di Robert Muggah – Voglio parlarvi di quello che io chiamo “fragilità urbana”. Con questo termine mi riferisco a quelle città in cui sussistono diversi fattori di rischio, che catapultano questi centri in una situazione al limite. Certamente alcune città offrono diversi spunti di riflessione, poiché accanto a queste dinamiche di rischio, ce ne sono altre di forte cambiamento.
Nel 1991, la città di Medellín in Colombia registrò un tasso di omicidi di 381 ogni 100.000, uno dei più alti mai registrati da nessuna parte. Nelle città vicine come Barranquilla, Bogotá e Cali, i livelli di violenza associati al traffico di droga e ai disordini politici erano altrettanto temibili. Interi quartieri erano isolati, anche alla polizia e ai fornitori di servizi pubblici. Gang, paramilitari e guerriglieri sistematicamente bloccavano i servizi urbani. L’insicurezza ha avuto gravi conseguenze economiche, eliminando ogni anno tra il 4 e l’11% del prodotto interno lordo del paese.
Oggi, tuttavia, i livelli di criminalità violenta nelle città colombiane sono precipitati a livelli non visti dagli anni ’70. L’attuale tasso di omicidi di Medellín è di circa 21 su 100.000, molto inferiore a quello di Detroit, Baltimora o New Orleans. Il tasso di omicidi di Bogotá è sceso da 80 per 100.000 nel 1993 a soli 16 di oggi. Persino gli alti tassi di omicidi di Cali e Barranquilla sono scesi ai minimi storici. Questa è una buona notizia, dal momento che queste quattro città rappresentano circa un terzo di tutti gli omicidi nel paese. Il tasso nazionale di omicidi è attualmente di 22 per 100.000, il più basso dal 1974.
Pur trovandosi di fronte a una forte polarizzazione politica e alle difficoltà nell’attuare un accordo di pace duramente conquistato, la Colombia è oggi uno dei migliori attori economici della regione, grazie soprattutto al miglioramento delle sue città. Bogotá, la capitale, è stata valutata da FDI Intelligence come una delle principali destinazioni dell’America Latina per investimenti diretti esteri e una città del futuro. Medellín è stata la vincitrice del World City Prize nel 2016 e la città più innovativa del mondo nel 2013, battendo New York City e Tel Aviv.
La transizione delle città della Colombia dalla fragilità alla resilienza è davvero mozzafiato. Mostra come il fatto di avere città fragili sia un rischio non solo per i loro residenti, ma anche per interi paesi e regioni, specialmente in quelle parti del mondo dove l’urbanizzazione procede a una velocità vertiginosa, come in Africa e in Asia. La maggior parte delle città dei paesi più poveri si sta urbanizzando prima di industrializzarsi, il che può rapidamente sopraffare le loro capacità di fornire servizi. Riferendosi a un gap di circa 75 trilioni di dollari in infrastrutture, la Bank of America Merrill Lynch ha stimato nel 2017 che l’80% delle città del mondo era “fragile”.
Tuttavia misurare la fragilità di una città può essere un affare complicato. Questo perché la fragilità non può essere facilmente ridotta ad un singolo fattore di rischio, come l’omicidio, la mancanza di acqua potabile o l’inquinamento. Piuttosto, la fragilità è la manifestazione di una convergenza di più tensioni. Man mano che questi rischi si accumulano, minano il contratto sociale di una città e in casi estremi possono spingerlo sull’orlo del collasso. Tutte le città sono fragili in misura maggiore o minore, avere sistemi di protezione degli agglomerati urbani più poveri, non cambia la situazione di molto. Il collasso di una società urbana può avvenire a causa di diverse condizioni, anche di ricchezza (in un certo senso). Ovviamente la fragilità non è una condizione permanente, come nel caso della Colombia.
