di Gianluca Riccio – Il futuro del lavoro potrebbe essere a metà strada tra il “lavoro come ragione di vita” (una prospettiva che oggi non piace più) e “le macchine ci manderanno tutti sotto i ponti”. Potrebbe essere un mondo dove l’intelligenza artificiale rende realtà una settimana lavorativa di soli tre giorni. Un sistema misto, capace di valorizzare sia i benefici dell’automazione che quelli di una “società costruttiva”.
Questa prospettiva apre questioni intriganti sulla natura del lavoro e su come la società potrebbe adattarsi a tali cambiamenti.
Nell’era moderna, l’automazione e l’intelligenza artificiale stanno trasformando rapidamente il paesaggio lavorativo. Queste tecnologie offrono la promessa di una maggiore efficienza e produttività, ma sollevano anche importanti questioni sul futuro del lavoro umano. Le macchine, sempre più sofisticate, stanno iniziando a svolgere compiti che un tempo richiedevano l’intervento umano, spostando così il focus da lavori manuali a quelli che richiedono maggiori abilità cognitive e creative.
Le cose cambiano in fretta: solo pochi mesi fa il tema centrale era quello di una settimana lavorativa di 4 giorni (con esperimenti di successo qua e là). Oggi si affaccia già la possibilità di una settimana lavorativa di tre giorni: non è solo una fantasia utopistica. In realtà, è un’ipotesi concreta che sta guadagnando terreno in molti ambienti lavorativi.
Ne ha parlato di recente anche il tanto vituperato Bill Gates: nel podcast ‘What Now?’ di Trevor Noah (se vi interessa lo trovate qui), Gates ha dipinto un futuro in cui l’AI potrebbe rivoluzionare radicalmente il nostro approccio al lavoro. Tra i vari elementi di questo scenario, anche una settimana lavorativa molto più corta.
Una settimana lavorativa più corta, di soli tre giorni, avrebbe significative implicazioni economiche e sociali. Per le aziende, significa riconsiderare come misurare la produttività e il valore del lavoro umano. Per i lavoratori, si apre la possibilità di bilanciare meglio lavoro e vita privata, dedicando più tempo alla famiglia, agli hobby e al proprio benessere.
Ci sono chiaramente anche preoccupazioni riguardo la sicurezza del lavoro e il reddito, specialmente in settori dove l’automazione potrebbe sostituire completamente i ruoli umani. Questa ragionevole “via di mezzo”, però, ha molta più attuabilità sul medio periodo, e permetterebbe alla società di adattarsi gradualmente.
La tecnologia, l’ho detto, è un fattore chiave in questo cambiamento. L’intelligenza artificiale, in particolare, ha il potenziale di rivoluzionare completamente il modo in cui lavoriamo. Con la sua capacità di apprendere, adattarsi e eseguire compiti sempre più complessi (fino a “superarci” nel 2026), l’AI potrà svolgere lavori ripetitivi o pericolosi, lasciando agli umani compiti che richiedono creatività, empatia e giudizio.
Più efficienza per cibi, prodotti e costruzioni, più gratificazione per noi, che potremmo concentrarci su ciò che troviamo più significativo.
Nonostante i potenziali benefici, ci sono sfide significative da affrontare. Una delle più grandi è garantire che i benefici dell’automazione e dell’intelligenza artificiale siano distribuiti equamente nella società. Automazione e AI hanno già dimostrato di poter aumentare il divario tra chi ha le competenze e chi no. L’intelligenza artificiale (non nascondiamocelo, gli ultimi eventi in OpenAI sono lampanti) è già saldamente nelle mani dei “capitalisti”. Altro che non-profit.
La riduzione della settimana lavorativa a tre giorni avrà impatti sul reddito dei lavoratori, specialmente in settori meno automatizzabili. Per cui i vantaggi sono tantissimi e nuovi, ma gli svantaggi sono gli stessi di sempre: e vanno affrontati prima, o vanificheranno tutto.
Un altro aspetto fondamentale sarà trovare un nuovo equilibrio tra lavoro e tempo libero. E qui alla lunga io vedo solo aspetti positivi: una settimana lavorativa di tre giorni potrebbe offrire alle persone più opportunità per perseguire i loro interessi, imparare nuove abilità e migliorare la loro qualità della vita. Ciò potrebbe anche avere un impatto positivo sulla società nel suo complesso, promuovendo un maggior coinvolgimento nelle attività comunitarie e nelle iniziative di volontariato. E meno carico per i centri di salute mentale.
L’idea di una settimana lavorativa di tre giorni, seppur ancora in fase embrionale, apre un mondo di possibilità. Questa prospettiva ci invita a riflettere sul valore del lavoro, sull’importanza del tempo libero e sul ruolo che la tecnologia può giocare nel migliorare la nostra vita lavorativa e personale.
Potremmo presto trovarci a pianificare non solo il “fine settimana”, ma anche il “mezzo settimana”. Immaginate le possibilità: più tempo per hobby, per la famiglia, o semplicemente per rilassarsi. E chi lo sa, forse in questo futuro non troppo lontano, il lunedì mattina potrebbe trasformarsi dal giorno più temuto della settimana a un simpatico ricordo di un’epoca lavorativa più “pesante”.
In un mondo dove tre giorni di lavoro a settimana potrebbero essere la norma, chi può dire cosa inventeremo con tutto quel tempo libero in più? Forse, proprio in quei giorni “extra” nasceranno le più grandi idee e innovazioni. Dopo tutto, come diceva quel signor architetto, “Less is more”. Si, “meno è più”. Nel futuro del lavoro, questo potrebbe essere il motto che ci guida verso un’era di produttività un po’ più equilibrata e benessere un po’ più diffuso.
L’AUTORE
Gianluca Riccio, classe 1975, è direttore creativo di un’agenzia pubblicitaria, copywriter, giornalista e divulgatore. Fa parte della World Future Society, associazione internazionale di futurologia e di H+, Network dei Transumanisti Italiani. Dal 2006 dirige Futuroprossimo.it, una risorsa italiana sul futuro.