% in più di proteine FOXP2 nel cervello delle femmine. La ricerca mostra che la proteina FOXP2 è una molecola fondamentale per la comunicazione nei mammiferi. Infatti, potrebbe permettere ai ricercatori di comprendere meglio altre specie che possono o meno possedere la proteina, come i Neanderthals. Con questo nuovo legame biologico, gli scienziati potrebbero potenzialmente risalire all’ origine evolutiva del discorso.
Un’altra affascinante ricerca è quella condotta dall’ Università di Berkeley. Alcuni neuroscienziati, coordinati dal professor Jack Gallant, hanno creato attraverso l’imaging cerebrale un “Atlante cerebrale” che mostra come le parole sono organizzate nelle diverse regioni del nostro cervello.
Nel video, si può vedere che il cervello non solo raggruppa parole specifiche a seconda del loro significato ma anche che il cervello raggruppa categorie molto più ampie. Così le parole rappresentate in verde sono per lo più visive e tattili, mentre le parole rosse sono per lo più sociali.
Il team è riuscito a creare questa incredibile risorsa registrando l’ attività cerebrale di sette volontari (cinque uomini, due donne) mentre ascoltavano le storie di uno spettacolo radiofonico americano chiamato The Moth Radio Hour. Una volta effettuate le scansioni, i ricercatori hanno riprodotto le trascrizioni e hanno notato che la corteccia cerebrale si accendeva quando ogni parola veniva pronunciata. Nel corso delle due ore di radio, ogni partecipante ha finito per ascoltare in totale circa 25.000 parole.
Ciò che ha colpito è che mentre ogni atlante cerebrale era unico, tutti erano notevolmente simili in termini di dove i loro cervelli raggruppavano certe parole.
“Ad esempio, sul lato sinistro del cervello, sopra l’ orecchio, si trova una delle regioni minuscole che rappresenta la parola “vittima”, dice Jack Gallant . La stessa regione risponde a “uccisi”,”condannati”,”assassinati” e “confessati”. Sul lato destro del cervello, vicino alla parte superiore della testa, si trova uno dei punti cerebrali attivati dai termini familiari: “moglie”,”marito”,”figli”,”genitori”. È interessante notare che certe parole “forti” hanno fatto sì che il cervello rispondesse più fortemente di altre. “L’ idea dell’ omicidio è molto rappresentata nel cervello”.
I ricercatori continueranno a perfezionare il loro “Atlante cerebrale”, e presto potremmo vederlo utilizzato in modi incredibili. Un uso potenziale potrebbe essere quello di realizzare un decoder linguistico per le persone che non parlano permettendo loro di farlo attraverso un computer. Sarebbe davvero fantastico, è questa la tecnologia che amo.
Le parole possono aiutare a cambiare il mondo. Sceglietele con cura e vedrete i risultati.