di Gunter Pauli – (Seconda parte, continua da qui) Un tempo le nostre case erano costruite con tetti di paglia e piccole finestre senza vetri: era normale che ci fosse un continuo ricambio d’aria. Oggi invece, soprattutto per risparmiare energia, molti edifici sono costruiti con particolare attenzione all’isolamento in modo che l’aria non possa né entrare né uscire. La volontà di risparmiare energia è lodevole, ma eliminare completamente il flusso d’aria non è una scelta del tutto positiva: i muri non respirano, dal tetto non filtra nulla, e i materiali usati per isolare le case rilasciano quasi sempre sostanze acide nell’aria che respiriamo. Un altro problema noto è quello dei ritardanti di fiamma applicati agli edifici, o addirittura a materassi e cuscini, visto che il rischio d’incendio è considerato abbastanza grave da permetterlo. Naturalmente ciascuno di questi composti chimici è stato approvato: sono stati testati uno per uno e, sebbene alcuni di essi siano risultati potenzialmente cancerogeni, il rischio di ammalarsi è considerato un male minore di fronte al rischio di morire in un incendio. Purtroppo la combinazione di tutte queste sostanze crea un’overdose nociva. Ogni notte, per tutta la notte, inaliamo un cocktail chimico di cui peraltro potremmo fare tranquillamente a meno.
Bloccare il naturale flusso dell’aria significa non riconoscere i collegamenti che esistono in natura e trascurare la realtà di un edificio: se risolvessimo il problema della ventilazione con lo stesso approccio metodico delle umili termiti, davanti ai nostri occhi si aprirebbe un mondo di connessioni. I flussi d’aria, la composizione dei materiali edili, il pH dell’aria e delle pareti potrebbero tutti dare un contributo positivo, invece di complicare e costruire. Se imitassimo il modo in cui i sistemi naturali riescono a risolvere questi problemi potremmo davvero fare progressi verso la sostenibilità, senza aumentare gli investimenti.
C’è un modo per creare un flusso continuo di aria e risparmiare energia allo stesso tempo: quello adottato dagli ecosistemi grazie a millenni di evoluzione. Al momento il miglior modo di ridurre il carico di sostanze chimiche causato da emissioni inquinanti, contaminazione batterica e particelle di polvere cariche di elettricità sarebbe quello di far circolare più aria all’interno degli edifici. Se i nostri progetti prevedessero un ricambio d’aria ogni ora, per la maggior parte delle persone l’esposizione a piccole quantità di sostanze cancerogene non sarebbe un problema. Mentre aprire un edificio moderno al continuo flusso d’aria calda, fredda o umida proveniente dall’esterno farebbe impennare i consumi energetici, i sistemi naturali hanno conciliato le due cose e possono darci una lezione preziosa sotto più punti di vista.
Il riscaldamento a pavimento è una delle nuove soluzioni per ottenere una temperatura confortevole negli edifici: i sistemi basati sulla circolazione di acqua calda in tubature posate sotto la pavimentazione forniscono calore con un’efficienza superiore rispetto a quelli che riscaldano l’aria. Gli scienziati coreani Young-Suk Shu e Tae-Sung Oh, inoltre, hanno ideato dei miglioramenti che rendono questi sistemi meno complessi e costosi, dopo aver osservato la decomposizione di materiale vegetale nel terreno a contatto con le radici delle piante. Le formiche e le termiti trasportano circa il 15% del materiale al secondo strato del suolo, dove la decomposizione è facilitata dai funghi di cui si nutrono questi insetti e dall’areazione portata dall’attività dei lombrichi. Il calore generato dalla decomposizione riscalda il suolo intorno alle radici della pianta, potenziando l’osmosi con le foglie e quindi favorendo la crescita e migliorando il sapore dei frutti. Gli scienziati coreani hanno creato un sottile film di nanofibre di carbonio da posizionare sotto il parquet o un tappeto, che potrebbe portare l’ambiente circostante fino a 36,5 °C con il solo ausilio di un congegno a energia solare da 12 volt. Inizialmente questo sistema era stato testato in Giappone e in Corea per tenere al caldo le radici delle piante all’interno delle serre, permettendo un risparmio di energia pari al 70%; ora inizia a essere applicato anche per il riscaldamento delle case.
