di Beppe Grillo – Qualche giorno fa ero in ospedale per una visita di routine. Mi sono fatto rapire da una scena che accade di continuo: un uomo di circa 70 anni con le tipiche caratteristiche desolanti del “paziente che non ne esce più”. Era in barella, al suo seguito una specie di tata svogliata e grassa che quasi non parla italiano, nessun altro.
Mi ha colpito ed affondato la sua espressione: “… ci siamo…”. Sembrava una versione lenta dell’arrivo alla cima dell’8 volante che sta per andare giù… ma per sempre. Un riassunto agghiacciante, i suoi occhi erano tanto increduli quanto spaventati e soli.
E’ passato attraverso la scia meteorica di tanti medici e infermieri, tutti più o meno giovani, e comunemente intenti ad ignorare quello sguardo. Una cosa privata e triste, un intimo precipizio, la nuova casa per quel che mi resta. Non lo so cosa devo pensare, ma non ho la favella di buona lega davanti a quel finale.
Non capisco e non capirò mai come possa venire in mente di metterci a dettar legge al mistero triste e fabbricare impicci e cavilli vari per ostacolare quelle pochissime scelte che restano alla fine.
Non ficcate il naso nelle cose degli altri sino a questo punto, non siate estremi anche nella bacchettoneria. Correte a sorridere a queste persone, fatele ridere, provateci perlomeno, create qualcosa per loro, inventatevi un nido per quella solitudine. La fine, la solitudine e l’abbandono nella sofferenza: o fate qualcosa oppure fatevi soltanto gli affari vostri!
Non andate a confrontarvi i vestiti buoni per partecipare a tiritere sull’etica e discussioni profonde sullo strazio. Lasciate perdere comitati di discussione, so che è difficile, ma basta lasciare che ve ne freghiate come ve ne freghereste di quell’uomo.
Proviamo a chiamarlo di nuovo “Signore” e lasciamogli scegliere quello che ritiene il meglio per sé.