Firma contro l’Euro: cerca il banchetto più vicino a te
Brigitte Bardot, Bardot
Brigitte beijou, beijou!
Dopo la nostra retrocessione a BBB- sembra che non sia successo nulla. Come se un impiccato in bilico su uno sgabello iniziasse a cantare “Brigitte Bardot Bardot” per minimizzare, ed è quello che il duo Renzie-Padoan sta facendo per scacciare l’incubo del titolo spazzatura che viene subito dopo BBB-. Se nessuno comprerà più i nostri titoli, 400 miliardi nel 2015, il bilancio dello Stato crollerà e arriverà il default, e se nella migliore delle ipotesi li comprerà ancora, dovremo riconoscergli degli interessi molto alti per incentivarlo, interessi che creeranno altro debito e stritoleranno il bilancio dello Stato con nuove tasse a iniziare dall’innalzamento dell’IVA. I numeri parlano da soli, mentre il Governo quando parla ci prende in giro. Arriverà la troika? Forse entro la primavera. Di certo questo governo non sta più in piedi. Basta un soffio di vento per farlo cadere.
Brigitte Bardot, Bardot
Brigitte beijou, beijou!
A distanza di appena un anno dal suo precedente declassamento, Standard and Poor’s ha di nuovo ridotto ieri il rating dell’Italia da BBB a BBB- e si attende ora una crescita di appena 0.2% di PIL nel 2015 contro 1.1% attesa fino a ieri. Anche S&P dunque si mette in scia delle molte istituzioni, organizzazioni e banche d’affari che hanno sensibilmente rivisto le attese di crescita dell’Italia. Eppure Renzi andava dicendo fino a qualche mese che fa che grazie alla sua elemosina di 80 euro le stime del governo di una crescita di 0.8% di PIL nel 2014 sarebbero addirittura state superate. Adesso invece sappiamo di essere in quella che i tecnici chiamano triple dip recession, con attese di crescita negativa anche per il 2014. Come è possibile che tutti i modelli econometrici continuino imperterriti a fallire le loro previsioni di ripresa da ormai sette anni? E’ chiaro che si sia trattato fino ad ora solo di speranze di ripartenza al fine di negare l’evidenza e cioé che i problemi di crescita ed occupazione siano direttamente legati alla moneta unica.
Renzi non perde occasione per evidenziare il calo dello spread dai 200bps di quando ha cacciato Letta a 120bps oggi. Punta come sempre sulla ingenuità degli italiani il premier arrogandosi un merito che invece nulla c’entra con i fondamentali del paese e riflette solo la enorme quantità di liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali e soprattutto le attese di QE da parte di Draghi a cui investitori e banche sperano di poter scaricare un po’ dei BTP che hanno comprato fino ad oggi. Prova ne sia il fatto che i CDS sul debito pubblico italiano, contratti scambiati sul mercato per assicurarsi dal rischio di fallimento, sono aumentati da 136 di Agosto quando i dati macro hanno ufficializzato la recessione anche per il 2014 a 200 oggi. Servono dunque 200 mila euro oggi contro 136mila tre mesi fa per assicurarsi contro il fallimento dell’Italia per un controvalore di 10 milioni di BTP.
Per questo Renzi dovrebbe smettere di scherzare col fuoco. La sostenibilità del nostro debito pubblico ha ormai superato il punto di non ritorno per una lunga serie di motivi.
1. La spirale deflattiva non aiuta il nostro debito / PIL. In attesa di crescita, solo un po’ di inflazione potrebbe aiutare la traiettoria del nostro debito. E’ invece siamo in deflazione ed il calo dei prezzi continuerà visto il forte calo recente del prezzo del petrolio. E’ vero, il prezzo del petrolio in calo potrebbe aiutare la nostra bilancia commerciale e dare qualche timida spinta alla crescita. Ma intanto tale calo del prezzo del petrolio fa si che l’Italia stia importando deflazione e peggiorando la traiettoria del suo debito.
