Milano, una mattina di inizio autunno come tante. Alle 7.40, orario simbolico, reso celebre dalla canzone di Lucio Battisti (“mi sono informato c’e’ un treno che parte alle 7 e 40/ non hai molto tempo il traffico e’ lento nell’ora di punta…“) una ragazza di 19 anni italiana di origini nepalesi si è buttata sotto il metrò alla fermata di Lanza. La ragazza ha riportato gravi ferite, ma non è in pericolo di vita. La circolazione sulla linea verde è rimasta bloccata per un’ora e venti minuti interessando anche le altre linee. In superficie il traffico è impazzito. A quell’ora viaggiano soprattutto i pendolari che devono andare al lavoro e non hanno tempo da perdere. Molti di loro arrivano dalla provincia. La notizia del tentato suicidio è stata ripresa subito da molti quotidiani on line e i commenti sono quasi tutti terrificanti. Chi se la prendeva con i migranti che se ne devono stare a casa loro e quindi suicidarsi in loco. Chi voleva addebitarle i costi dei disagi causati attraverso Equitalia, come se chi vuole morire debba fare prima due conti per vedere quanto gli costa se rimane in vita (se muore ci pensano i parenti). Chi chiedeva di istituire un “Punto suicidi” a Milano dove ci si potesse ammazzare senza disturbare gli altri, qualcuno suggeriva la Darsena, altri l’Idroscalo o il Poligono di tiro con una pistola offerta dal Comune.
Chi si offriva di “finire il lavoro” visto che la ragazza era sopravvissuta. Parole al vento, certo, ma non un commento che chiedesse perchè questa ragazza volesse morire a soli 19 anni. O in che ospedale fosse stata trasportata per farle una visita o mandarle dei fiori. A Londra e a Parigi ci sono le barriere nelle metropolitane per evitare i tentativi di suicidio, a Milano, città dell’EXPO, ci sono solo in alcune fermate, dovrebbero essere messe su tutte le linee. Pietà l’è morta, e non solo a Milano.
VIDEO 47 secondi di appello di José Mujica