La crisi economica di oggi ha 2 aspetti: I) è una crisi finanziaria; II) è una crisi ambientale. La prima verrà, prima o poi, superata. Ci si è indebitati (imprese, famiglie e banche, perfino Stati) troppo. Troppo per una crescita che non c’è stata e non ci sarà più. E questo ci porta al punto II. Non ci sarà perché il modo di sviluppo del capitalismo occidentale è insostenibile. Oggi il 5% della popolazione mondiale sta consumando il 20% delle risorse del pianeta. Se volessimo allargare a tutte le persone del globo il “benessere” che noi abitanti dei paesi occidentali conosciamo, ci vorrebbero altri 4 pianeti come la Terra. (Uso il termine benessere tra virgolette, perché gli economisti ci hanno abituato ad usare PIL e benessere come sinonimi, ma in realtà “il PIL non misura ciò che rende una vita degna d’essere vissuta”, S.Kuznetz, l’ “inventore” del PIL). E’ quindi chiaro che il sentiero che noi abbiamo percorso non sarà percorribile da altri. In un mondo finito come si può pensare di crescere all’infinito? Gli economisti più ortodossi continuano a ripeterci che il progresso tecnologico, permettendo di risparmiare sulle risorse naturali ed aumentando la produttività dell’uomo, ci consentirà di evitare il problema. Purtroppo avremmo bisogno ora e subito di tale tecnologia, mentre la crescita della sola Cina, ci mette in crisi ambientale e di risorse. Occorre quindi che: I) si prenda consapevolezza del problema “crescita vs risorse finite”; II) un singolo modello di sviluppo e di vita (oggi quello concentrato sulla crescita delle merci) viene proposto ed accettato come lunico valido; mentre bisognerebbe invece apprezzare che ogni popolazione cerchi la via meglio corrispondente alla sua storia ai suoi caratteri, alle sue circostanze e non si senta inferiore ad unaltra per il solo fatto che quella produce più merci; III) si acquisti piena consapevolezza che la crescita (del PIL) non è la crescita del benessere; infine, IV) questo nostro tipo di crescita distruggerà il futuro dei nostri figli. Percorso impegnativo: un modo diverso di vivere, altro che aumentare l’IVA al 21% o la tassa di solidarietà sui soliti noti.
Mauro Gallegati
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