
Per l’ottavo anno consecutivo, la Finlandia si conferma al primo posto nel World Happiness Report, seguita da Danimarca, Islanda e Svezia. Nonostante lunghi inverni e una tassazione elevata, i paesi nordici continuano a dominare la classifica della felicità, mentre l’Italia si colloca in una posizione più arretrata. Ma quali fattori rendono questi paesi così soddisfatti della loro vita?
Il World Happiness Report misura la soddisfazione di vita attraverso un sondaggio Gallup, chiedendo ai cittadini di valutare la propria esistenza su una scala da 1 a 10. I finlandesi, pur non essendo noti per l’espressione della gioia in modo evidente, registrano un punteggio medio di 7,7, ben al di sopra della media globale di 5,6. In fondo alla classifica, l’Afghanistan, devastato da anni di conflitti, ottiene appena 1,4. Ma la felicità non dipende solo dal reddito. Studi dimostrano che il benessere soggettivo è influenzato da fattori come la stabilità sociale, il supporto istituzionale e la qualità delle relazioni umane. I paesi nordici vantano livelli elevati di fiducia nelle istituzioni, un forte welfare e politiche di equilibrio tra vita e lavoro.
L’Italia si colloca al 40º posto nella classifica della felicità, riflettendo una società che affronta diverse difficoltà. Secondo il report Gallup, solo l’8% dei lavoratori italiani si sente realmente coinvolto nel proprio lavoro, un dato inferiore alla media europea del 13% e distante dai livelli di paesi più produttivi e soddisfatti. Questo basso engagement lavorativo contribuisce ad aumentare lo stress e la frustrazione.
A livello europeo, emergono forti differenze: mentre i paesi scandinavi dominano le prime posizioni, nazioni come Italia e Grecia mostrano un livello di ottimismo inferiore. Uno studio di Eurofound rivela che solo il 20% degli italiani e dei greci si dichiara fiducioso nel futuro, un dato ben inferiore alla media europea.
Un aspetto interessante emerso dal report è l’importanza della socialità nella percezione del benessere. I paesi dell’America Latina riportano livelli di felicità superiori a quelli previsti dal loro reddito, probabilmente grazie a un forte senso di comunità e alla cultura della condivisione dei pasti. In media, le persone in America Latina consumano nove pasti a settimana in compagnia di amici o familiari, un numero molto più alto rispetto all’Asia meridionale e agli Stati Uniti, dove la tendenza a mangiare da soli è in aumento.
L’Italia tradizionalmente condivide questa cultura del cibo come momento sociale, ma negli ultimi anni le abitudini stanno cambiando, con un aumento della solitudine e una riduzione del tempo trascorso in compagnia. Questo potrebbe essere un fattore che incide sulla percezione della felicità.
Dai dati emerge che la felicità non dipende esclusivamente dalla ricchezza economica, ma anche dalla stabilità sociale, dalla fiducia nelle istituzioni e dalla qualità delle relazioni interpersonali. Se da un lato i paesi nordici dimostrano che un sistema ben organizzato e inclusivo favorisce una maggiore soddisfazione di vita, dall’altro i paesi latinoamericani evidenziano l’importanza della comunità e della socialità per il benessere.
Per migliorare la qualità della vita in Italia e in Europa, potrebbe essere utile investire su politiche di conciliazione tra vita e lavoro, promuovere il benessere lavorativo e incentivare occasioni di socialità. In un mondo sempre più individualista, riscoprire il valore delle connessioni umane potrebbe essere la chiave per un futuro più felice.
Un ulteriore elemento che potrebbe contribuire alla soddisfazione di vita è l’introduzione di un reddito universale di base. Da anni sosteniamo che un reddito di base incondizionato potrebbe rappresentare una soluzione concreta per garantire maggiore sicurezza economica e libertà alle persone. Alcuni esperimenti condotti in Finlandia e in altri paesi hanno dimostrato che garantire un reddito minimo, indipendentemente dall’occupazione, riduce l’ansia economica, aumenta la sicurezza finanziaria e migliora il benessere mentale.
Il reddito universale potrebbe favorire una società più equa, riducendo lo stress legato alla precarietà lavorativa e consentendo alle persone di investire in attività che migliorano la loro qualità di vita, come la formazione, il volontariato e il tempo libero. Potrebbe essere una strada da esplorare per un futuro più sereno e soddisfacente per tutti, e continueremo a portare avanti questa battaglia con la consapevolezza che il benessere collettivo non può prescindere da una base economica stabile per ogni individuo.