La legge sul precariato va re-intestata al suo legittimo proprietario. Si chiama Roberto Maroni. Per amore di verità la legge sul precariato va chiamata “legge Maroni”, l’allora ministro del lavoro.
Il professor Mauro Gallegati ci dimostra gli effetti del Maroni e ci spiega che in Italia non c’è lavoro. Infatti, quando c’è lavoro il precariato non esiste e non c’è bisogno di alcuna legge.
“Caro Beppe,
vorrei proporre ai lettori del blog alcune riflessioni su cose lette e dette nellultimo mese: da Piazza Maggiore che avrebbe insultato Marco Biagi, alla disoccupazione che non cè, quasi, più, alla flessibilità che crea un lavoro che non cè.
Iniziamo a riconoscere che esiste una netta differenza tra il libro bianco sulloccupazione di Biagi e la legge 30 (che non è la legge di Marco Biagi, ma semmai di Maroni). Il “libro bianco” di Biagi prevedeva infatti di accompagnare le flessibilità a riequilibri sociali ed a una riscrittura del sistema degli ammortizzatori sociali.
In particolare Biagi segnalava 2 punti di ingiustizia sociale: lequità intergenerazionale e le diverse tutele di trattamento tra occupati e disoccupati. Insomma, segnalava il disagio di esser giovani e disoccupati (se poi si è donna che vive al Sud
). Scriveva: la struttura della spesa sociale italiana denota unaccentuata caratterizzazione pensionistica ed una bassa incidenza tanto dei trattamenti di disoccupazione quanto di quelli assistenziali a favore di soggetti in età lavorativa. Come dire: spendiamo troppo poco in ammortizzatori sociali e troppo in pensioni. E ancora: in Italia tra le persone in cerca di lavoro vi è una quota elevata di persone in cerca del primo impiego, non coperte dagli schemi assicurativi contro la disoccupazione, e ciò in quanto il prevalere della tutela dei rapporti in essere ha reso meno pressante lesigenza di fornire un sostegno a fronte del rischio di disoccupazione e, al tempo stesso, producendo una frattura tra occupati e inoccupati, ha contenuto la platea di potenziali beneficiari dei trattamenti di disoccupazione comunque esistenti. Tendiamo a trascurare limportanza dei trattamenti di disoccupazione perché questi servirebbero soprattutto a chi ha perde un posto di lavoro, mentre in Italia il grosso dei disoccupati è gente che un posto di lavoro deve ancora trovarlo o che sta transitando da un lavoro precario ad un altro.
Se qualcuno ha voluto chiamare legge Biagi la legge 30, è lui che sta insultando la memoria di Marco Biagi, non chi si batte contro la precarietà. Lesperienza dei paesi industrializzati dimostra che la flessibilità non crea lavoro (www.bepress.com) e, senza protezioni sociali, genera soltanto precarietà.
Ha funzionato la legge 30? Viene sostenuto spesso che dopo le riforme del mercato del lavoro, loccupazione è aumentata di 2 milioni. Ma le leggi sulla flessibilità han prodotto quello che gli economisti chiamano la diluizione del lavoro: la stessa quantità di lavoro viene divisa tra più lavoratori, comè in fondo ovvio se 2 precari fan lo stesso lavoro di 1 regolare, ma costano molto meno. LISTAT ci dice che il tasso di disoccupazione è dimezzato dal 1997 ad oggi (6.2%). Il problema è che una lettura di quel dato va integrata col dato su scoraggiati e unità di lavoro. Tenendo conto di questi elementi, la disoccupazione veleggia ancora ben sopra il 10%. Sempre lISTAT ci informa che nel primo trimestre 2007, i disoccupati in Italia sono circa 1.600.000: 2 ricercatori dellISFOL, Mandrone e Massarelli (www.lavoce.info), gente abituata a dare numeri meditati, dicono che 1 su 4 dei 3.575.000 precari italiani è non occupato, ovvero che poco meno della metà dei senza lavoro è precaria. Abbiamo bisogno di altri dati per preoccupaci? E allora pensate che quando un precario è disoccupato nessuno gli versa contributi per quella pensione da fame che si ritroverà tra qualche anno e almeno 1 milione di precari negli ultimi 10 anni hanno lavorato con contributi che daranno pensioni sotto la minima. Che il reddito netto annuo di un permanente è in media di 15 mila e di un precario di 10 mila . O ancora: il 12% occupati è atipico (ma tra i giovani la percentuale sale ad oltre il 40%) e questo numero è destinato a salire in quanto ogni anno il rapporto tra nuovi precari e precari che si stabilizzano (diventano cioè lavoratori a tempo indeterminato) è di 2 a 1. Sembra poco, ma siamo già ad oltre 3 volte più degli altri lavoratori, e molti di questi sono laureati).
Lintroduzione del lavoro atipico nelle forme previste dalla legge 30, ha di fatto allargato il ventaglio delle alternative a disposizione dellimprenditore privato nellimpiegare lavoro: è stata ampliata la discrezionalità dellimprenditore nellassumere lavoro mentre nulla cosa si è mosso per tutelare i diritti dei lavoratori? Si possono (devono?) introdurre riforme sociali a garanzia dei precari, ma il vero problema è che da noi non cè lavoro: un paese che si proponeva di introdurre dazi per fronteggiare la concorrenza delle merci cinesi, non comprendendo che linnovazione è il terreno sul quale competere e che continua a non spendere in ricerca, è così miope che il declino che gli si prospetta non è ineluttabile, ma probabilmente meritato. Un abbraccio.” Mauro Gallegati.
Ps: Secondo uno dei principali economisti del secolo scorso, Schumpeter, sul finire dellOttocento, la scuola italiana di economia non era seconda a nessuno nel mondo. 2 tra i maggiori suoi esponenti, Pantaleoni e Pareto, tenevano una fitta corrispondenza: possiamo leggervi: ma secondo te in italia son peggio gli eletti o gli elettori? Risposta: Che domanda? E come chiedere se puzza di più la ca o la mer... Il V-day dice invece che non vogliamo morire né puzzati, né puzzosi!” Mauro Gallegati
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