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Mi hanno invitato a un confronto pubblico su Berlusconi. Ho rifiutato, non parlo volentieri del passato, degli ologrammi pubblicitari della politica. In seguito ho riflettuto, ho visto i soliti titoli dei giornali, le solite dichiarazioni dei politici pro e contro Berlusconi senza uno straccio di idea del futuro, di programmi, di analisi dei problemi. In piazza contro Berlusconi, boicottiamo Berlusconi, Berlusconi in galera, Berlusconi via dal Governo, Napolitano (proprio lui) intervenga contro Berlusconi. E poi, via, via, ogni aspetto della società malata, dalla scuola, alla ricerca, all’ambiente, alle pensioni, imputata a un ometto incatramato di settantaquattro anni. Ho continuato a pensare da quanto tempo va avanti questo teatrino dei pupi e chi ci guadagna dal Grande Alibi Berlusconiano in cui viviamo a parte, come è ovvio, Berlusconi. A guadagnarci sono i professionisti dell’antiberlusconismo. Politici senza uno straccio di idea se non l’opposizione a Berlusconi, che si nutrono di colui che combattono, senza Berlusconi non esisterebbero neppure loro. Molti giornalisti, in particolare quelli che pubblicano i loro libri sulle testate mondadoriane di Berlusconi e che ricevono lo stipendio anche grazie ai contributi pubblici erogati generosamente dal Governo Berlusconi. I filosofi dell’acqua bella, in passato estimatori di Craxi, che creano fronti su fronti per combattere il berlusconismo.
I partiti, l’informazione e la proposta politica (sempre quella: la cacciata del diavolo) sono ormai ridotte a Berlusconi. Il suo doppio, il suo clone di segno opposto esiste finché esiste lui. Berlusconi è l’effetto e non la causa della crisi che viviamo, una crisi a tutto tondo: morale, sociale, etica, economica, di appartenenza nazionale. E’ più facile imputare la crisi a un solo responsabile e anche più proficuo in termini di seggi elettorali e di portafoglio personale.
L’industria antiberlusconiana è per sua natura strabica, vede benissimo le porcate di Berlusconi, ma, ad esempio, non si ricorda di De Benedetti e della distruzione dell’Olivetti, una delle sue imprese, e dei consigli regionali dell’opposizione in galera a blocchi compatti. Attacca chicchesia per il conflitto di interessi, ma considera cosa buona e giusta che Scalfari, che della lotta dura e senza paura allo psiconano ha fatto il suo cavallo di battaglia, scriva per una società di Berlusconi e con le sue vendite (qualcosa vende anche lui) contribuisca alla ricchezza del presidente del Consiglio. La vita politica è ridotta a fazioni, a guelfi e ghibellini che la sera vanno al ristorante insieme o si fanno una telefonata di cortesia. Nei dibattiti televisivi le parti sono assegnate in anticipo, berlusconiani di solito a destra e antiberlusconiani a sinistra. Il dibattito ha sempre lo stesso esito: il nulla.
O con me o contro di me, a sinistra o a destra. Nessuno che si assuma la responsabilità di un errore, di una proposta non fatta o dimenticata, di una legge sbagliata. Ho la nausea. Io preferisco guardare avanti. Berlusconi passerà e con lui gli antiberlusconiani a tempo pieno. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.