20 agosto – Caro diario, l’ora X sta per avvicinarsi. Per tutta la vacanza papà ci ha svegliato alle tre di notte per le esercitazioni del Grande Rientro. Dopo aver scoperto che il look militare è di gran moda, ci ha vestito con pezzi della sua vecchia tuta mimetica. Ci siamo abituati a dormire con gli anfibi spalmati di grasso, e le lenzuola sono diventate un po’ scivolose. Ma papà dice che dobbiamo prepararci alla guerra, perché ci sono dei Grandi Vecchi nascosti in grotte col fax, la parabolica e i videogiochi. Sappiamo tutto di loro, la mappa del bunker, il water segreto e anche quante bombe e mitra hanno, e il loro numero di matricola. Ma papà, ho detto io, se conosciamo tutti questi particolari, vuol dire che sappiamo anche chi ha venduto le armi, magari c’è anche una regolare fattura Iva. Allora non era meglio impedire di venderle, piuttosto che contarle adesso? Invece di bombardare, non si fa prima a bloccare qualche fabbrica o mercante internazionale? Papà mi ha guardato male e ha detto che sono un potenziale terrorista. La mamma gli ha detto, caro, non arrabbiarti, è solo un bambino, e lo ha portato in camera da letto. Temo una rappresaglia.
21 agosto – Il rientro è vicino. Lo capisco da come, nell’albergo, tutti fanno finta di niente per non rivelare l’ora della partenza. I nostri vicini di camera hanno addirittura messo sulla porta una scritta “Vendesi auto come nuova”. Invece sappiamo che hanno già caricato le valigie. Papà, per essere pronto, non le ha neanche mai scaricate, ogni notte va di nascosto nel bagagliaio a prenderci le mutande di ricambio. Papà è uno dei più grandi architetti portapacchisti d’Italia. Riesce a innalzare sul tettuccio dell’auto una costruzione che sta a metà tra una pira per roghi e un altare di San Gennaro. Per fissarla usa metri di elastici tirati al massimo, ogni tanto qualcuno gli arriva in faccia come una frustata, il vero portapacchista è sempre pieno di cicatrici. In cima ai tre metri di bagagli ci sono immancabilmente due damigiane d’olio. Gli ho chiesto perché, visto che non le usiamo mai. Papà mi ha risposto che è un’antica tradizione. Poi mi ha preso sottobraccio e mi ha detto che, riguardo al terrorismo, l’arma migliore è bloccare i conti in banca dei ricchi sceicchi. Ma papà, gli ho chiesto, come facciamo a scoprire i giri finanziari di Bin Laden se non siamo riusciti neanche a capire quelli di Previti? Mi son preso uno schiaffone.
22 agosto – Alle due di notte papà ha gridato “sveglia, giù dalle brande” e ho capito che il grande giorno era venuto. Dal risuonare di anfibi lungo le scale, abbiamo dedotto che non eravamo soli. Per il viaggio ci siamo sistemati così: papà e mamma davanti, io e il coccodrillo-salvagente di dietro. Lo portiamo a casa gonfio perché è pieno di salubre aria di mare. Ognuno di noi recava con sé i souvenir della vacanza. La mamma le conchiglie, papà tutti gli asciugamani della pensione, i portacenere e il tavolo da ping-pong. Io i cucchiaini dei gelati. Ho letto che quest’estate ogni italiano ha consumato sedici chili di gelato a testa. Beh, io li ho mangiati in una sola sera, il gelato si chiamava Supercoppa Grangelo Marmolada Titanic e costava come tre aragoste. Era una coppa così grossa che sporgendomi ci sono caduto dentro, ho sentito un gran freddo, un odore dolciastro e la voce di mio padre che diceva “tieni duro ragazzo, adesso ti tiriamo fuori da lì”. Quando ho ripreso i sensi, c’ era Buck che mi leccava la faccia. Buck è un cane da vaniglia, versione marina del cane da valanga, e mi ha salvato la vita. Caro vecchio Buck!
23 agosto – La partenza intelligente è riuscita. All’alba ci siamo trovati in una coda di gente tutta intelligente come noi, dodici geniali chilometri di ingorgo. Ma una volta entrati in autostrada abbiamo fatto prestissimo. Dopo un attimo eravamo già in fila del casello di uscita, nel senso che c’erano cento chilometri di coda fino a casa. Mio papà è subito sceso gridando che la colpa era di quelli che non tengono gli spiccioli pronti. Siamo scesi anche noi, l’autostrada è diventata un party all’aperto, si faceva conversazione da auto a auto. Di fianco a noi un camperista tedesco spiegava a mio padre che le armi più pericolose del terrorismo internazionale sono l’uranio venduto dai russi e l’esplosivo plastico. Papà ha chiesto come faceva a saperlo. Il tedesco ha detto con un certo orgoglio che suo figlio è il rappresentante di vendita per l’Africa e Medio Oriente. Mamma voleva litigarci, papà l’ha zittita. Io ho creato un movimento di bambini disidratati organizzati e ci siamo messi a gridare lo slogan “vogliamo il gelato”. La manifestazione è stata sciolta.
23 agosto sera – Dopo nove ore di coda ci è venuta fame, ma abbiamo scoperto che per un errore di stratificazione la busta delle cibarie era finita in fondo al baule, si sentiva l’odore del provolone e lo scricchiolio delle uova sode, ma non c’era niente da fare. Così abbiamo affrontato la calca di un Autogrill mettendoci coraggiosamente in fila alle casse. Mamma ha sbagliato subito, è finita nella fila dei gabinetti e si è chiusa in una toilette a piangere. Papà è stato eroico, ha sgomitato e lottato ed è uscito trionfante con l’ultima Gazzetta dello Sport. Per la gioia però si era dimenticato di comprare da mangiare. Io ho rubato un pacchetto di brigidini a una bambina, la guerra è guerra. Quando siamo tornati all’auto, il coccodrillo era esploso e un ladro scalatore ci aveva rubato le damigiane d’olio. Eravamo stanchi, ma abbiamo proseguito. Mi sono addormentato sognando che qualcuno cercava di vendermi una scatola con venti missili Giotto a colori. Quando mi sono svegliato ho visto il volto di papà rasserenato: eravamo usciti dall’ingorgo autostradale ed eravamo nel vecchio caro ingorgo di città.
24 agosto – A casa abbiamo trovato qualche cambiamento. Il ficus era morto, secco e bruciato, e c’è stato un palleggiamento di responsabilità tra la portinaia, il nonno e le regioni. Inoltre la mamma aveva lasciato al gatto una scatoletta per ogni giorno, dicendo che con la sua intelligenza avrebbe capito e si sarebbe regolato. Purtroppo si era dimenticata di aprire le scatolette. Il gatto era molto magro e arrabbiato. E così eccomi qua, nel mio comodo lettino. Le vacanze sono finite e tornano i problemi. L’Ulivo è molto preoccupato perché mancano i posti, non i posti di lavoro, i posti letto per i Vip del Festival di Venezia. Ma ho letto con sollievo che l’industria bellica continua ad assumere. Perché al mondo non ci sono soltanto gli eserciti statali, ma anche centinaia di eserciti bunker, ma in ville a Montecarlo. Come fanno certi paesi a parlare di pace mentre le loro industrie di armi sono un supermarket aperto a tutti, come fanno a spedire proclami di indignazione e cataloghi di missili con lo stesso fax? Ma non devo più preoccuparmi per il mio futuro. Ho deciso. Da grande farò il bersaglio.
STEFANO BENNI
27 AGOSTO 1998