di Saverio Pipitone – Cibi e bevande, presenti ogni giorno sulle nostre tavole, dalla prima colazione alla cena, potrebbero essere contaminati da residui di mix di pesticidi, in particolare dall’erbicida più utilizzato al mondo: il glifosato.
La giornata inizia in compagnia del glifosato, con gli alimenti per la prima colazione, assorbendone residui dalle fette biscottate integrali della Gentilini o dai corn flakes della Kellogg’s (test de «il Salvagente» di maggio 2016). Quest’ultimo prodotto è a base di mais, su cui, solo negli Stati Uniti, sono annualmente irrorati oltre 30 milioni di kg dell’erbicida. Sempre negli USA, è stata avviata nel 2016 una class action di consumatori contro la Quaker del gruppo Pepsi con l’accusa di reclamizzare i fiocchi di avena per la colazione come al 100% naturali ingannando, perché contaminati da glifosato.
Con il caffè assimiliamo invece il Terbufos, un insetticida strausato nelle coltivazioni brasiliane; un’inchiesta dell’agenzia di giornalisti indipendenti «DanWatch» ha dimostrato come sia causa di malattie per i lavoratori delle piantagioni che, entrandovi in contatto con la pelle, ne rimangono intossicati e manifestano disordini visivi, vertigini, vomito, svenimenti e difficoltà respiratorie.
Durante la giornata, continuiamo ad assorbire glifosato nei cibi più comuni, dai legumi, tra ceci e lenticchie, fino alle uova, alla panna, al miele e al latte, anche materno, inclusi altri alimenti per l’infanzia, come documentato negli ultimi anni dall’Ufficio federale svizzero per la sicurezza alimentare e veterinaria USAV, dall’associazione francese Générations Futures, dall’organizzazione no-profit americana Alliance Naturai Health e dal gruppo Moms Across America.
Lo “spuntino” è anch’esso contagiato da glifosato con i cracker Ritz o le patatine Lays (test Food Democracy Now! – The Detox Project di novembre 2016) e con i gelati confezionati Ben & Jerry’s della multinazionale Unilever (test Organic Consumers Association di ottobre 2017), ma in quest’ultimo caso il produttore ha annunciato che sarà “glifosato-free” entro il 2020, e nella stessa direzione va il comparto lattiero-caseario dell’Alto Adige, che intende vietarlo sulle superfìci foraggere.
Per i prodotti di igiene intima o sanitaria, viene utilizzata la materia prima del cotone, che in teoria è una fibra completamente naturale, ma in realtà nella coltivazione sono impiegati grandi quantità di pesticidi e in particolar modo glifosato, che soltanto negli Stati Uniti è irrorato sui campi nella quantità di circa 8 milioni di kg annui. Negli ultimi tempi è stato individuato: dall’università nazionale argentina La Piata nella totalità delle garze sterili esaminate e nell’85% dei campioni di assorbenti femminili, accompagnato da AMPA nel 62% dei casi, tutti prodotti commercializzati nei supermercati e nelle farmacie; dall’Agenzia francese per la sicurezza sanitaria ANSES, insieme a Lindano e Quintozene (pesticidi vietati dal 2000 in Europa), negli assorbenti igienici venduti in Francia; dalla rivista francese «60 Millions de Consommateurs» nei salvaslip in cotone biologico a marchio Organyc della Corman, che sono stati prontamente ritirati dagli scaffali, e anche nei pannolini per bambini di diversi marchi come Love & Green, Lotus Baby, Pommette e Lillydoo. La stessa rivista ha rilevato la presenza di altre sostanze nocive nei tamponi intimi: nelle linee Nett e Originai o.b. della Johnson & Johnson, contenenti diossine che hanno un’azione tossica umana interferendo nel sistema immunitario e nello sviluppo fetale; nella linea Tampax Compak della Procter & Gamble, contenente composti organici alogenati della famiglia del cloro, che hanno effetti irritanti; nella linea Always, sempre di Procter & Gamble, contenente degli insetticidi organoclorurati, il cui capostipite è il DDT, che a contatto prolungato hanno effetti dannosi su vari organi dell’organismo umano, dal fegato al sistema riproduttivo.
Nel 1980 Procter & Gamble ritirò dal mercato statunitense i tamponi ultra-assorbenti a marchio Rely perché contenenti agenti cancerogeni, ma lo fece dopo la morte di una cinquantina di donne e la perdita di fertilità di molte altre, mentre di recente la Johnson & Johnson è stata condannata in primo grado da un tribunale del Missouri a risarcire 22 donne affette da cancro alle ovaie causato dal borotalco contenente amianto, beccandosi una maximulta di 550 milioni di dollari per i risarcimenti e 4,14 miliardi di dollari punitivi per i danni; la giuria, in cinque settimane di processo, ha ritenuto attendibile la tesi dell’accusa secondo cui il colosso della cosmesi per oltre 40 anni ha coperto le prove della presenza della sostanza tossica. Un nuovo studio della Cornell University pubblicato qualche mese fa su «Environmental Pollution» ha trovato glifosato in 18 cibi per cani e gatti domestici, con ingredienti vegetali e carne, delle principali marche vendute nei negozi statunitensi.