Questa innovazione, pur essendo solo un miglioramento di tecnologie già esistenti, potrebbe essere applicata alle pavimentazioni tessili modulari ed ecologiche prodotte, per esempio, dalla Interface Global. I modelli più avanzati sono composti di un reticolo di fibre di carbonio intessute su una base di gomma o pvc: ogni modulo del tappeto è collegato agli altri elettricamente grazie alle fibre di carbonio, che misurano pochi micron, e potrebbe ricevere energia da celle solari a film sottile dye-sensitized20 applicate alle finestre in modo da generare una temperatura ideale per camminare a piedi scalzi. Il riscaldamento prodotto dalla corrente così generata risolverebbe anche il problema degli acari: da una parte, la radiazione UV (che le celle lascerebbero passare dai vetri) ucciderebbe i parassiti; dall’altra, la temperatura sviluppata dal tappeto stesso sarebbe sufficiente a essiccare e rendere meno nutriente qualsiasi briciola o scarto dovesse cadere a terra, aiutando a tenere sotto controllo la loro proliferazione.
Il punto di vista degli insetti sull’umidità. Le termiti sono una specie contadina: hanno perfezionato un metodo per trasportare le biomasse a un livello più profondo del suolo per coltivarvi i funghi. Nell’arco dei millenni hanno imparato quanto sia importante un controllo rigoroso delle condizioni ambientali: i funghi non proliferano se non a certi precisi livelli di temperatura e umidità, anche se hanno a disposizione un terreno ideale. Così i nidi delle termiti presentano sempre una temperatura di 27 °C e un’umidità costante al 61%: ovunque vivano, in qualsiasi clima si trovino, hanno imparato a controllare la circolazione dell’aria costruendo gallerie e camini. Da Dallas a Dacca, da Oslo a Osaka, indifferenti alle condizioni meteorologiche esterne, le termiti riescono a creare una propria infrastruttura per regolare le correnti, mantenendo un flusso e una qualità dell’aria costanti: cambiano semplicemente il colore, la larghezza, la lunghezza o l’altezza delle gallerie e dei camini nel nido.
I camini scaldano l’aria, che sale e fuoriesce dal termitaio creando un vuoto al suo interno. L’aria proveniente dall’esterno viene incanalata nelle piccole gallerie sotterranee: se è calda e umida si raffredda e rilascia umidità; se è fredda e secca, si scalda e assorbe umidità. È tutto basato sulla fisica elementare che abbiamo imparato a scuola. Le termiti sanno esattamente quanto alti devono essere i camini e quanto lunghi e profondi devono essere i tunnel sotterranei per mantenere sempre una certa temperatura e umidità, indipendentemente dalle condizioni esterne: hanno impiegato milioni di anni per riuscirci senza termostati, energia o pompe. Gli esseri umani hanno iniziato a regolare la temperatura nelle proprie dimore da molto meno tempo e, visto che abbiamo molta meno esperienza, abbiamo appena iniziato a prendere in considerazione i modelli matematici necessari a costruire edifici dotati di un flusso d’aria costante e piacevole. Non avendo l’istinto delle termiti, purtroppo, ci siamo affidati all’elettricità e ai combustibili fossili trascurando le leggi della fisica, che ci offrono una meravigliosa affidabilità. Quasi tutte le nostre invenzioni richiedono parti mobili, che nel mondo reale sono destinate a rompersi, prima o poi. Le termiti invece hanno progettato una soluzione duratura, priva di parti in movimento: è una soluzione che possiamo adottare anche noi.
Un filtro vivente. Permettere che l’aria fluisca tra l’interno e l’esterno delle nostre case è un primo passo. Ma possiamo anche regolare i flussi all’interno degli edifici, in modo da pulire e ossigenare l’aria (non dimentichiamo che l’ossigeno rende l’ambiente più alcalino): per riuscirci dobbiamo andare oltre la fisica e imparare a conoscere la biologia in generale, e le piante e le micro-alghe in particolare. Non è difficile ricreare un ambiente interno che favorisca la precipitazione al suolo della polvere e delle particelle cariche. Una piccola azienda, la Living Filters (Levande Filter AB) ha iniziato a fare sperimentazione basandosi su questa idea più di vent’anni fa, ispirandosi alla ricerca finanziata dalla Nasa per la pulizia dell’aria nelle navicelle spaziali.
