di Beppe Grillo – E’ curioso come, a difendere un buco mai fatto in val di Susa, troviamo persone che riferiscono di appartenere a tutto lo spettro delle realtà produttive. Dal piccolo artigiano al medio-industriale i nuovi borghesi trovano un vessillo assolutamente futuristico sotto il quale riunirsi.
Non è una bandiera, neppure una coccarda oppure un trattato di qualche parruccone: è una realtà fisica enorme, costosa e inquinante.
L’unica cosa che mantiene in comune con un simbolo è la sua inutilità. Accidenti, con una bandiera puoi bendartici una ferita di battaglia, con la TAV, l’accelleratore di mozzarelle, non ci fai nulla.
Perché, perché, queste persone per bene e pulite si sono lanciate verso l’uso di simboli appartenenti mastodonticamente al mondo reale e costosi come poche cose possono esserlo a sto mondo?
Perché confondono il progresso con lo sviluppo, e credo che non se ne accorgano neppure.
Pasolini chiariva la differenza fra queste due parole al di là di ogni ragionevole dubbio, in un brano del 1975 in “Sviluppo e progresso” pubblicato due anni più tardi da Garzanti. Sviluppo… qualsiasi cosa, solitamente concepita da un’impresa, che la trova come unica beneficiaria del vantaggio economico che comporta.
Esattamente come la TAV, ci guadagnerà soltanto chi la costruirà.
La parola “progresso” implica una “nozione sociale” di miglioramento della qualità della vita. Qualcosa che nulla c’entra con la TAV, per ragioni che siamo stufi di ripetere e che, ripetendole, ci si stufa senza ne progresso e ne sviluppo.
La vera curiosità è rivolta a questa brava gente che mette il PIL insieme al progresso, compie questo gioco di prestigio…. ma perché? La ragione è soltanto una, fare qualcosa di inutile e costoso crea un senso di rassicurazione in molte persone. E’ lo status symbol a costo zero per te che lo acclami, che addossi alla comunità perché il menefrego della neonata classe del PIL è il vero, nuovo, menefrego di oggi.