Al fine di misurare empiricamente la fragilità urbana, ho esteso l’obiettivo a undici fattori di rischio, tra cui la velocità di crescita della popolazione, i livelli di disoccupazione, le disparità di reddito, l’accesso ai servizi di base (elettricità), i tassi di omicidi, il terrorismo, gli eventi di conflitto e l’esposizione a pericoli naturali (inclusi cicloni, siccità e inondazioni). La mia ricerca si estende a oltre 2.100 città con popolazioni di almeno 250.000 abitanti per un periodo di 15 anni.
Quando le città crescono velocemente – oltre il 3% all’anno – la fragilità della città è più probabile.
Uno dei driver dominanti della fragilità sembra essere un’urbanizzazione rapida e non regolamentata. Questo perché le città che ospitano baraccopoli, come Karachi e Kinshasa, sono anche più predisposte alla dispersione fisica e alla disorganizzazione sociale. Questi aspetti sono a loro volta correlati con il crimine e la violenza. Al contrario, le città che registrano tassi di crescita della popolazione più bassi tendono ad essere più stabili. In alcune città colombiane, un aumento dell’1% del tasso di crescita della popolazione è associato a un aumento dell’1,5% della criminalità.
Altri fattori di fragilità urbana legati allo svantaggio sociale comprendono disuguaglianza, disoccupazione e povertà. Da Baltimora a Lagos, la violenza criminale tende ad essere più prolifica nelle città con forti disuguaglianze, rispetto a quelle con una distribuzione più equa delle entrate e dei servizi di base.
La privazione reale e relativa del reddito, della proprietà, della fornitura di servizi e dello stato sociale, sono aspetti tutti collegati alla riduzione del capitale sociale e dell’efficacia sociale. In alcuni quartieri degli Stati Uniti il numero di residenti che vivono al di sotto della soglia di povertà supera il 40% della popolazione. In questi quartieri ci sono poche scuole e con prestazioni insufficienti, condizioni abitative e sanitarie inadeguate e tassi di incarcerazione e criminalità molto elevati.
Spesso a questi problemi si aggiungono altri strutturali, come un forte deficit del numero delle forze dell’ordine, incongruenza e lentezza burocratica e della giustizia penale. Tutti fattori che spingono le città sull’orlo del burrone.
Qual è il punto di non ritorno? Dove è tutto perduto?
Quando i residenti perdono la fiducia nei loro ufficiali di polizia, nei pubblici ministeri e nei giudici, quando l’efficacia, la trasparenza e l’onesta di questi uffici è messa in dubbio. Il tarlo del sospetto, del “tanto solo se hai i soldi ce la puoi fare” scatena una serie di reazione a catena.
I cittadini diventano più inclini a rivolgersi a soluzioni private e, in alcuni casi, a farsi giustizia da sè. Laddove la portata delle forze dell’ordine è limitata, o quando la polizia è repressiva, la situazione degenera velocemente.
In città diverse come Dili e Detroit, la percezione di insicurezza ha effetti reali, tra cui le decisioni su se rimanere o migrare. A cascata questo ha un impatto enorme e distruttivo, si hanno effetti negativi a catena, come la fornitura di servizi pubblici, la pulizia delle strade e le misure igienico-sanitarie di base.
Le città soccombono anche alla fragilità quando affrontano shock legati alle condizioni meteorologiche e disastri naturali. A causa dei cambiamenti climatici, le mareggiate, le inondazioni catastrofiche, la siccità e altri eventi meteorologici estremi stanno aumentando di dimensioni e intensità, colpendo residenti e infrastrutture.
L’entità di questi rischi è agghiacciante: una revisione di oltre 1.300 città ha determinato che il 56% di esse sono esposte a gravi disastri ambientali. Ciò è tanto più preoccupante se si considera che oltre i due terzi delle città del mondo sono costiere e 1,5 miliardi di persone vivono in zone costiere basse.
Questo vuol dire che se in queste città dovesse succedere un disastro ambientale, non ci sarebbero i soldi e le possibilità per riportare il tutto alla normalità. Parliamo di una quantità di centri abitati enormi, tutti a rischio. Pensiamo all’Italia.