Nel 1998 il professor Lars Thofeldt è arrivato a sviluppare un sistema basato sulle piante, da allora il suo “filtro vivente” ha trovato applicazione in tutto il mondo. Bisogna fare in modo che la turbolenza presente in un qualsiasi edificio spinga l’aria ad attraversare un insieme di 150 piante posizionate strategicamente vicino al soffitto. La logica è quella delle foreste pluviali, che oltre a essere una riserva di biodiversità e una fonte di ossigeno sono anche enormi “filtri per l’aria”. In Amazzonia, infatti, le piante sono in grado di catturare particelle di polvere che possono essere arrivate fin lì addirittura dall’Africa: la pioggia le fa poi precipitare al suolo, arricchendo il terreno. Le piante del sistema Living Filters sono costantemente illuminate da lampade led ad alta efficienza e vengono irrorate ogni 15 minuti da uno spruzzo di vapor acqueo. Questo vapore discende sulle piante, sempre illuminate e inumidite, pulendo l’aria della polvere e persino delle tossine. Il risultato è palpabile: l’aria è più ricca di ossigeno e raggiunge un buon grado di alcalinità.
Funghi al piano interrato. Quando un edificio è chiuso e isolato, intrappola l’umidità al suo interno. Le estati lunghe e afose possono far condensare questa umidità nello strato isolante dei piani interrati o seminterrati, favorendo la formazione di muffa. Gli ambienti chiusi umidi e privi di ricircolo d’aria sono il presupposto ideale perché una casa, a partire dalla cantina o dalla taverna, sia invasa dai funghi, che rilasciano nell’aria spore che possono causare disturbi respiratori. In una costruzione in legno l’umidità è una minaccia sia per la struttura sia per i suoi abitanti; in un edificio dotato di struttura portante d’acciaio, invece, è a repentaglio “solo” la vostra salute. Chi si occupa di risanamento a livello professionale può trattare le pareti con ossidi di metallo che liberano l’edificio dai funghi ma che emettono per un paio d’anni particolati chimici gassosi, sostanze che non si dovrebbero mai inalare. Si rivela così la superficialità della nostra logica “una causa, un effetto”, che ci rende simili alle aziende che si concentrano sul proprio core business decidendo di ignorare ogni conseguenza indesiderata.
Se invece costruissimo un edificio in cui l’aria possa circolare anche nei sotterranei, permettendo all’intero spettro luminoso (incluse le radiazioni ultraviolette) di penetrare all’interno, elimineremmo le condizioni favorevoli alla proliferazione dei funghi. Grazie a una ventilazione adeguata faremmo davvero pulizia, eliminando anche le spore all’origine di tanti disturbi respiratori. Anders Nyquist usa un prisma di luce per portare il sole ai piani interrati, fornendo non solo il modo di illuminare gratuitamente questi ambienti durante il giorno ma anche una prima arma contro l’attacco dei funghi. È un buon inizio, che potrebbe andare ben oltre la mera soluzione di un problema. In un mondo connesso i vantaggi sono molteplici e valgono per tutti: sono queste le opportunità che gli imprenditori dovrebbero cogliere.