Lo scaffale dei farmaci
Spingendo il carrello della spesa, tra gli scaffali dei supermercati oramai anche in quello dei farmaci il glifosato è presente come antibiotico, in combinazione all’acido ossalico – con brevetto numero US7771736B2 del 10 agosto 2010 – poiché riesce a inibire la crescita di parassiti per prevenire e curare infezioni patogene tipo la malaria, ma non è mai stato usato a tale scopo.
Gli antibiotici, oggi, più che alle persone sono somministrati agli animali negli allevamenti industriali con un uso eccessivo e crescente, per impedire le malattie da trattamenti intensivi e per farli sviluppare rapidamente in massa corporea, generando così dei germi infettivi resistenti agli stessi antibiotici e contaminanti aria, terra e alimenti. La resistenza batterica potrebbe inoltre potenziarsi per effetto di un elevato utilizzo di glifosato in prossimità di animali da fattoria, come risulta da una ricerca dell’università di Canterbury pubblicata nel 2015 sul «Journal American Society Microbiology».
Il maiale industriale, ad esempio, è divenuto fonte di microbi nocivi e farmaco-resistenti che permangono nella carne macellata o negli escrementi usati per fertilizzare i campi, nell’ambito della produzione di cibo, con un passaggio degli infettanti nell’intestino umano, che inizialmente potrebbero non causare malesseri, ma successivamente, unendosi ai batteri buoni, potrebbero colpire altre parti del corpo. Lo stesso maiale è nutrito con mangime a base di cereali transgenici e sulla gelatina derivata dalla sua pelle vengono coltivati i vaccini, con la conseguenza che il glifosato è addirittura lì dentro, come sostengono i ricercatori scientifici Stefano Montanari e Stephanie Seneff, e ne arriva altresì conferma dal gruppo Moms Across America, che all’inizio del 2016 ha testato dei vaccini per bambini riscontrandovi tracce dell’erbicida.
Il glifosato è davvero dappertutto! C’è chi dice che lo si trova pure in cielo. Il patologo immunitario e ambientale tedesco Dietrich Klinghardt asserisce che è uno degli ingredienti, insieme all’alluminio, della miscela di sostanze presenti nelle cosiddette “scie chimiche” o di “irrorazione atmosferica artificiosa” – come li definisce il maresciallo in congedo del servizio meteorologico dell’Aviazione italiana Domenico Azzone – con strane e innaturali strisce bianche rilasciate dagli aerei in volo che, rispetto alla normale e breve condensa di vapore acqueo dallo scarico dei velivoli ad almeno 6.000 metri di altitudine con 70% di umidità relativa e meno 40 gradi di temperatura, permangono più a lungo nell’aria e a una quota molto più bassa.
Tutti i beni di consumo finora menzionati hanno un contenuto di residui pesticidi al di sotto dei limiti di legge e, singolarmente, bisognerebbe usarne o ingerirne enormi quantità per superare la dose giornaliera ammissibile (DGA) stabilita dalle autorità regolatorie ed espressa in mg/kg di peso corporeo: se il DGA è di 0,2 mg e il consumatore pesa 70 kg, può teoricamente assorbire 14 mg di sostanza al giorno per tutta la vita senza danni alla salute. È tuttavia opportuno ribadire che il livello di tossicità è misurato sulla singola molecola e che non vengono valutati né l’insieme di elementi coesistenti nello stesso prodotto né la continuità espositiva quotidiana a centinaia di sostanze di diverse derrate nutrizionali, con la moltiplicazione degli effetti nocivi.
Perché assimilare tanta tossicità artificiosa dagli alimenti, che dovrebbero sanare anziché ammalare? L’ecologista Ernest Callenbach (1929-2012), autore del romanzo di fantapolitica ambientale Ecotopia del 1975, afferma: «In tempi recenti, i chimici hanno scoperto come fabbricare un’ampia gamma di sostanze estremamente tossiche inesistenti in natura e capaci di distruggere i principali processi vitali delle specie prese di mira. I pesticidi uccidono gli insetti che si cibano di parte delle nostre colture; i diserbanti uccidono piante da noi considerate erbacce. […] L’uomo ha introdotto nell’ambiente abbastanza veleni industriali da influenzare l’evoluzione di microbi, piante e insetti. Abbiamo dunque dato inizio a un grande e incontrollato esperimento i cui impatti sull’ecosistema e sulle persone continueranno forse per generazioni. Dal momento che comunque lasciamo in balia degli insetti una porzione di raccolti agricoli almeno pari a quella precedente l’èra dei pesticidi, dovremmo mettere fine a questo esperimento».
Da millenni viene condotta una dura e disperata battaglia contro gli insetti invasori; nell’antichità con il ricorso a pratiche magiche o religiose, fino ad arrivare a citarli in giudizio: nel 1545, gli abitanti del villaggio di Saint-Julien, in Francia, denunciarono al Giudice episcopale una colonia di coleotteri con l’accusa di distruzione dei vigneti; gli insetti, considerati persone giuridiche, furono difesi da un avvocato d’ufficio, che li scagionò sostenendo che erano creature di Dio e possedevano lo stesso diritto degli uomini a nutrirsi.
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L’AUTORE
Saverio Pipitone – Giornalista pubblicista e redattore economico-finanziario. Autore di articoli di varie tematiche, dalla critica economico sociale alla storia, dall’ecologia al consumismo. Oltre a Pesticidi a tavola, ha scritto i libri Shock Shopping La malattia che ci consuma (Arianna Editrice) e Forno a Microonde? No Grazie (Macro Edizioni). Blog: saveriopipitone.blogspot.com