di Riccardo Paniccia – C’è un bel report dell’Ocse, uscito a dicembre 2017, che parla di aziende zombie. Cioè di quelle aziende che sopravvivono ma che dovrebbero essere fallite o profondamente ristrutturate.
Invece continuano a fare affari, contratti, a fare debiti e investimenti, come nulla fosse. Tanto prima o poi qualcun’altro metterà i soldi, se mancheranno.
E non sono casi così rari come potreste pensare. In Italia questo tipo di realtà rappresentano il 4% delle aziende, impiegano il 5% di forza lavoro, ma succhiano via il 20% del capitale.
In pratica un vecchio zombie che mangia solo carne di chianina di prima scelta.
Ma non muoiono, continuano ad operare, anzi a crescere. E secondo l’Ocse questo è una delle cause principali del crollo di produttività in Europa negli ultimi vent’anni. Hanno tanta fame e cosi sono in continua e disperata ricerca di capitali, sono magari le più competitive, con prezzi ridicoli. Ma sono nefaste per l’economia.
Sottraggono così fondi che potevano andare ad altre società, magari più dinamiche, innovative e all’avanguardia. Quest’ultime forse non prendono vita proprio perché non ricevono i fondi necessari.
Così il danno è doppio. Anzi Triplo.
Si, perchè da una parte abbiamo società che non muoiono, ma che sono destinate al fallimento e pian piano licenziano, dall’altra società che avrebbero potuto prosperare, creare lavoro e innovazione e invece rimangono nella mente di qualcuno. Qualcuno che magari sarà costretto ad emigrare.
La cosa più assurda è che queste aziende drenano molti soldi che sarebbero potuti servire per altre cose. E in Italia ce ne sono due che hanno davvero fatto fare i sacrifici a tutta la popolazione. Senza fare nomi, ci limiteremo a dire che una è una famosa compagnia di volo “nazionale” e l’altra è la più vecchia banca esistente.
Se passiamo ai dati nudi e crudi, tutto dipende da come i numeri vengono letti. Perché lo sappiamo che i dati possono essere letti in molti modi. Quindi se guardiamo al numero di aziende, il nostro Paese non ne ha molte. Tutto cambia se invece guardiamo a quanto capitale è detenuto da queste aziende zombie.
L’Italia si aggiudica così il secondo posto, preceduta dalla Grecia e seguita dalla Spagna. Non solo, siamo anche il Paese che dal 2007 al 2013 ha visto crescere maggiormente il capitale allocato in queste realtà.
Il report ci da anche una soluzione.
Sembra paradossale, ma in questo momento di così forte crisi, forse uccidere le imprese zombie potrebbe essere la chiave per far crescere l’economia. Far morire i soggetti malati e farne nascere di nuovi.
Dobbiamo immaginare un piano pluriennale che, anziché incentivi continui salvataggi aziendali, dovrebbe creare le condizioni per abbattere le barriere del fallimento, lasciando andare per la propria strada chi non ce la fa.