Un dì, sio non andrò sempre fuggendo
di gente in gente; mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de tuoi gentili anni caduto (*)
“Ieri è morto Licio Gelli.
Ieri è morto il gran maestro degli insabbiamenti e delle logge segrete, delle tangenti e delle stragi impunite, dei tentati golpe e dei fondi neri.
Ieri è morto il manovratore dell’unità di crisi del sequestro Moro e il depistatore delle indagini sulla strage di Bologna.
Ieri è morto un repubblichino travestito da partigiano senza mai rinnegare il fascismo.
Ieri è morto il re dei criminali dal colletto bianco, il tessitore occulto che infiltrava governi e trattava con la mafia.
Ieri è morto l’amico di Peron, il sodale di Sindona e Andreotti, il luogotenente italiano della Cia.
Ieri è morto un grande mecenate e archivista, lodato in vita dalla prof.ssa Linda Giuva in D’Alema.
Ieri è morto il capo di quella loggia segreta cui aderì, con tessera 1816, il giovane Berlusconi.
Ieri è morto il teorico di quel Piano di Rinascita, puntualmente attuato dai suoi epigoni, fino alle leggi su misura di Berlusconi, fino alla controriforma costituzionale di Renzi. Fino allo svuotamento della democrazia per progressiva erosione dall’interno.
Ieri è morto il custode degli inindagabili segreti di questa Repubblica fondata sul ricatto.
Ieri è morto il teorico della manipolazione dei media, della corruzione dei partiti, dell’esautorazione del parlamento, dell’asservimento della giustizia.
Ieri è morto il visionario di una democrazia senza popolo e senza regole, gestita da pochi e dall’alto.
Ieri è morto un grande impunito, che non ha pagato in vita per i suoi molti torti.
Ieri è morto una figura esemplare, lo spirito guida dell’italiano che sfrutta gli altri e si serve delle istituzioni per mai sazia avidità di denaro e di potere.
Per la solita ipocrisia italiana non gli verranno concessi i funerali di Stato, come in quest’Italia, in gran parte fondata sul suo esempio, meriterebbe.
Se fossero per una volta sinceri, i figlioli Berlusconi e D’Alema e il nipotino Renzi, andrebbero domani al suo funerale con grandi corone e discorsi commossi, per grazia ricevuta. Perché ieri è morto il padre della patria che loro amano e che hanno continuato a saccheggiare. Ma non lo faranno, per discrezione, per non dare nell’occhio, perché certi sentimenti è meglio coltivarli in privato: in fondo nemmeno Gelli – se potesse – andrebbe al suo funerale.
Serenamente nel suo letto, ieri è morto il padre ignobile dell’Italia che abbiamo sempre combattuto.
L’Italia che premia i furbi, i vigliacchi e i disonesti. Ma c’è un’altra Italia, lo sappiamo bene che c’è, e prima o poi prevarrà”.
Piero Ricca
(*) In morte del fratello Giovanni di Ugo Foscolo