In Cina l’Amministrazione per gli Affari Religiosi ha compilato un elenco di 360 Buddha viventi presenti nel territorio cinese e lo ha messo on line. I Buddha viventi sono visibili attraverso un sito con un comune browser o con l’applicazione mobile WeChat. Ogni ricerca richiede un codice inviato via SMS a un numero mobile e in un giorno sono consentite solo cinque ricerche. Lo scopo è certificare autentici Buddha viventi per non essere tratti inganno da falsi Buddha. La certificazione permette al governo cinese di determinare chi succederà al Dalai Lama. I tibetani però sospettano (giustamente) e non sono d’accordo. Ritengono che le autorità cinesi vogliano fare da arbitro alla morte dell’attuale Buddha vivente che ha ormai 80 anni. L’associazione Buddista della Cina ribatte che il governo cinese aveva avuto un ruolo determinante nella scelta del Buddha vivente già nel 1682 con il sesto Dalai Lama (l’attuale è il 14esimo). Tesi respinta dal governo tibetano in esilio. L’opera di certificazione è iniziata nel 2010 anche se non sono chiari i requisiti per certificarsi e come avverrà la scelta tra una folla di potenziali Buddha (in aumento). Il reincarnato viene per tradizione scelto da un gruppo di Lama, ora sarà forse un gruppo dirigente comunista a decidere. L’attuale Dalai Lama aveva designato nel 1985 un bambino di sei anni come l’undicesima reincarnazione del Panchem Lama, la seconda figura sacra per i tibetani. Da allora non si è più visto in giro. Una fonte ufficiale cinese lo scorso settembre ha dichiarato “che sta vivendo una vita normale, in salute e che non vuole essere disturbato da nessuno“. Intanto in Tibet il semplice possesso di una fotografia del Dalai Lama da parte di un monaco lo rende passibile di arresto. Un database sacro contro gli impostori è un’idea post moderna, che supera l’immaginazione di ogni internauta, degna della nomina di Marco Carrai alla cyber security da parte del Bomba.
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