di J. Lo Zippe – Martin Luther King viene ricordato per aver guidato il movimento per i diritti civili americani e per aver predicato i valori dell’unità e della disobbedienza civile non violenta, ma nessuno sa a ciò che King stava lavorando verso l’ultimo anno della sua vita: un reddito di base universale.
All’inizio del 1968, Martin Luther King progettò una massiccia protesta nella capitale della nazione. Aveva da poco condotto con coraggio importanti manifestazioni. Da Selma fino all’Alabama per gridare il loro diritto al voto. King sentiva che c’era anche altro da dire. Come il voto era un diritto, che nessuno poteva toglierti, qualcosa che appartiene a te dalla nascita, allo stesso modo esisteva il diritto di avere 3 pasti al giorno, ma anche ad avere una casa decente. Erano tutti diritti che all’epoca sembravano inarrivabili, eppure oggi sono la normalità.
King parlava, però, anche del diritto di avere qualche soldo in più in tasca. Questo voleva dire comprare una bistecca se si aveva voglia, voleva dire essere in grado di educare i nostri figli, di poter curare i nostri cari, di poterli portare dal dentista. Voleva dire avere il diritto per le tanti moglie, di scegliere di non doversi alzare la mattina e correre verso le cucine delle signore bianche e iniziare a pulire, lavare, obbedire. Era un altro tempo, erano altri codici culturali, c’erano altri bisogni. Ma alcuni problemi sono rimasti gli stessi. King sentiva che c’era bisogno di una campagna per garantire posti di lavoro e reddito.
Il punto era semplice: c’era troppa povertà in America. Così diede vita alla “Poor People’s Campaign” del 1968. É stata una delle prime campagne a richiedere un reddito garantito per tutte le famiglie povere in America.
Oggi, l’idea di un reddito di base universale è sempre più popolare, e le argomentazioni di King continuano a rappresentare un buon esempio 50 anni dopo.
Nei suoi ultimi anni, King si è concentrato su come risolvere il problema della povertà. Problema che non riguardava solo gli afroamericani, ma piuttosto una sorta di “maledizione” che colpiva tutta la popolazione. King ricordava, infatti, che il morbo della povertà colpiva anche due terzi della popolazione bianca. Nella “Campagna della Gente Povera” del 1968 sosteneva che il governo dovesse creare un programma anti-povertà per fornire ad ogni povera famiglia americana uno stipendio base.
King fu assassinato nell’aprile 1968, mesi prima che migliaia di manifestanti marciassero e costruissero una tendopoli a Washington, come era nei suoi piani.
Oggi, con l’aumentare delle disparità di reddito e dell’ascesa massiccia della tecnologia, che continua a portare via posti di lavoro, l’idea di stabilire un reddito di base universale è tornata popolare.
Da Elon Musk a Richard Branson, da Bill Gates a Mark Zuckerberg, tutti hanno più volte osservato che l’attuale sistema non può funzionare. Per questo è ancora più sorprendente come le ragioni di Martin Luther King a sostegno del reddito di base universale, siano ancora attuali.
Nel 1967, King suggerì che i diritti civili non potessero sopravvivere in una società insostenibile, una società abitata da poveri. Era consapevole che il capitalismo americano non avrebbe mai potuto eliminare la povertà. Come si rendeva conto che la proposta di dare ad ogni povero uno stipendio medio, non sarebbe mai stata presa in considerazione. A quel tempo (ma anche ora) lo status economico era considerato la misura delle capacità e dei talenti dell’individuo.
Oggi, anche se abbiamo fatto molta strada nella comprensione della motivazione umana e nel funzionamento del nostro sistema economico, i poveri sono ancora etichettati come inferiori e incompetenti. Ci troviamo addirittura in un ossimoro: l’economia mondiale cresce, ma anche la disoccupazione cresce. É come se la macchina non rispondesse più ai comandi. Ovviamente al tempo la visione di King di un reddito di base universale probabilmente non includeva un governo che pagasse le persone per non lavorare, ma piuttosto un governo che creasse abbastanza posti di lavoro a beneficio della società.
Il problema ancora esiste. Dobbiamo creare una piena occupazione o dobbiamo creare reddito?
Forse la soluzione alla povertà è la più semplice: abolirla direttamente.