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Passaparola – L’agro biodiversità italiana sta sparendo – Nicoletta Fagiolo

beppegrillo.it - Settembre 3, 2012
L’agro biodiversità italiana a rischio di distruzione – Nicoletta Fagiolo

(11:20)

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“Fin dagli albori dell’agricoltura, 10.000 anni fa, circa 80.000 specie di piante delle 300.000 presenti sulla terra sono state coltivate per l’alimentazione. Oggi, solo 150 specie sono ancora prodotte, 12 delle quali forniscono circa il 75% della nostra alimentazione e 4 di esse più della metà di quello che mangiamo.
La varietà sparisce dai nostri campi ed anche dalle nostre tavole. Dal 1900 l’Europa ha perso il 70% della diversità della sua produzione alimentare, un dato che sale al 93% negli Stati Uniti. 30.000 varietà vegetali sono scomparse nel corso dell’ultimo secolo, una specie continua a morire ogni sei ore. Il dilemma, chiamato “il flagello della uniformità”, suscita un dibattito di vecchia data, iniziata nel 1936 dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Da allora, i ricercatori continuano a sottolineare l’estrema vulnerabilità causata dalla standardizzazione genetica.” Nicoletta Fagiolo

dott. Pietro Perrino, già direttore dell’ Istituto del Germoplasma del CNR di Bari: “La banca del germoplasma di Bari è unica in Italia, la seconda in Europa e tra le prime dieci nel mondo per dimensioni e standard di conservazione, però purtroppo naviga in cattive acque.”

Il Passaparola di Nicoletta Fagiolo:

Nicoletta Fagiolo: “Mi chiamo Nicoletta Fagliolo, sono una film maker e per quanto riguarda questa questione del germoplasma anche io non sapevo che cosa fosse, fino a che non ho iniziato a scrivere un film su Nikolaj Vavilov, che fu uno scienziato russo che creò la prima banca dei semi mondiale, negli anni venti.
Perché la necessità di una banca di semi e del germoplasma? Era un concetto molto difficile anche per me, ma ho realizzato che un po’ come per un pittore che ha bisogno di una paletta di colori per lavorare, anche un agricoltore ha bisogno della varietà genetica all’interno di una specie, o anche tra le specie, per creare e coltivare specie nuove. Vavilov fu proprio il primo a capire l’importanza di questa varietà in quanto questa è più presente dove ognuna delle nostre specie che mangiamo ha le sue origini. Fu lui a scoprire, per esempio, che la patata ha la sua origine in Perù. Perché lì? Perché ci sono 7 mila varietà di patate! O la mela in Kazakistan, il mais in Messico. Preservare queste varietà è molto importante perché già all’epoca, negli anni venti, si era accorto che stavano sparendo, che c’era questo fenomeno dell’erosione genetica. Erosione genetica che poi con la rivoluzione verde degli anni 60, la prima rivoluzione verde, andò sempre più peggiorando.
La rivoluzione verde era l’introduzione di specie ibride, che però erano semplificate a livello genetico e si potevano coltivare a grandi estensione producendo tantissimo. Ma oggi scientificamente si è provato che non è vero che la monocultura riesce a produrre di più, ma anzi è proprio la policoltura, cioè dunque più specie in un campo riesce a essere più produttivo.
Uno dei grandi miti da sfatare è il fatto della produzione. Noi oggi, a livello mondiale, produciamo per 11 miliardi e siamo 6. Dunque ogni volta che sentiamo dire che bisogna produrre di più perché c’è la fame nel mondo, etc., è una grande balla, in realtà bisognerebbe produrre molto di meno. Il vero problema è la ridistribuzione, il fatto che le persone non riescono a consumare. Tanto è vero che lo stesso Amartya Sen, economista premio nobel dell’economia, ha studiato e ha scritto che dal 1937 non c’è più una carestia al mondo che non sia creata dall’uomo: non sono più carestie naturali. L’esempio eclatante degli anni ’80 della fame in Egitto, Etiopia: nello stesso momento in cui si hanno le carestie questi paesi stanno esportando cibo! Dunque non è una questione di produzione, anzi dovremmo forse produrre meno e distribuire meglio!
Esistono quindi due scuole scientifiche per il miglioramento dell’agricoltura: la trans genetica e gli OGM (questa ultima evoluzione della ingegneria genetica), e il metodo più tradizionale.
Dovremmo chiederci perché mangiare già gli OGM quando a livello mondiale sono stati fatti soltanto 17 studi eppure in America si mangia.
Anche in Italia già si stanno mangiando, i nostri animali mangiano gli OGM. Quando intervistai il direttore dell’IGV di Bari gli dissi se noi non vogliamo mangiare gli OGM e lui mi fermò dicendomi: ‘li state già mangiando, è solo che non lo sapete‘.
Mi dispiace che non ci sia un’attenzione, un dibattito su che cosa voglia dire migliorare le nostre piante, quello che mangiamo e in quali modi. C’è l’ingegneria genetica, trans genetica e c’è il metodo tradizionale, ma perdendo il germoplasma e dunque la varietà dei semi che abbiamo,perdiamo anche questa strada scientifica per migliorare quello che mangiamo.
Un esempio in Botswana: quelli che io considero gli intellettuali della terra, i contadini, conoscono 350 piante che si adattano alla siccità. Allora io sfido qualsiasi scienziato in un laboratorio a ricreare queste 350 varietà nel giro di qualche anno, credo che sia quasi impossibile.
Per cui insieme al germosplasma è anche molto importante la conoscenza che questi contadini hanno del germoplasma e dei semi disponibili.
Il VIR, il centro che Vavilov creò a San Pietroburgo, anche oggi, come tutte le banche dei semi nel mondo sono a rischio, perché non c’è più un grande interesse a finanziare queste, ma si va sempre più verso un’altra scelta scientifica, appunto gli OGM.
Un aneddoto, che io trovo molto importante rispetto appunto alla banca di Bari è che Vavilov fu arrestato da Stalin e nel 41 morì in prigione. Quando nel ’43 i nazisti invasero San Pietroburgo, nove dei suoi collaboratori si lasciarono addirittura morire di fame piuttosto che mangiare le collezioni di sementi che avevano di patate, miglio, frutti vari attraverso il mondo (lui viaggiò nei 5 continenti e fece una collezione di 350 mila varietà). Sapendo l’importanza di questo suo lavoro e anche il loro lavoro, piuttosto che mangiare i semi e sopravvivere si sono lasciati morire.
Dunque qui abbiamo nove sovietici che morirono per salvare questo patrimonio mondiale e oggi abbiamo invece lo staff di Bari che è disposto a parlare a telecamera spenta, ma non con la telecamera accesa, perché se parlano perdono il posto di lavoro.
Qui c’è una collezione importantissima di semi, appunto il germoplasma, importantissima. Ho conosciuto a Roma un centro macrobiotico che mi ha detto: ‘è grazie a Bari che noi oggi mangiamo il miglio italiano‘, perché pare che già negli anni ’60 fosse sparito dalle nostre campagne, ma siccome c’erano stati dei campioni ancora conservati dall’Istituto furono ripresi e oggi gli agricoltori biologici hanno ripristinato il miglio italiano! Dunque moltissime di queste collezioni e di questi semi che hanno collezionato negli anni non sono più reperibili nelle nostre campagne.
Che cosa è successo alla Banca del Germoplasma di Bari? Si erano rotti i frigoriferi – poi bisognerebbe chiedersi chi, come, quando – per svariati mesi. Le sementi si devono conservare al freddo, altrimenti tendono a germinare, per cui si perdono. Si dovrebbero mettere subito in terra. Quando fu denunciata la rottura di questo mantenimento a freddo dei semi, la banca fu sequestrata dal 2004 fino al 2009 e furono fatti tanti studi. Un tecnico volle verificare il danno: era altissimo. Si parlava dell’80% dei semi che già stavano morendo, perché essendo già stati esposti al calore. Vennero emesse prescrizioni precise una delle quali era di metterle subito, il più possibile, in terra, subito.
Invece nel 2009 è arrivato un nuovo procuratore, che ha archiviato il tutto e senza motivi. Abbiamo costituito un gruppo di avvocati e stiamo cercando persone che vogliano aiutarci in questo, per riaprire il caso e per riavere questi documenti di archiviazione, per vedere in base a che cosa è stato archiviato. Anche le prescrizioni sono state archiviate per cui non solo il danno, che orami è stato fatto, ma anche le prescrizioni di mettere subito in terra le sementi, altrimenti questo patrimonio si perderà. Noi italiani oggi spendiamo 130 milioni di Euro l’anno per la conservazione del germoplasma e non sappiamo questi soldi come vengano spesi, perché la conservazione del germoplasma non sta avvedendo.
Per cui ecco, se vogliamo veramente rafforzare e mantenere questa banca e patrimonio mondiale che abbiamo – perché poi in Italia il cibo è molto importante: lì ci sono varietà di carciofi, di veramente tutto quello che noi mangiamo – dobbiamo toglierlo da questo Centro che mi sembra che negli ultimi 10 anni, cioè dal 2004, da quando è stato sequestrato, al 2009 e oggi ancora peggio non stia facendo il suo lavoro.
Non bisogna aumentare i finamenziamenti per fare tenere questa banca al Centro, ma bisogna toglierlo (vedi la petizione) e darlo in mano alle persone che credono nel germoplasma. Passate parola.” Nicoletta Fagiolo

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