2. Il downgrade di S&P ci pone adesso in linea con la Spagna appena uno scalino sopra la spazzatura’ (junk). Sceso quell’ultimo scalino arriveremo dritti all’inferno perché abbandoneremo lo status di investment grade e non saremo più considerati investibili’. Il debito pubblico deve mantenere lo status di investment grade in almeno due delle tre agenzie di rating al fine di venire incluso nei principali indici mondiali. I fondi che investono in debito usano appunto i pesi dei debiti sovrani nell’indice mondiale per posizionarsi sul rischio paese. Gli statuti dei fondi non autorizzano l’investimento in debito pubblico non incluso nell’indice o con rating inferiore ad investment grade. Chi compreraà il nostro debito al prossimo declassamento che ci collochera’ nella categoria spazzatura? Renzi forse?
3. Come di solito succede, al downgrade del paese potrebbe seguire quello degli istituti di credito domestici, contribuendo ad aumentare la pressione sul costo di finanziamento, specie per le banche di minori dimensioni, dal momento che le controparti bancarie chiederanno maggiori garanzie per fornire loro liquidità. Ogni scalino in meno nella scala del rating si traduce in aumento dei costi di finanziamento presso la BCE da parte delle banche Italiane e a cascata per le famiglie. La BCE usa quattro agenzie esterne di valutazione del merito di credito (DBRS, Moody’s, Fitch, S&P) per decidere quanto tagliare dal valore dei BTP portati a garanzia dalle banche in cambio di liquidità (haircuts). Ad oggi solo la canadese DBRS ha un rating ancorato a livello A. Se il downgrade di S&P dovesse innescare anche quello da parte di DBRS l’Italia perderebbe l’ultimo rating superiore a B e ciò farebbe scattare un inasprimento di circa il 5% sul valore dei BTP dati a garanzia alla BCE. Questo risulterebbe in un aumento del costo di finanziamento per le nostre banche e per le famiglie.
4. A Marzo 2015 le banche Italiane dovranno rimborsare circa 150 miliardi di finanziamenti BCE ottenuti tre anni fa praticamente gratis (LTRO). Quei soldi sono quasi tutti investiti in BTP a breve scadenza. Le banche andranno a rimborso col Tesoro e gireranno i soldi a Draghi per chiudere le loro posizioni LTRO. A quel punto l’incentivo delle banche italiane a continuare ad investire in BTP diminuirà sensibilmente visti anche i rendimenti così bassi. Chi se li compra i BTP per evitare un rialzo dello spread? Letta?
5. Con la revisione degli attivi da parte della BCE (Asset Quality Review) e’ iniziato un processo di unificazione bancaria europea che quest’anno ha riguardato i criteri di contabilizzazione delle sofferenze e delle relative coperture. L’anno prossimo probabilmente la BCE punterà alla armonizzazione dei criteri di allocazione di capitale contro il rischio (RWAs). E’ certo che tale armonizzazione porterà anche a requisiti ben più onerosi di capitale da mettere a fronte dei titoli di debito pubblico detenuti dalle banche. Un ulteriore elemento di disincentivo per le banche a detenere BTP. Di nuovo caro Renzi a chi glieli diamo i BTP? A Monti forse? Oppure al suo amico Serra che tanto bene parla dell’Italia renziana salvo poi acquistare dalle banche le sofferenze al fine di speculare sulle difficoltà delle famiglie nel rimborsare le rate del mutuo?
Questo ci spiega l’ossessione del mercato su un intervento di quantitative easing da parte della BCE sui titoli pubblici. Solo se la BCE riuscirà a sostituirsi al probabile calo della domanda privata e delle banche di BTP allora l’Italia guadagnerà tempo (comunque inutile visto quanto abbiamo sprecato grazie ai governi inutili di Napolitano: Monti, Letta e Renzi). Questo spiega anche l’ostilità della Germania al QE sul debito pubblico da parte di Draghi. Le voci si rincorrono ormai ogni giorno sulla ostilità dei paesi del nord, Germania in testa, nel board della BCE per ostacolare il tentativo di Draghi.
Siamo nelle mani di Draghi: se riuscirà a forzare la mano e ad imporre entro la prima meta’ del prossimo anno un QE sui titoli pubblici riuscirà a spostare l’orologio del fallimento dell’Italia in avanti di qualche tempo. In caso contrario il 2015 sarà ricordato come l’anno dell’uscita dall’Euro o del default. Non c’e altra soluzione e lo ha capito oggi anche S&P.