Rigor Montis è diventato presidente del Consiglio l’undici novembre del 2011, ufficialmente per salvare l’Italia dal fallimento. Da allora il debito pubblico è passato da 1.905 miliardi a 1.948 miliardi (dato di aprile), la disoccupazione giovanile ha raggiunto il record di 34,2%, il PIL calerà nell’anno del 2,4% (ma le previsioni più realistiche sono di meno 3%), la richiesta di mutui per la casa è dimezzata, meno 47%. La “mission” di Rigor Montis era la diminuzione dello spread, per questo ha introdotto l’IMU, alzato le tasse, tagliato la Sanità, la Giustizia, persino gli uffici postali di circa un migliaio, cancellato l’articolo 18. Lo spread non si è accorto di questo grande impegno e oggi è salito a quota 480 insieme al declassamento dei titoli pubblici a Baa2 da A3, a due soli passi dalla valutazione di titoli “junk“, spazzatura. Otto mesi di tasse, disoccupazione, di espropri fiscali dei patrimoni privati per tornare al punto di partenza con un Paese più in ginocchio di prima. In un’azienda privata un successo di questa natura porterebbe al defenestramento dell’amministratore con un calcio nel culo. Rigor Montis è volato nell’Idaho, terra ancestrale dei Piedi Neri, per rassicurare la finanza internazionale.
La crisi non può essere risolta con il dogma della crescita, peraltro resa impossibile dal pauroso carico fiscale che blocca le spese e gli investimenti. Ci stiamo impiccando. Tra un anno, con questa politica recessiva, che ha la sua stella cometa nello spread e nella diminuzione dell’interesse sul debito pubblico, tutti gli indici economici saranno peggiorati, con l’unico risultato di aver impoverito ancora di più questa Nazione. Nella discesa agli inferi, i Caronte, Berlusconi e Bersani, coloro che ci hanno traghettato nell’abisso di un enorme debito pubblico, ci danno lezioni e si propongono al governo nel 2013 come salvatori. Oltre al danno, anche la beffa. I cialtroni tornano sempre sul luogo del disastro. Ci vediamo in Parlamento. Sarà un piacere.
Ps: Il governo Monti ha prestato i soldi alle banche italiane attraverso la BCE per far comprare i nostri titoli pubblici dei quali istituzioni e banche estere volevano disfarsi. L’operazione, ovviamente, è stata pagata dagli italiani con tasse e tagli.