Siamo le”Madri nella Crisi“, circa 100 operatori socio sanitari che per anni hanno lavorato al policlinico Mangiagalli di Milano. Ci siamo formati facendo un corso di Operatore socio sanitario a nostre spese. Poi è stato indetto un concorso pubblico dal Policlinico, per 29 posti. Alla fine ne hanno preso circa 90, ma noi siamo rimasti tutti a casa.
Dopo averci scartato hanno anche preteso che noi formassimo i nuovi assunti che hanno vinto il concorso, cioè chi ci sostituiva. Dimenticando, tra l’altro, che le persone non le formi in una settimana e neanche in 15 giorni, perché ci vogliono anni per acquisire tutte le competenze che avevamo noi.
Ci avevano promesso un contratto a tempo indeterminato attraverso un’agenzia interinale. Abbiamo firmato questo contratto, con la promessa che fuori da qui ci avrebbero dato un altro impiego. E invece sono arrivate solo lettere di licenziamento. C’è da aggiungere che 33 interinali come noi sono rimasti allinterno del Policlinico, ma non si capisce quali siano stati i criteri di selezione. E vorremmo saperlo. A questo punto, dato che siamo tutti a casa, chiediamo almeno di poter ruotare con queste 33 persone.
È dal 30 di giugno che siamo sul tetto dell’Alfieri. Tutti gli Oss che sono rimasti fuori stanno vivendo 24 ore al giorno qui al Policlinico, e non abbiamo nessuna intenzione di scendere finché non ci daranno la garanzia di un ricollocamento in ambito sanitario. Abbiamo maturato anni e anni di esperienza, ed è un peccato buttarla via. Ci sono donne e mamme monoreddito, che non si possono permettere di non portare a casa uno stipendio. Chiediamo un nuovo lavoro, come del resto ci era stato promesso.
Tra le altre cose di questa storia c’è da dire che l’agenzia interinale non sapeva neanche che ci fosse un concorso. E’ stata una sorpresa per tutti. Hanno fatto un concorso per 29 posti, con una preselezione basata su un quiz di cultura generale che molte di noi non lhanno passato. Per cui dopo 15 anni di lavoro, anche nelle sale operatorie a fare assistenza, non siamo idonee… ma lo siamo per formare le persone che hanno vinto il concorso! E’ evidente, allora, che cè qualche cosa che non va.
Non so se è normale che non sia a titolo… perché noi al mattino andavamo a lavorare lì, ci affiancavano queste persone che hanno vinto il concorso, pur sapendo che erano quelli che prendevano il nostro posto, dovevamo formarle… che poi che cosa vuoi formare in una settimana o 15 giorni? Cioè essere formati vuole dire si allinizio.. capire come funziona un reparto, però lesperienza la acquisisci negli anni.. cioè qui ci sono 100 persone nuove che ci vorranno anni, veramente, prima di essere formati.
E a noi, che abbiamo tutte queste competenze, ci hanno sbattuto in mezzo alla strada!
Questi concorsi, nei casi come i nostri, sono da rivedere. Altrimenti vuol dire che ci han tenuto qui per venti anni e non eravamo idonee a fare il nostro lavoro? Noi facevamo assistenza alle donne operate, facevamo assistenza nelle sale operatorie, facevamo assistenza ai parti. E tutto ad un tratto non siamo più idonee?
Noi occupavamo 117 posti da 15 20 anni. E mano a mano che le agenzie, e prima ancora cooperative, cambiavano lappalto, siamo sempre rimaste qui a lavorare. Anche questa volta questa agenzia pensava di fare la stessa cosa. Ma stavolta il Policlinico non ha saputo gestire questa faccenda.
E poi c’è la faccenda delle 33 persone interinali che sono rimaste dentro. Quali sono stati i criteri utilizzati per la scelta? A noi avevano detto che avrebbero guardato gli anni di anzianità di servizio, agli anni anagrafici e che avrebbero dato priorità ai monoreddito. E invece la gente che è rimasta dentro non ha questi requisiti. Sarà mica una questione di tessera sindacale? Qualcuno ci deve spiegare. Chiediamo a chiunque ci possa dare delle risposte: la Regione, il Comune, lOspedale. Altrimenti ruotiamo tutti, facciamo un contratto di solidarietà e lavoriamo tutti.
Ci è stato promesso che ci avrebbero dato 750 Euro al mese. Ma le ragazze che sono già a casa da un paio di mesi hanno ricevuto soltanto lettere di licenziamento.
In queste settimane qualche proposta di lavoro c’è stata: ti chiamano nel tardo pomeriggio per andare a coprire una notte in rianimazione al San Gerardo di Monza, ma chiunque è nella sanità sa che non puoi per la prima volta andare in un reparto di rianimazione senza le dovute conoscenze. E questo risulta un rifiuto, e ti mandano la lettera di licenziamento.
Poi, beffa nella beffa, noi non possiamo neanche chiedere la disoccupazione, per la tipologia di contratto che abbiamo. Ma noi non vogliamo la disoccupazione, né nessun tipo di assistenzialismo, vogliamo un posto di lavoro, come ci era stato promesso. Ci hanno sfruttato per tanti anni in questo ospedale, abbiamo fatto turni impossibili. Avevamo bisogno di quello stipendio e venivamo a lavorare anche con la febbre. Soprattutto negli ultimi anni, avendo dei contratti mensili. A chi si permetteva di ammalarsi non rinnovavano il contratto. E ora ci trattano così?
Siamo precari come tantissimi precari in Italia. Vogliamo la nostra dignità. Un posto serio di lavoro. Che i precari si uniscano a noi, perché essere precari vuol dire non avere nessun diritto, non poter pensare a nessun tipo di futuro.
Noi siamo qua, con questa lotta che continua per avere contatto diretto con i cittadini. Molti vengono e ci sostengono, e stiamo raccogliendo le firme (ne abbiamo già più di 2500). Stiamo facendo anche dei turni fra di noi per essere sempre qui. Non molliamo, la lotta continua e saremo sempre qui fino a che non avremo una risposta concreta.
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