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Perchè non è vero che chi ha un reddito non fa più niente: l’effetto Peltzman e il sogno di un Nuovo Rinascimento

beppegrillo.it - Giugno 11, 2018

di Tiziana Ciprini – In TV sento spesso esponenti politici e illustri opinionisti dichiarare di essere contro il concetto di reddito di cittadinanza, perché sarebbe mero assistenzialismo e indurrebbe all’ozio, mentre loro sono per il lavoro, per il reddito da lavoro, perché la Costituzione dice che siamo una Repubblica fondata sul lavoro. Ma un reddito di cittadinanza non indurrebbe affatto le persone a guardare la TV tutto il giorno sul divano e ad essere ostaggio di Maria De Filippi dalla sera alla mattina: tutt’altro! Il reddito di cittadinanza è un vero e proprio riattivatore, non solo delle risorse economiche, ma anche psicologiche e sociali degli individui.

Siamo ormai nell’era della Quarta Rivoluzione Industriale, in cui la tecnologia evolve a una velocità tale da sostituire repentinamente intere categorie di lavoratori. Ogni app nata dalla creatività di poche persone toglie posti di lavoro e robot e software non fanno sciopero, non fanno pausa, non hanno orari di lavoro, non si ammalano.

A Davos è emerso che entro il 2020 l’automazione sostituirà 5 milioni di posti di lavoro. Secondo la Banca d’Inghilterra, entro dieci anni, ci saranno 15 milioni di posti di lavoro in meno. Uno studio della Oxford University stima che entro 10-20 anni in Europa scompariranno il 50% delle professioni.

Ritenere che i lavoratori sostituiti dalle nuove macchine possano essere reimpiegati nella produzione di altre macchine è come illudersi che i cavalli, sostituiti dalle automobili nella Prima Rivoluzione Industriale, potessero essere reimpiegati nelle industrie automobilistiche. Addirittura la Cina, dove il costo del lavoro orario operaio non supera i 2 dollari, ha deciso di robotizzare per massimizzare i profitti. Ad oggi, infatti, le aziende diventano più ricche grazie alle tecnologie, ma ciò sta comportando solo la crescita salariale dei dirigenti, senza alcuna redistribuzione del reddito.

Nel 2025 il tema fondamentale che si porrà di fronte ai decisori politici sarà pertanto quello della redistribuzione del reddito. Lo stesso Martin Ford, nel libro “La tecnologia e la minaccia di un futuro senza posti di lavoro”, consiglia come contromisura il reddito minimo di base. D’altronde anche quelli di Davos e i businessmen della Silicon Valley parlano di reddito di base. Non perché siano filantropi, ma perché si sono accorti di un piccolo problema: stanno scomparendo i consumatori, non ci sono più gli acquirenti in grado di comperare i loro prodotti, ottenuti in gran quantità e a costi ridotti grazie alla tecnologia. È il solito problema del capitalismo, che sa produrre ricchezza, ma non la sa distribuire.

La Quarta Rivoluzione Industriale offre anche un altro scenario interessante: quello dell’Atene digitale. I cittadini ateniesi conducevano una vita agiata, partecipavano alla democrazia e creavano arte, perché disponevano di schiavi ai quali devolvere il lavoro meno nobile e più gravoso. I robot potrebbero essere i nostri schiavi del futuro, liberandoci finalmente dalla schiavitù di un lavoro non dignitoso o insoddisfacente per vivere e potremmo così dedicarci alle attività creative e alla riscoperta del valore del Tempo libero, andando verso un Nuovo Rinascimento.

Anche Juvertson, businessman della Silicon Valley, prevede che tra 50 anni nessuno farà qualcosa di fisicamente ripetitivo per vivere, e la gente potrebbe continuare a lavorare solo per divertimento o per mero istinto creativo (i cosiddetti “lavori vocazionali”).

Da qui l’esigenza di cominciare a pensare di separare il concetto di reddito dal concetto di posto di lavoro e andare verso il Reddito di Esistenza.

Andremo a creare generazioni di oziosi?

No, per l’effetto Peltzman. E’ sempre Martin Ford a sostenerlo: l’introduzione di un reddito minimo di base, come contro misura alle disuguaglianze, potrebbe avere nella società un “effetto Peltzman”.

Che cosa è? E’ un fenomeno psicologico che prende il nome da Sam Peltzman, professore dell’Università di Chicago che si occupa di sicurezza stradale, secondo il quale troppi dispositivi e norme di sicurezza provocano più incidenti e lesioni, invece che diminuirli, a causa del senso di sicurezza che ci danno. A livello psicologico, infatti, quando ci sentiamo protetti, siamo più propensi a fare scelte rischiose. Ad esempio, i caschi potrebbero portarci a una guida più spericolata perché ci sentiamo sicuri quando li indossiamo. La stessa cosa, secondo Ford, potrebbe avvenire col reddito di base: se ci sentiamo al sicuro rispetto al soddisfacimento dei bisogni più immediati, grazie alla disponibilità di un reddito garantito, potremmo scoprirci più intraprendenti, saremmo portati a sperimentare di più, a rischiare di più, insomma a non essere oziosi.

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