di Massimo Fini – Il progetto del governo Cinque Stelle-Lega si sta di nuovo incagliando sul nome di Paolo Savona che pur ha tutti i titoli per fare il ministro dell’Economia. A mettersi in mezzo è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che non lo vede di buon occhio in quanto ‘antieuropeista’. Per quel che mi riguarda io sono un sostenitore dell’Europa unita perché nessun Paese del Vecchio Continente, Germania compresa, potrebbe resistere da solo all’urto politico ed economico delle grandi potenze mondiali, Stati Uniti, Cina, Russia, India e agli indecifrabili e indefinibili, oltre che inquietanti, potentati economici e finanziari che di fatto son quelli che guidano la danza, insomma il famigerato “mercato” globale. Detto questo il Presidente Mattarella, scoprendo improvvisamente d’esser Luigi Einaudi (altra autorevolezza, altro tutto), si arroga diritti che non ha: vorrebbe metter becco sulla nomina dei ministri, scartare quelli che non gli garbano, imporre quelli che gli piacciono. Purtroppo per Mattarella la nostra non è una Repubblica presidenziale, ma parlamentare e spetta al Parlamento, e solo al Parlamento, sfiduciare i ministri, in pectore o già in carica, o dar loro credito (art.92 della Costituzione).
E’ del tutto evidente che lo stallo politico che, nel momento in cui sto scrivendo, dura ormai da più di ottanta giorni è dovuto al fatto che si è cercato di impedire, in tutti i modi e con i pretesti più vari, ai Cinque Stelle di andare al governo. Si è cercato di impedire cioè che si desse seguito alla volontà espressa nei seggi elettorali da 11 milioni e mezzo di votanti per “los grillinos” come li chiamano in Spagna, cui si aggiungono i 5 milioni e mezzo che hanno votato per la Lega di Salvini, in totale più di 17 milioni di persone che rappresentano la maggioranza assoluta nel nostro Paese. Insomma non si vuole rispettare la tanto e sempre strombazzata Democrazia, di cui tutti si riempiono la bocca ma ai cui meccanismi si oppongono quando van contro il proprio guicciardiniano “particulare”. A un governo Cinque Stelle-Lega si oppongono tutti coloro che finora sono stati ben incistati nel sistema che il nuovo governo vorrebbe radicalmente cambiare: dallo stesso Mattarella ai partiti tradizionali ai poteri economici e finanziari, nazionali e internazionali, ai ricchi che temono il tentativo soprattutto dei “los grillinos” di arrivare ad una più equa distribuzione della ricchezza nazionale fra ceti privilegiati e quelli deboli o addirittura alla fame, agli intellettuali, ai giornali, ai giornalisti e ai media di regime cioè quasi tutti salvo rare, molto rare, eccezioni.
Ci sono certamente nel contratto fra Cinque Stelle e Lega molte cose ancora confuse e contradditorie, che andranno precisate a cominciare dalle risorse con cui i due movimenti intendono attuare il proprio programma. Ma ciò che più mi convince del nuovo governo è proprio ciò che più gli viene contestato. Tutti, sia a livello nazionale che internazionale bollano il governo giallo-verde come “antisistema”. Per quel che mi riguarda sono almeno trent’anni che mi batto contro questo “sistema”, e chiunque mi abbia fatto il favore di tentare di sbarazzarsene, come la prima Lega di Bossi, o che cerca di farlo ora, come i Cinque Stelle e, in subordine, Salvini, non può che avere la mia adesione e, nei limiti con cui può farlo legittimamente un giornalista, cioè non scontando nulla al nuovo governo se farà qualcosa che riterremo una sciocchezza, il mio appoggio.