Ora torniamo al pH. La maggior parte dei materiali impiegati di solito per costruire pareti e pavimenti aggrava l’effetto soffocante dell’isolamento e delle altre barriere ai flussi, creando le condizioni ideali per la proliferazione di muffe e funghi. Visto che i funghi che crescono negli spazi bui e stantii amano gli ambienti acidi, un altro modo di tenerli sotto controllo è rendere il pH del vostro seminterrato più alcalino: se non trovano un ambiente a loro favorevole, rimangono semplicemente dormienti. Pareti e pavimentazione dovrebbero quindi essere fatte di materiali contenenti carbonato di calcio, come conchiglie frantumate; se si usa il cartongesso, lo strato isolante dovrebbe essere a base di alghe marine. Alghe e conchiglie sono materiali abbondanti, economici e molto alcalini; usati come materiale grezzo per realizzare pavimentazioni e strati isolanti, offrono performance del tutto analoghe ai materiali attualmente disponibili. Comprendere meglio i flussi d’aria, quelli della luce e il pH può aiutarci a sfavorire le condizioni in cui crescono i funghi e a ridurre l’esposizione a tossine che mettono sotto stress il nostro sistema immunitario. Dobbiamo iniziare a mettere insieme le diverse informazioni che abbiamo, passando dagli isolanti ai funghi, alla qualità dell’aria, alla salute, al progetto di un edificio più salubre.
Alce Màrd, fondatore della innovativa società svedese Mrd Construction Company, adotta un altro metodo per controllare le muffe. La Pittsburgh Corning lo rifornisce di vetro riciclato inutilizzabile, e lui lo lavora per creare blocchi di schiuma di vetro impiegati come materiali edili strutturali in Belgio e Repubblica Ceca. Gli input sono aria (soprattutto CO2) e vetro riciclato, e l’output è una struttura multi-funzionale in grado di sopportare grandi pesi. Il vetro riciclato arricchito con gas di carbonio è leggero e, pur funzionando da isolante, resiste agli acidi, alle muffe e a tutti i parassiti, che non possono aggredirlo in alcun modo. È proprio così che immaginiamo l’economia del futuro: usare quel che abbiamo a disposizione e ottenere una serie di benefici. I blocchi di schiuma di vetro sostituiscono quattro prodotti diversi e sollevano in parte i produttori di bottiglie dalla responsabilità di riciclare i vuoti. Ancora una volta vediamo come la natura ragioni e funzioni in modo sistemico.
All’attività di Mard possiamo affiancare, per innovatività e obiettivi, quella della Earthstone, una società del Nuovo Messico, negli Stati Uniti. La Earthstone è stata fondata nel 1993 da Andrew Ungerleider e Gay Dillingham in seguito alla distruttiva attività di sbancamento e coltivazione a cielo aperto alla quale avevano assistito nella loro regione. La tecnologia brevettata dalla Earthstone usa le bottiglie di vetro delle bevande prese dal ciclo dei rifiuti e le sfrutta per creare prodotti abrasivi (per esempio sostituti della carta vetrata), per la pulizia (per rimuovere la vernice) e per l’orticoltura (sostituti della fibra di vetro nelle coltivazioni idroponiche). Il loro modello produttivo imita quello naturale, che fa ricadere a cascata sostanze nutritive ed energia, e si è guadagnato una buona quota di mercato grazie a oltre un decennio di successi. Il nuovo stabilimento è situato proprio accanto alla discarica di Albuquerque, fonte di vetro di scarto e anche di parte dell’energia che consumano (generata dal metano emesso dalle biomasse in decomposizione). L’intero progetto è un chiaro esempio di soluzione industriale in grado di ridurre l’impatto negativo della nostra eccessiva produzione di rifiuti grazie alla commercializzazione di prodotti competitivi, creati a partire da risorse già disponibili.
La sfida dei doppi vetri. C’è ancora qualcosa da dire sul vetro. Chi possiede una casa spesso investe nei doppi o persino tripli vetri per risparmiare energia, magari approfittando di incentivi fiscali concessi dallo stato. Sebbene siano cari, i doppi vetri sono considerati un modo sicuro per risparmiare soldi e salvare l’ambiente: sono parte di quella strategia della sostenibilità che richiede una spesa per poi recuperare quel che abbiamo investito nel lungo periodo. Spesso i doppi vetri sono abbinati all’applicazione di una pellicola resistente ai raggi UV che evita che tappeti colorati, decorazioni appese alle pareti e quadri possano sbiadire. Come abbiamo spiegato, però, bloccare la luce ultravioletta significa aprire la porta agli acari, perché viene eliminata quella che è una barriera fisica naturale alla loro crescita. (Continua…)