di Marco Bella – Stefano Mancuso, scienziato dell’Università di Firenze che nel 2005 ha fondato la neurobiologia vegetale, ricorda a tutti che “gli animali, e noi tra loro, risolvono quasi tutto col movimento.” E da sempre l’evoluzione della civiltà umana deve tutto al movimento, a partire dalla nascita dei primi ominidi, fino all’homo sapiens che dall’Africa si è spostato in tutto il mondo per poi continuare a scoprire terre nuove, spostandosi e mescolandosi con altre culture.
Oggi, davanti al numero crescente di crisi ambientali ed economiche che continuano a colpire tante persone nel mondo c’è chi propone di agire contronatura bloccando le migrazioni e il movimento degli esseri umani che si spostano per cercare condizioni di vita migliore, ricorrendo a semplici slogan.
Ma se gli esseri umani che si spostano fossero miliardari?
Immaginate una barca di uomini ricchissimi in difficoltà nel mezzo del mediterraneo. Secondo voi, qualcuno si porrebbe una qualsiasi domanda prima di correre al loro soccorso? Le persone in mezzo al mare si salvano. Si tratta di una questione di civiltà. E questo vale per i miliardari e qualsiasi altro essere umano, indipendentemente dal suo conto in banca, dal suo credo religioso o dal colore della sua pelle.
Una recente ricerca scientifica, pubblicata su una rivista del gruppo Nature, dal titolo eloquente “La ricerca e il salvataggio nella rotta del Mediterraneo centrale non induce alla migrazione” ha mostrato che soccorrere chi è in mezzo al mare non ha influenza sul numero di partenze. Il padre o la madre che mettono i loro figli su un barchino in tempesta sanno benissimo il pericolo a cui vanno incontro, e non lo farebbero se la terra da cui partono non fosse ancora meno sicura del mare.
Quello delle migrazioni è un fenomeno complesso, che chiunque abbia a cuore l’Italia o sia di turno al governo dovrà affrontare in modo serio.
Ma possiamo quindi accogliere tutti qui in Italia? La risposta è purtroppo no. Tra l’altro solo una piccola parte di chi arriva in Italia vuole rimanere effettivamente nel nostro Paese. Tantissimi migranti alla prima occasione scappano dai centri di accoglienza per andare da parenti e amici nel nord Europa. C’è chi vuole “bloccare le partenze”. In realtà l’invasione da fermare è quelle delle multinazionali che arrivano in Africa per depredarla, a partire dalle sue risorse minerarie, impedendo che i soldi degli africani siano usati per migliorare scuole, sanità e favorire la crescita sostenibile a casa loro.
Per chi è già in Italia, c’è chi propone soluzioni come lo Ius Soli (chi nasce in Italia è automaticamente italiano). Una cosa del genere c’è in diverse altre nazioni del mondo come gli Stati Uniti, ma non sarebbe adatta alla realtà italiana. Così si confondono due aspetti diversi della questione migratoria: quello del movimento degli umani e quello dell’accoglienza. Potrebbe rivelarsi non solo un incentivo alle partenze verso il nostro paese, ma anche a lasciarlo portandosi dietro i benefici che la cittadinanza italiana ancora comporta. Inoltre, in Italia vige ancora lo Ius Sanguinis, cioè chi ha anche un trisnonno italiano può diventare cittadino italiano, anche se in Italia non ci ha mai messo piede e non conosce la lingua italiana. Lo Ius Sanguinis è un retaggio dell’immigrazione italiana nelle americhe all’inizio del ‘900, e chiunque dovrebbe essere d’accordo per rivederla. Infine, lo Ius Soli non darebbe la cittadinanza a una persona arrivata in Italia a pochi mesi di vita anche se poi ha vissuto la stragrande maggioranza della sua vita in Italia.
L’arrivo di tante persone, per lo più giovani, in un paese in pieno inverno demografico come il nostro però è anche una grande opportunità, perché ci permetterebbe di pagare la pensione a un numero crescente di persone anziane e trovare lavoratori.
Qual è quindi una risposta migliore alla questione dell’accoglienza rispetto allo Ius Soli? Lo Ius Scholae. Indipendentemente da dove nasci o chi sono i tuoi genitori, se ti impegni per un certo numero di anni frequentando il luogo principe dell’integrazione, cioè la scuola italiana, e acquisisci la conoscenza della nostra lingua e cultura, allora diventi pienamente italiano. C’è quindi un forte incentivo ad amare la comunità del nostro paese e a rispettare le leggi e consuetudini. Nella scorsa legislatura, la legge sullo Ius Scholae è stata purtroppo affossata dall’ostruzionismo di chi usa il fenomeno migratorio solo per propaganda. Nella scorsa legislatura, per fermare la legge sullo Ius Scholae, stati presentati una marea di emendamenti ostruzionistici, alcuni davvero deliranti. Non parlo solo di quello che chiedeva per ottenere la cittadinanza la conoscenza delle sagre e feste patronali (del Molise), ma piuttosto della modifica emendativa che chiedeva un voto minimo di 90/100 alla maturità come requisito.
I colleghi che avevano firmato questi emendamenti si erano resi conto delle conseguenze paradossali delle proprie proposte se disgraziatamente fossero state approvate? Le persone che hanno ottenuto risultati non proprio brillanti alla maturità, compreso ad esempio il loro leader Salvini, avrebbero dovuto rinunciare alla cittadinanza italiana e chiedere asilo politico a governi più tolleranti, come ad esempio alla Repubblica del Congo o Tunisia.
A parte le note di colore, lo Ius Scholae potrebbe risolvere il problema di tanti ragazzi e ragazze che dopo aver frequentato le nostre scuole, dopo aver giocato tutti i giorni con i nostri figli, dopo essersi stati parte di una comunità, una volta compiuti 18 anni diventano di fatto dei fantasmi per lo stato italiano, entrando in un percorso tortuoso per il riconoscimento della cittadinanza. Ci sono anche delle storie surreali ed emblematiche come quella di Luca Neves, un ragazzo che dopo essere nato e formatosi in Italia frequentando tutte le scuole e diventato un apprezzato chef, si è ritrovato improvvisamente in un labirinto burocratico rischiando di essere deportato a Capoverde, il paese di origine dei suoi genitori del quale non è mai stato e di cui non conosce nemmeno la lingua. Ora Luca (dopo aver passato i trenta anni) è riuscito ad avere un permesso temporaneo di soggiorno nel suo paese, l’Italia, e tra una decina di anni (forse) avrà la cittadinanza Italiana. Lo Ius Scholae, a differenza di proposte di sapore ideologico come lo Ius Soli oppure quella di inseguire gli scafisti in tutto il globo terracqueo, è un’idea assolutamente buona ed utile per vivere meglio tutti assieme. Perché non sostenerla lasciando da parte propaganda e ideologie?
L’AUTORE
Marco Bella – Già deputato, ricercatore in Chimica Organica. Dal 2005 svolge le due ricerche presso Sapienza Università di Roma, dal 2015 come Professore Associato.