(Articolo di Cristiano Cadoni – che ringraziamo – tratto da Il Mattino di Padova) – Oggi dentro Bazinga doveva esserci Giorgia che fa la terza ed è a casa in dad. Ma la studentessa non ha visto la mail con il link per la connessione, i prof non possono chiamarla – questione di regole – e Bazinga se ne sta in sala professori con un filo attaccato alla testa, a ricaricarsi, in attesa della prossima missione. Si chiamava Genius, in realtà, il robot per la telepresenza che la scuola media Marsilio ha accolto nell’autunno scorso, dono dell’associazione Gsg, Genitori scuole Guizza. Ma appena il robottino è stato lasciato incustodito, uno studente della 3C più intraprendente di altri è entrato nelle impostazioni e gli ha cambiato il nome in Bazinga, dal tormentone della serie tv Big Bang Theory. Quando ha scoperto lo scherzo, Roberto Mancin – presidente della Gsg e ingegnere informatico esperto di robot (ma di lui diremo dopo) – non si è arrabbiato, tutt’altro: «È stata una cosa divertente, il nome è simpatico ed è stato un segnale: Genius era stato adottato», dice ora.
Quello che succede da quando c’è Bazinga è che uno studente costretto a stare a casa può “entrare” nel robot e avere una presenza fisica in aula, in mensa, alla ricreazione, interagendo con compagni e insegnanti. «I benefici sono facilmente intuibili», spiega Lorenzo Vicario, l’animatore digitale della scuola, padrino di Bazinga. «Lo studente a casa può guardarsi intorno, cosa che con la webcam fissa non si può fare, parlare, ascoltare e anche muoversi». A ricreazione i compagni di classe se lo portano in cortile, al guinzaglio perché non cada sul terreno sconnesso. «Un segno di cura, di attenzione», lo interpreta Mancin. «È un altro aspetto positivo».
Una fortunata serie di coincidenze ha fatto della Marsilio una scuola pilota in Italia nella sperimentazione di questa nuova modalità di didattica a distanza. «È già molto usata in Australia», racconta Mancin. «In Italia c’è l’esempio del Convitto Pagano di Campobasso che consente agli insegnanti di tenere lezione tramite robot. Ma quella è una scuola privata e gli studenti se ne stanno buoni al loro posto a seguire, da noi non funzionerebbe». Il progetto, si diceva, nasce quasi per caso: a settembre scorso il quartiere ha ancora parte del budget comunale da spendere entro il 2021 e interpella i Gsg. Il presidente Mancin è docente di robotica, esperto di neurorobotica e collaboratore per il Piano nazionale digitale. Era stato lui a portare in pediatria Pepper, il robot che interagisce con i piccoli pazienti: un’idea che aveva entusiasmato Beppe Grillo – siamo nel 2017 – e che aveva portato il caso alla ribalta nazionale, anche perché il comico genovese al tempo aveva deciso di venire a vedere di persona come funzionava, annunciando un’improvvisata al Bo che solo all’ultimo era stata bloccata. Tornando alla Guizza: a settembre Mancin viene interpellato su come spendere quel budget, lui – d’accordo con gli altri genitori – butta lì la proposta del robot. Consenso generale e Genius, versione 1.0, viene acquistato di seconda mano a 700 euro. «È un robot vecchiotto», ammette l’ingegnere, «ma fa quel che deve».
Tra gli insegnanti c’è chi storce il naso. Ma a ottobre Genius fa il suo ingresso a scuola e interviene alla riunione del collegio docenti, conquistando tutti. «Ben prima del Covid eravamo avanti dal punto di vista digitale», racconta la preside, Enrica Bojan. «Abbiamo sempre considerato la tecnologia uno strumento utile, avevamo un bel corso di informatica, la stampante 3D. Poi la pandemia ha accelerato le cose, permettendoci di acquistare altro materiale. L’anno scorso a fine anno abbiamo fatto una gara a quiz per tutte le classi in collegamento». E i prof, a quel punto, erano già “tecnologici”. «Le resistenze ci sono state, ma superato il primo impatto con i nuovi strumenti, tutti hanno capito quanti e quali benefici potevano esserci», va avanti la preside. «È stato bello, c’è stata molta solidarietà, una grande collaborazione, tutti sono cresciuti professionalmente. Quando è arrivato il robot, ci ha trovato pronti».
Non tutto, però, funziona ancora come dovrebbe. La partecipazione di Bazinga alle lezioni, con lo studente a bordo, è ancora legata alla disponibilità del prof Vicario che deve farsi carico di contattare gli studenti, linkarli e mettere in funzione il robot. Poi c’è la connessione che va e viene, anche se la preside assicura che sarà potenziata. «La modalità è più adatta agli studenti di seconda e terza», dice Vicario, che ha anche altri problemi tecnici da risolvere: la batteria dell’iPad, cioè la testa di Bazinga, non dura abbastanza; l’audio è un po’ basso e serve una cassa audio di supporto; il robot non piega la testa e se allunga troppo il collo consuma di più. In classe, poi, finisce per distrarre i compagni. «Per questo ci stiamo convincendo che per ora è più adatto ai momenti di relazione, come la mensa e la ricreazione», sostiene l’animatore digitale. L’ideale sarebbe avere il modello 2.0 di Genius, un altro Bazinga ma più performante. «A fine anno vedremo com’è andata e valuteremo», dice il prof seguendo il robot che se ne va verso il giardino con Mancin in testa. Gli studenti lo guardano appena. Se prima era il futuro, adesso è normalità.