di Patty L’Abbate – La lotta agli sprechi alimentari (Food Waste) è una priorità a livello globale. Negli obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dalle Nazioni Unite, agenda 2030, vi è uno specifico obiettivo riferito allo spreco alimentare, nel quale si richiede di dimezzare, entro il 2030 il FW globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e al consumo, e ridurre le perdite alimentari lungo le filiere di produzione e l’offerta, comprese le perdite post-raccolta.
La Commissione Europea si è impegnata a realizzare questo obiettivo, ponendo priorità all’interno del piano d’azione per l’economia circolare, e per massimizzare il contributo di tutti gli attori del ciclo di vita di un alimento, ha istituito una piattaforma per lo scambio di buone pratiche e azioni concrete per la lotta alle perdite e sprechi alimentari.
Secondo il “Global Food Losses and Food Waste” uno studio condotto dalla FAO, si sprecano a livello mondiale circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo all’anno, e la parte maggiore è a carico dei paesi industrializzati, ossia ad elevato reddito.
Solo in Europa ogni anno in media, un individuo trasforma 180 kg di cibo in rifiuto. In Italia si parla di 149 kg pro-capite all’anno, di sprechi alimentari, e considerando la tipologia di cibo e il loro costo si ha una perdita economica di circa 450 euro all’anno per famiglia.
Per calcolare la quantità di sprechi di cibo è necessario considerare tutte le fasi di vita di un alimento, dalla coltivazione alla raccolta e allo stoccaggio e in seguito dalla fase di trasformazione, alla distribuzione e consumo.
In tutta la filiera vi sono dei punti critici sui quali agire per ridurre le perdite. A seconda del livello di reddito della popolazione, le perdite possono essere maggiori in alcune fasi del ciclo di vita del cibo che in altre. Ad esempio nei paesi in via di sviluppo nella fase di coltivazione e raccolta le perdite sono dovute alla mancanza di tecnologie appropriate o bassa competenza nella gestione del suolo. In seguito per il trasporto e lo stoccaggio si hanno perdite per la mancanza di infrastrutture. Degli studi indicano che una parte di raccolto resta a marcire nei campi e una parte si perde nell’allocazione errata del raccolto, alla presenza di temperature non accettabili o a contatto con insetti e altri animali. Anche il trasporto non è dei migliori e quindi anche in questa fase ci sono ulteriori perdite. Per le popolazioni povere, la fase di consumo invece risulta essere la meno significativa, qui gli sprechi di cibo sono molto bassi.
Nei paesi ad alto reddito, le fasi di trasformazione e distribuzione sono accompagnate da grandi quantità di scarti, dovuti alla non conformità dei prodotti a standard estetici, o alle modalità di distribuzione, ad esempio delle mele dalla forma non gradevole sono scartate anche se di buona qualità, o il pane leggermente bruciato o i prodotti con una scadenza non venduti, se passa troppo tempo dalla preparazione devono essere eliminati, o i prodotti alimentari conservati in luoghi non adatti, ecc.
Nella fase di consumo che può avvenire in casa o in luoghi pubblici di ristorazione si hanno ancora grandi sprechi, dovuti ad abitudini sbagliate, si cucina spesso cibo che poi non mangiamo.
La necessità di possedere chiare informazioni sulle quantità di cibo sprecato, e ottenere un preciso resoconto delle azioni di miglioramento effettuate in questo campo è un aspetto cruciale per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei FW.
La contabilità dei flussi fisici, dovrebbe consentire di identificare i flussi di FW, definire una linea di base per monitorare la riduzione FW nel tempo, e riconoscere i flussi FW che possono assumere in un processo una valorizzazione in un’ottica di economia circolare.
Molti studi di letteratura internazionale si occupano della stima del FW, ma spesso i risultati sono diversi a causa dei differenti approcci di calcolo. Una metodologia armonizzata sarebbe necessaria, e richiede definizioni e terminologia comune (ad es. rifiuti alimentari commestibili / non commestibili ed evitabili / inevitabili), come il sistema dei confini e le unità di misura in modo che i dati esistenti tra paesi, materie prime, possano essere comparabili.
Non possiamo permetterci di sprecare cibo. Abbiamo un popolazione in aumento e dovremmo cercare strategie adatte per poter incrementare la produzione alimentare, ma dopo aver contabilizzato le perdite alimentari come possiamo prevenire e ridurre gli sprechi? Le azioni da intraprendere sono differenti, nei paesi poveri è necessario studiare il territorio e costruire infrastrutture per il trasporto e l’immagazzinamento dei raccolti oltre ad effettuare una maggiore ricerca da applicare ai metodi di coltivazione e raccolta. Nei paesi a reddito elevato è necessario sensibilizzare la popolazione ad uno stile di vita differente, cambiare abitudini.
Azioni comuni sono il sostegno alla lotta ai cambiamenti climatici (i soli sprechi alimentari generano circa l’8% delle emissioni globali di gas serra), utilizzare l’economia circolare per ridare valore d’uso a molte materie organiche che possiamo trovare nel cibo scartato, nel rifiuto; salvare alimenti nutrienti per la ridistribuzione ai bisognosi, contribuendo a sradicare la fame e la malnutrizione (circa 43 milioni di persone nell’UE non possono permettersi un pasto di qualità ogni secondo giorno).
Tutti siamo attori della catena alimentare abbiamo un ruolo fondamentale nella transizione ecologica, nella lotta agli sprechi alimentari e nel rafforzamento della sostenibilità del sistema alimentare.