La frontiera tra biologia e tecnologia si sta assottigliando. Nei laboratori di ricerca si sperimentano nuove forme di calcolo che utilizzano reti di neuroni umani coltivati in laboratorio. Questi sistemi ibridi uniscono la plasticità biologica alla precisione elettronica e stanno dando vita a una nuova generazione di dispositivi sperimentali che potrebbero rivoluzionare il modo in cui pensiamo all’informatica.
In diversi paesi esistono aziende che stanno sviluppando interfacce tra cellule cerebrali e circuiti elettronici. La startup australiana Cortical Labs ha realizzato un dispositivo chiamato CL1 che combina circa 800.000 neuroni umani con componenti su silicio. Le cellule vengono mantenute in vita tramite sistemi automatizzati che regolano nutrienti e temperatura. Attraverso una rete di elettrodi possono ricevere stimoli elettrici e generare risposte, consentendo alla macchina di apprendere schemi in modo biologico.
In Svizzera, la piattaforma FinalSpark permette a ricercatori di tutto il mondo di condurre esperimenti da remoto su organoidi cerebrali collegati a sistemi di monitoraggio continuo. Le colture vengono mantenute vitali per mesi e reagiscono agli stimoli in tempo reale, creando un ambiente sperimentale completamente nuovo. Queste reti neuronali biologiche consumano pochissima energia rispetto ai processori convenzionali. Un rack di dispositivi CL1 utilizza poche decine di watt, contro i megawatt richiesti dai grandi modelli di intelligenza artificiale. L’efficienza energetica e la capacità dei neuroni di adattarsi autonomamente aprono scenari inediti per il calcolo del futuro.
Le sfide però sono ancora significative. Gli organoidi non sono cervelli completi, non possiedono coscienza né memoria duratura, e la programmazione biologica è un campo sperimentale soggetto a variabilità. A questo si aggiungono questioni etiche rilevanti, legate al consenso dei donatori, alla possibile insorgenza di forme primitive di sensibilità e alla regolamentazione dell’uso commerciale di materiale umano.
La tecnologia è agli inizi ma il cambio di prospettiva è netto. L’integrazione tra neuroni viventi e circuiti elettronici apre la strada a computer ibridi che potrebbero trasformare profondamente il modo in cui costruiamo e usiamo le macchine.