Quando ci saranno le possibilità per riportare le città colpite dai terremoti alle precedenti condizioni? E quando si metteranno in sicurezza tutti i centri che ne hanno bisogno?
Quando tutti questi fattori vengono combinati e confrontati, i modelli globali sono più facili da rilevare e abbiamo dati allarmanti.
Ad esempio, il 14% delle città del mondo con popolazione di 250.000 abitanti o più rientra nella categoria “molto fragile”, il 66% può essere classificato come “a fragilità media” e il 16% registra punteggi “a bassa fragilità”. Non sorprende che la rapida urbanizzazione delle città africane e asiatiche abbia causato un innalzamento del rischio: circa il 92% di tutte le città africane è molto o mediamente fragile. L’85% nel caso delle città asiatiche.
E dove sono le città più fragili del mondo? Quali sono quelle più in pericolo?
Si scopre che i primi tre si trovano tutti nello stesso paese: Mogadiscio, Kismaayo e Merca in Somalia. Seguono Kabul (Afganistan), Mosul (Iraq), Aden (Yemen), Kirkuk (Iraq), Juba (Sud Sudan), Ibb (Yemen) e Kunduz (Iraq). Anche una serie di città siriane devastate dalla guerra riempie la cima della lista.
Nel frattempo, le città meno fragili sono in gran parte concentrate in Canada, Giappone, Australia, Stati Uniti e Norvegia. Ad esempio, Sarasota, Syracuse e Ann Arbor negli Stati Uniti in cima all’elenco, seguiti da Bournemouth (Regno Unito), Sakai (Giappone), Canberra (Australia) e Oslo (Norvegia).
Invece tutte le 25 maggiori città della Colombia rientrano attualmente nella categoria media, anche se la maggior parte presto registrerà miglioramenti significativi a causa dell’accordo di pace firmato l’anno scorso.
La buona notizia è che la politica sta pian piano aprendo gli occhi sui rischi della fragilità della città. E siamo già in fortissimo ritardo. Vi sono crescenti investimenti non solo nello sviluppo di città più intelligenti, ma anche in quelli più resistenti a molteplici minacce. Come dimostra l’esperienza della Colombia, è necessario investire in soluzioni globali, che sappiamo incidere al livello nazionale. Un buon investimento in una città, ha effetti benefici su tutte le altre. Non è sufficiente semplicemente prepararsi per shock futuri.
Una lezione promettente viene proprio dalla Colombia. Questo paese ha fatto passi incredibili, ha pianificato con intelligenza e a lungo termine, con l’istituzione di piani urbani lungimiranti, strutture decisionali agili e soluzioni inter-sistemiche.
A Medellín, questo è ciò che hanno fatto i leader della città: piuttosto che concentrarsi su un singolo rischio – minacce alla legge e all’ordine – i sindaci hanno adottato approcci intersettoriali, cioè singole azioni che però hanno effetto su più aspetti della vita cittadina.
Quindi qual è il punto?
Superare la fragilità richiede di re-immaginare il paesaggio urbano e tenere conto di tutti questi rischi, non solo di uno solo. Si deve pensare che il mondo cambia a ritmi incredibili. Un anno è preistoria. Non è possibile demandare tutto alla legislatura successiva. I danni potrebbero essere irreversibili.
L’AUTORE
Robert Muggah è uno specialista in sicurezza e sviluppo. È uno dei fondatori dell’Istituto Igarapé, dove coordina le aree di ricerca e sviluppo tecnologico. È anche coordinatore della ricerca della SecDev Foundation, dedicata alla sicurezza di Internet. È inoltre affiliato con l’Università di Oxford e l’Università di San Diego e il Centro per il conflitto, lo sviluppo e la pace presso l’Istituto universitario di studi internazionali e sviluppo in Svizzera. Il suo lavoro è stato pubblicato su veicoli come Atlantic, BBC, CNN, Der Spiegel, Fast Company, The Financial Times, The Guardian, The New York Times. https://igarape.org.br/en/