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Immaginate un esercito di papere che marcia ordinato tra le risaie, becchettando con precisione chirurgica, eliminando erbacce, fertilizzando la terra e sostituendo tonnellate di veleni chimici. Non è una scena di un cartone animato: è l’agricoltura del futuro (e del passato) che sta rivoluzionando la Cina e non solo.
Questa pratica, chiamata “agricoltura delle papere da risaia”, ha radici profonde. Durante la dinastia Ming (1368-1644), i contadini cinesi scoprirono che liberare le papere nelle risaie aumentava i raccolti. In Giappone, la tecnica è documentata dal XVII secolo con il nome di Aigamo, una razza di anatra ancora oggi utilizzata. Le papere sono più precise degli umani nel beccare solo le erbacce, evitando di danneggiare il riso. Inoltre, non amano il sapore delle piantine di riso, a differenza di oche o polli.
Uno studio del 2018 dell’Università di Zhejiang (Cina) ha dimostrato che l’uso delle papere riduce l’impiego di pesticidi del 60-70% e aumenta la resa del riso del 20%.
Le papere vengono introdotte nelle risaie 10-20 giorni dopo la semina, quando le piantine sono abbastanza resistenti. Prima di allora, restano in recinti mobili dove vengono “addestrate” a riconoscere le erbacce. Una papera mangia fino a 200 grammi di erbacce al giorno. Ogni papera produce circa 10 kg di escrementi all’anno, ricchi di azoto, fosforo e potassio (NPK 0,5-0,3-0,2), un concime naturale perfetto. Con il loro becco, smuovono il terreno, ossigenandolo e prevenendo i ristagni d’acqua.
Questa tecnica è una bomba ecologica ed economica. Le papere disturbano l’acqua delle risaie, limitando la proliferazione di batteri che emettono metano (un gas serra 25 volte più potente della CO₂). Uno studio del 2021 ha registrato un calo delle emissioni del 40%. In Cina, un agricoltore risparmia 500-700 yuan all’ettaro (70-100€) evitando pesticidi e fertilizzanti. Il riso prodotto con le papere viene venduto come biologico, con un markup del 30-50% sul prezzo normale.
In Giappone, alcune aziende noleggiano papere agli agricoltori come un vero e proprio “servizio di diserbo”. Durante la pandemia, in Thailandia si è diffuso il trend delle “papere da ufficio”: liberarle nei campi è diventato un hobby anti-stress per i lavoratori in smart working.
Mentre la Bayer-Monsanto vende pesticidi al glifosato (fatturato: 14,6 miliardi di dollari nel 2022), in Cina i contadini riscoprono che la natura offre soluzioni gratuite. Nella provincia di Jiangxi, 2.000 agricoltori hanno adottato le papere dal 2016, riducendo l’uso di prodotti chimici del 90% e guadagnando 1.200 euro in più all’anno grazie al riso bio.
Oggi la pratica sta contagiando altri paesi. In Bangladesh, progetti finanziati dalla FAO promuovono le papere per combattere la povertà rurale. In India, nel Kerala, gli agricoltori le chiamano “dottori delle risaie”. In Francia, alcuni vigneti stanno testando le papere per eliminare gli insetti senza pesticidi. Nel 2023, un’azienda olandese ha lanciato le “Papere 4.0”, equipaggiate con GPS per monitorare il loro lavoro via app. Ma non serve la tecnologia per ciò che la natura sa già fare perfettamente.
Mentre i governi parlano di transizione ecologica con progetti faraonici, i contadini cinesi, con un esercito di papere e zero euro di finanziamenti, stanno già cambiando il mondo. Forse dovremmo smetterla di complicare le cose e tornare a guardare alla saggezza di chi, 600 anni fa, aveva già capito tutto.