“Immaginate degli uomini rinchiusi in una caverna con l’ingresso aperto verso la luce… che si trovino qui fin da fanciulli con le gambe e il collo in catene in maniera da star fermi e guardare solo davanti a sé, incapaci di volgere intorno la testa. E che, dietro di loro, arda una luce di fuoco e che tra il fuoco e i prigionieri ci sia un muro, con molti uomini, alcuni che discorrono e altri in silenzio, e attrezzi di ogni genere e statue e figure di viventi. Questi strani prigionieri vedono la realtà di sé e degli altri attraverso le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte. Ogni volta che uno dei passanti sul muro proferisce una parola, essi ritengono che sia un’ombra sul muro a proferire quella parola rimbalzata dall’eco della caverna e che il vero non possa essere altro se non le ombre degli oggetti sul muro“.
Gli uomini descritti da Platone nel “Mito della caverna” credono di possedere solo due dimensioni. Per loro una terza dimensione è impensabile come per noi visualizzare un mondo quadridimensionale. Le ombre proiettate sulla caverna e le informazioni che riceviamo dai giornali, dalle televisioni e dalle radio sono equivalenti. Entrambe distorcono la realtà nel profondo. Infatti, non solo crediamo che il falso sia il vero, ma non sappiamo neppure più chi siamo. Chi controlla i media, controlla la nostra mente e definisce la nostra identità. Siamo schiavi in buona fede ed esibiamo le nostre catene come dimostrazione della nostra libertà.
“Un prigioniero liberato rivolge la faccia verso l’uscita della caverna. I suoi occhi sono abbagliati dalla luce del fuoco, le forme portate dagli uomini sopra il muro gli sembrano meno reali delle ombre. Quando gli sono mostrati gli oggetti e la fonte di luce rimane incredulo e, non sopportando il bagliore del fuoco, preferisce volgersi ancora verso le ombre. Fuori dalla caverna rimane accecato dalla luce del sole senza riuscire a vedere nulla. Con il passare del tempo riesce a sostenere la luce e guardare gli oggetti. Vuole allora tornare nella caverna per liberare i suoi compagni, il problema, però, è proprio quello di convincerli ad essere liberati. Infatti, dovendo riabituare gli occhi all’ombra, dovrebbe passare del tempo prima che il prigioniero liberato possa vedere distintamente nel fondo della caverna; durante questo periodo, egli sarebbe oggetto di riso da parte dei prigionieri, in quanto sarebbe tornato dall’ascesa con “gli occhi rovinati”. Questa sua temporanea inabilità potrebbe spingere gli altri prigionieri ad ucciderlo se tentasse di liberarli e portarli verso la luce, in quanto, non varrebbe la pena di subire il dolore dell’accecamento e la fatica della salita per andare ad ammirare le cose da lui descritte“.
Siamo sia i prigionieri che le guardie di noi stessi. Per uscire dalla caverna bisogna spegnere il fuoco dei media con le sue ombre danzanti, abolire i finanziamenti pubblici diretti e indiretti ai giornali, abolire la legge Gasparri, avere un solo canale pubblico senza pubblicità scollegato dai partiti e finanziato unicamente con il canone, svelare i servi zelanti che spostano gli oggetti (ma quanti sono?). Uscire dalla caverna e accendere il cervello in Rete. Ognuno conta uno e ognuno pensa uno. Chi pensa per te è il tuo vero padrone.
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