Le società di marketing possiedono una grande quantità di dati ricavati dalle nostre app per smartphone, che rivelano esattamente dove siamo stati e quando.
Il New York Times ha mostrato che, nell’arco di soli tre giorni, aveva a disposizione oltre 235 milioni di posizioni acquisite da 1,2 milioni di dispositivi nell’area di New York.
Che fine fanno tutti questi dati? I dati della vita privata delle persone vengono venduti in massa al miglior offerente. É chiaro che mancano politiche e supervisione in questo campo. Il rilevamento della posizione ci espone tutti. I numeri impressionanti della raccolta dati sui servizi di localizzazione, potrebbero ben rappresentare un incubo orwelliano in divenire. Ma è anche vero che possono costruire modelli di mobilità migliori. Perché è infatti possibile utilizzare tali dati proteggendo la privacy delle persone.
Ci sono diversi approcci per farlo. Questo significa che i dati sono raggruppati insieme in modo che gli individui non possano essere separati, e che l’identificazione su di essi sia “mascherata”, cioè deliberatamente alterata. Molti stanno anche lavorando a dati sintetici. Cioè a sistemi e tecniche che limitano intenzionalmente la profondità dei dati. In pratica si può sapere il percorso abituale in una settimana, una sorta di media, ma non dove sei stato in quel giorno, a che ora precisa, ecc.
Queste tecniche non rappresentano solo i progressi nella conservazione della privacy, ma estendono il potenziale degli attuali modelli di trasporto.
Usando questi dati sintetici in programmi di simulazione della mobilità, è possibile creare un’intera “città copia”, in cui è possibile testare, sondare e sperimentare le decisioni politiche, lasciando le persone nel mondo reale al sicuro e senza sorveglianza.