La scienza circola sempre di più fuori dai laboratori e dagli ambienti accademici e raggiunge spazi digitali, community e conversazioni quotidiane.
Uno studio intitolato “Una valutazione su larga scala dei social media e dei media tradizionali nella comunicazione scientifica” (Yang Yang, Tanya Tian, Brian Uzzi, Benjamin Jones) ha analizzato 20,9 milioni di pubblicazioni scientifiche per confrontare la copertura sui social media rispetto ai media tradizionali.
I risultati principali dello studio mostrano che i social media espandono significativamente la portata della comunicazione scientifica. Il campione delle pubblicazioni includeva ricerche pubblicate in un’arco vasto di istituzioni, riviste e aree disciplinari.
Lo studio quantifica che la scala delle idee scientifiche trattate sui social media supera quella dei media mainstream più di otto volte. I social media offrono cioè un campione di ricerche molto più ampio e vario rispetto ai media tradizionali, che tendono invece a selezionare in modo più ristretto i lavori in base al prestigio dell’istituzione, alla rivista o al campo disciplinare. Un secondo dato rilevante è che, nonostante i timori circa la qualità della copertura sui social media, lo studio rileva che i lavori scientifici trattati online sono spesso innovativi e ad alto impatto nell’ambito accademico. Un terzo risultato segnala che gli scienziati attivi sui social media tendono a mettere in evidenza ricerche con forte rilevanza nel proprio campo, pur operando all’interno di istituzioni diverse e meno visibili.
Questa trasformazione interessa la società perché amplia le voci che entrano nella comunicazione pubblica della scienza. La ricerca raggiunge contesti più vari, non solo quelli tradizionali. La possibilità che istituzioni meno note o campi meno convenzionali ricevano visibilità cresce grazie alla diffusione digitale. Al contempo emergono nuove responsabilità. La velocità del flusso informativo sui social richiede attenzione alla qualità metodologica e alla trasparenza dei risultati. La diffusione di ricerche preliminari o non ufficialmente validate può generare confusione o sovrainterpretazioni. Il sangue freddo del lettore e dell’utente diventa un elemento essenziale. Per chi opera nella società civile, nell’ambito delle politiche pubbliche, nell’innovazione o nella cultura, lo scenario diventa strategico. La scienza entra così nella conversazione pubblica con mezzi più accessibili. Saper cogliere e guidare questo flusso significa contribuire a una comunicazione della scienza che sia inclusiva, informata e partecipata.
Questo passaggio richiede strumenti concreti. I ricercatori e i divulgatori devono saper usare i social media come vetrina e come spazi di dialogo. Le piattaforme digitali devono riconoscere il valore della ricerca emergente e diversificata e dare spazio a contenuti di qualità, anche se provengono da contesti meno “afferenti” ai circuiti mediatici tradizionali. Gli utenti devono sviluppare capacità di analisi critica, cioè saper valutare fonti, contesti e livelli di evidenza.
La comunicazione della scienza vive oggi un momento di cambiamento. I social media ampliano lo spazio pubblico della ricerca e consentono che nuove idee e nuove istituzioni entrino nel dibattito. È una scelta civica partecipare, promuovere e sostenere una scienza che produca risultati ma che arrivi anche alle persone in modo rigoroso e coinvolgente.





